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5 circostanze in cui è preferibile accettare un risultato “sufficiente” anziché perfetto

pericolo della perfezione

Tutti vogliamo fare del nostro meglio sul lavoro.
Tutti desideriamo essere professionali, precisi,
perfetti.

Ma c’è un’enorme differenza tra dedizione, passione,
ricerca della qualità e ossessione per ogni dettaglio, assillo per ogni particolare.

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Il pericolo della perfezione

Non è mia intenzione criticare o scoraggiare chi lavora ricercando la perfezione al lavoro. Ci sono alcuni casi specifici in cui è accettabile accontentarsi di “buono”. Smettere d’inseguire la perfezione assoluta.

Accontentarsi di “sufficiente” potrebbe sembrare un approccio apatico e approssimativo,
ma ci sono momenti in cui è completamente giustificato. Accettare le cose così-come-sono diventa la scelta più efficiente ed efficace.

Ecco 5 occasioni in cui puoi accontentarti:

1. Quando si rischia di compromettere un rapporto consolidato

Ogni giorno, può capitare di ricevere critiche e in genere non fa mai piacere.

Essere un perfezionista accanito può mettere a rischio le tue relazioni, poiché si tende a essere critici e esigenti nei confronti degli altri. Può portare ulteriore irritabilità e maggiore nervosismo.

Il pericolo della perfezione è che vuoi che anche gli altri siano perfetti. Poni obiettivi fuori dalla tua portata,
quasi impossibili da raggiungere.

Sei critico sia con te stesso sia con gli altri,
pretendi che anche gli altri siano impeccabili quanto te.

 
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Questa puntigliosità potrebbe causarti inevitabilmente rapporti professionali difficili.

Sarebbe un vero peccato compromettere un rapporto personali per un puntiglio trascurabile.
L’insistenza su un dettaglio irrilevante. Ecco il pericolo della perfezione!

Il tuo lavoro potrà essere perfetto, ma le tue relazioni non lo saranno sicuramente.

2. Quando i livelli di stress nell’ambiente di lavoro è già al massimo

Il perfezionista incallito è costantemente preoccupato per gli errori e i dubbi sulle sue azioni.

Teme che un errore porterà gli altri a pensare male di lui/lei;
la prestazione è intrinseca alla visione di sé.

Quando i livelli di stress sono già elevati, insistere sulla perfezione può portare a un aumento della tensione e della pressione psicologica

La tensione sale così alle stelle, si crea un’escalation di problemi e complicazioni.

 


 

3. Quando la tempestività è prioritaria rispetto all’eccellenza

Il Mondo del Lavoro di oggi è complesso. Si muove molto velocemente.
Come puoi pensare di raggiungere la perfezione al lavoro in tempi così stretti?

Come puoi credere di finire un lavoro, un progetto, in poco tempo senza mettere in conto imprecisioni? Approssimazioni o ritocchi?

Se il tuo capo o i clienti (sempre più impazienti) aspettano di vedere un qualche progresso, o hai bisogno di dare un feedback per non arrivare alla riunione completamente a mani vuote,
forse non è il momento di ossessionarsi con i dettagli.

È meglio concentrarsi sull’ottenere un risultato soddisfacente in tempo, piuttosto che cercare l’eccellenza assoluta a scapito della puntualità.

4. Quando sei sotto pressione e necessiti una soluzione immediata

Cerca di calmarti quando sei sotto pressione al lavoro.

Fai un respiro profondo e ricorda che spesso “buono” o “fatto” è meglio che …
“perfetto”.

Invece di farti prendere dal panico e cercare di perfezionare ogni dettaglio,
è meglio concentrarti sul fare il proprio meglio nelle circostanze date.

Regalarti una pausa qua e là, per e avere più tempo per controllare il tuo lavoro.
Quando conta davvero.

So che può essere difficile da accettare, se sei una persona alla costante ricerca della perfezione,
ma non puoi pensare che ogni “pezzo del tuo lavoro” sarà il migliore in assoluto.

 


 

5. Quando tutti pensano sia “buono”

La scadenza si sta avvicinando. Soprattutto la notte “escono fuori” miglioramenti così evidenti che sembra impossibile (il giorno dopo) non calarsi nuovamente su dettagli e rifiniture.

Sei troppo vicino alla scadenza di quel progetto,
e stai perdendo rapidamente di vista il quadro generale.

Siamo i nostri peggiori critici. Non è una novità.

Per questo motivo, in questi frangenti,
è meglio ascoltare il feedback di collaboratori e colleghi.

Se la maggior parte delle persone coinvolte nel progetto ritiene che il lavoro sia soddisfacente, è probabile che sia così! Non c’è bisogno di “ritoccarlo continuamente” in modo ossessivo.

Il pericolo della perfezione al lavoro? Punta al miglior risultato possibile

Quando vogliamo essere perfetti, efficienti e sempre “all’altezza”,
ci mettiamo sulle spalle carichi emotivi molto pesanti …
anneghiamo in ansia da prestazione o nella fantasia che gli altri ci stiano giudicando male.

Con questo presupposto …
vivere e lavorare diventa estenuante!

Non devi puntare alla perfezione al lavoro,
ma al migliore risultato possibile.

Per esempio …

Stai organizzando un evento aziendale importante che si terrà tra pochi giorni.

Hai lavorato per pianificare ogni dettaglio, ma ti rendi conto che alcune delle decorazioni nella sala conferenze potrebbero richiedere ulteriori ritocchi per essere perfette.

In questa situazione, “buono” o “fatto” è meglio che “perfetto”.

Piuttosto che passare ore a cercare di perfezionare le decorazioni, è più importante concentrarsi sul completamento di altre attività cruciali per l’evento: la conferma degli ospiti, la gestione delle attrezzature tecniche ecc.

Mantenere un buon livello di decoro è importante, ma è prioritario assicurarsi che l’evento si svolga senza intoppi. Soddisfi le aspettative complessive degli ospiti e dei partecipanti.

15 motivi perché non piaci ai colleghi: 9 è colpa tua, 6 no – parte 2

non piacere ai colleghi

Foto di NoName_13 da Pixabay

LEGGI ANCHE LA > parte 1.

Hai provato a capirli,
hai tentato di parlarci, discuterci.

Ti sei fatto un esame-di-coscienza (magari hai detto/fatto qualcosa di male?).
Boh!

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Hai provato ad essere ancora più gentile (magari cambiano idea)
Ignorarli (forse capiranno), hai arrischiato anche un profilo-più basso … ma niente!

Proprio non vai a genio!

Se riflettendo o parlando con qualcuno, scopri che non stai facendo niente di male,
è il momento di imparare a gestire le tue emozioni,
per non influenzare il tuo stato d’animo e la tua comunicazione.

Ecco 6 motivi perché non piaci ai tuoi colleghi di lavoro: ma – stavolta – la colpa non è tua!

 

1. Fai da “specchio” agli altri

Non è colpa tua se non piaci a qualche collega,
li ricordi (inconsciamente) i suoi stessi tratti,
quelli che non li piacciono.

Ci sono aspetti della personalità e del carattere che vediamo negli altri che ci infastidiscono e non accettiamo (spesso inconsapevolmente).

Cerchiamo di nasconderlo anche a noi stessi.

Proiettando continuamente sugli altri, notiamo (e mal sopportiamo) nell’altro proprio gli atteggiamenti, il comportamento e le posture che non ci piacciono.

Cosa puoi fa
Veramente poco o niente.

 
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2. I tuoi successi suscitano invidia

Se ottieni un successo nel tuo lavoro, (anche piccolo, poco importa) susciti immediatamente approvazione e riconoscimento ma anche invidia e gelosia da parte di qualche collega (che inizia improvvisamente a mostrare moderazione nelle relazioni).

Il malcontento si intuisce nei sorrisi poco sinceri.

Quando possiedi carisma, creatività, talento (ma anche una “bella famiglia” o tanti follower di Instagram!), che attirano l’attenzione,
anche il semplice fatto di “essere te stesso” è sufficiente per far risentire alcune persone.

L’invidia è un’emozione comune. Universale.

È una sensazione frustrante che proviamo quando qualcuno (a noi vicino) viene congratulato,
ottiene un riconoscimento o una promozione.

Le manifestazioni più comuni di gelosia sono la paura, l’insicurezza riguardo al proprio valore,
l’invidia.

Molte relazioni “ospitano” questi sentimenti negativi sotto la superficie,
come uno scorpione che si nasconde sotto la sabbia,
aspettano con impazienza l’errore del bersaglio, per cogliere ogni opportunità per criticare e condannare.

La persona potrebbe non mostrare in modo evidente la gelosia,
ma non perderà l’occasione di svalutarti e sabotarti.

 


 

3. Aspetto fisico

Potresti non piacere ai colleghi perché sei di bell’aspetto qualche collega potrebbe essere invidioso.
La persona ti vede come una minaccia.

La bellezza sul luogo di lavoro porta dei vantaggi,
ma è anche un’arma a doppio taglio,
costringe a convivere (e lottare) contro pregiudizi e luoghi comuni.

C’è addirittura chi consiglia alle giovani donne piacenti in cerca di lavoro di non allegare la loro foto sul CV.

Le selezionatrici (solitamente donne), considerandole una minaccia, potrebbero scartarle proprio in virtù della loro prestanza fisica.

Le persone di aspetto gradevole – a volte – godono di scarsa considerazione sia tra i colleghi (invidiosi) sia tra i capi, (più attenti a valutarne le doti fisiche che quelle professionali).

 
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4. Non piacere ai colleghi: hai il coraggio di dire la verità

Potresti non piacere ai colleghi perché non hai paura di dire la verità.

Sei trasparente, sincero, leale.
Ti comporti con gli altri come vorresti che gli altri si comportassero con te.

La sincerità paga sul lavoro? Spesso non è la scelta migliore.
Dire quello che si pensa può far nascere qualche malevolenza.

Nascondersi dietro a bugie è più facile … e forse “paga” anche di più!
Perché la verità, in alcuni casi, fa male.

Non tutti sono pronti a ricevere “verità” estremamente negative o drammatiche.

L’ideale sarebbe pensare prima a cosa vogliamo dire,
valutare se la persona sia pronta a recepirlo a livello emotivo.

Inoltre, tieni conto che alcune persone non amano chi sa “pensare in modo indipendente”.
Non è facilmente manipolabile.

 
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5. Sei vittima di pregiudizi

  • “Le donne sono nevrotiche e poco affidabili”
  • “I giovani sono fancaxxisti”
  • “I senior sono lenti e per niente tecnologici”

Non è colpa tua se qualche tuo collega ha dei preconcetti su di te.
Sei vittima di una mente chiusa e pregiudizievole.

Il pregiudizio si può basare su una serie di elementi.

L’elenco è lungo: dal modo in cui ti vesti, parli, al luogo da cui provenite, il genere, l’etnia, l’età, la classe sociale o la taglia corporea.

Preconcetti su sesso, età, cultura, nazionalità, orientamento sessuale, per l’aspetto fisico e per milioni di altre cose…

I pregiudizi sono limitanti.
Impediscono di aprire in modo completo la mente, di godere davvero di libertà di pensiero.

Liberarsi dai pregiudizi non è così semplice perché è un modo facile di “ragionare”.

Li abbiamo interiorizzati, ci siamo “dentro”,
ci alleggeriscono la mente.

6. Sei bersaglio della frustrazione di hater seriali

Non è colpa tua se alcune persone hanno solo bisogno di attenzione,
e il solo modo in cui riescono a farsi ascoltare e notare è creare dissapori.
Pettegolezzi.

Sono persone che provano ad affievolire la frustrazione e l’insoddisfazione della loro vita nel diffondere in ufficio dicerie e malignità. Fare commenti inopportuni sulla vita lavorativa o privata degli altri.

Anche in questo caso non puoi fare molto poco.
A parte non condividere con i colleghi più di quanto sia necessario per le attività lavorative quotidiane.

Non piacere ai colleghi? In conclusione …

Se un collega ti mancasse di rispetto, potresti avere la tentazione di ripagarlo con la stessa moneta.

Prima di reagire a una provocazione, è importante imparare a mantenere la calma e a non lasciarti condizionare dal comportamento dei tuoi colleghi.

La situazione può essere gestita in modo più razionale,
evitando di mostrare uno stato d’animo alterato di fronte al resto del team.

Dimostrando puntualità, integrità, dedizione al lavoro e rispetto per gli altri.

Quest’atteggiamento maturo non potrà che essere positivo per la tua carriera.
Verrà sicuramente riconosciuto dai tuoi colleghi e dai tuoi capi.

15 motivi perché non piaci ai colleghi: 9 è colpa tua, 6 no – parte 1

piacere ai colleghi

Foto di NoName_13 da Pixabay

Avere dei problemi relazionali al lavoro è (quasi) la normalità.

“Non si può piacere a tutti” è più che una bella frase.
È una verità.

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Tuttavia, quando il problema diventa consuetudine e le difficoltà sono costanti,
allora è necessario fermarsi e fare una riflessione su sé stessi.

Non piacere ai colleghi, non sentirsi accettati sul luogo di lavoro è un’esperienza che può influenzare la tua autostima.

Ecco 15 motivi perché non piaci ai colleghi.

Di questi, 9 motivi la colpa è (anche) del tuo approccio, la tua comunicazione,
le aspettative su cosa deve/non deve fare o dire i tuoi colleghi.

Ecco 9 motivi perché non piaci ai tuoi colleghi: e la colpa è tutta tua!

 

1. Sei un menzognero seriale

A nessuno piacciono i bugiardi.
Anche se, sul luogo di lavoro, tutti mentiamo.
Sicuro.

Se dicessimo sempre la verità e quello che realmente ci passa per la testa in ogni momento,
le nostre relazioni professionali sarebbero disastrose e spiacevoli.

Quindi, sul lavoro, mentiamo per evitare imbarazzo e non essere considerati rudi e inopportuni.

Mentire è parte normale ed essenziale delle relazioni professionali.

La maggioranza sono le cosiddette “bugie bianche”,
ovvero ciò che è detto/non detto per non urtare i sentimenti e la sensibilità dei colleghi.

Ma se menti di continuo, su cose serie, se sei un bugiardo seriale,
allora la colpa è tua! Ti troverai ben presto isolato.
Giustamente.

Sul luogo di lavoro, l’autenticità continua comunque a essere considerata un valore importante,
capace di creare una cultura lavorativa più forte e migliorare le relazioni con i colleghi e i clienti.

 
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2. Sei presuntuoso e arrogante .. difficile piacere ai colleghi!

Ti comporti come se sapessi tutto?
Non solo è arrogante, è (davvero) irritante.

Sei convinto che il mondo del lavoro è una giungla, una lotta continua, dove “la miglior difesa sia l’attacco”; così se qualcuno ti fa un’osservazione, parti subito al contrattacco.

Lasci poco spazio, incalzi e tendi a importi in continuazione. Non ammetti quasi mai di avere torto. Usi il sarcasmo e le battute per svalutare gli altri.

Sei critico. Ogni occasione è buona per mettere in difficoltà i colleghi.
Non stai scambiando arroganza e prepotenza per grinta e carattere?

Spesso se siamo aggressivi, prepotenti o arroganti è in genere un tentativo (peraltro vano) di nascondere un profondo complesso d’inferiorità.

La fiducia in sé stessi si può manifestare in molti altri modi.
Essere sicuri e avere fiducia in sé stessi è sentirsi a proprio agio nei propri panni.

La fiducia più profonda è quella che si manifesta in modo tranquillo, calmo e contenuto.

 
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3. Sei sempre ipercritico

  • Hai standard eccezionalmente alti?
  • Vuoi che anche i tuoi colleghi siano al tuo livello?
  • Devi fare sempre una puntualizzazione?
  • Usi il tono sarcastico o un’osservazione provocatoria?

Potresti vedere le critiche come positive,
un modo per stimolare gli altri a ottenere di più, ma non è così.

Non è “simpatico” ricevere costantemente valutazioni negative.
Così facendo logori le tue relazioni professionali.

Susciti reazioni aggressive, tensione. I colleghi cominciano a evitarti.
Rendendo inconcludente ed estenuante ogni discussione.

Dovresti trasformare la polemica (soprattutto quella gratuita).
Convogliare l’energia creativa in forme più costruttive.

4. Ricerchi costantemente attenzioni

  • Hai un disperato bisogno di attenzione?
  • Giochi a fare la vittima?
  • Vuoi essere costantemente al centro dell’attenzione, con comportamenti eccessivi e teatrali?

Se non riesci ad essere al centro della scena, inventi storie, gesticolano in modo eccessivo, usando molto la mimica facciale, tendi a usare toni impressionistici, esageri sul tuo stato di salute,
(comunque sempre con modi provocatori e seduttivi per piacere ai colleghi).

Il tutto con il solo scopo di attirare l’attenzione.

Il tuo comportamento risulta inappropriato perché è attuato con persone (colleghi, capo, datori di lavoro) che magari non nutrono un particolare interesse per le tue vicissitudini.

Nonostante i tuoi sforzi per attirare l’attenzione degli altri, farai comunque molta fatica a raggiungere una profonda e sincera vicinanza emotiva con le persone che ti circondano.

5. Sei per tutti empatia-zero

  • Non condividi alcuni sentimenti con i colleghi?
  • Lo vedi come un segno di debolezza e fragilità?

Non mostrando una certa sensibilità, nascondi il tuo lato più umano.
Non rivelando le gioie e i dolori, non ti “sintonizzi” con i tuoi colleghi.

Così facendo,
non consenti una conversazione più profonda.

Comincia a condividere (non intendo particolari troppo personali) un po’ di più le tue esperienze e prospettive.

Vedrai che anche gli altri seguiranno il tuo esempio …
senza che diventi un festival del singhiozzo o una seduta terapeutica!

6. Non ti assumi mai le responsabilità

  • “Non è colpa mia”
  • “Ero di libero”
  • “Scusa. Quale progetto?”
  • “Boh! Non lo so, chiedete a Manuel …”

Te ne tiri sempre fuori.
Non eri lì, e se c’eri, eri occupato a fare altro…ne hai sempre pronta una!

Possibile che sono sempre gli altri gli incompetenti, quelli che non capiscono niente, quelli che sbagliano?

Riversare la colpa sugli altri è un atteggiamento frequente soprattutto quando ci sentiamo insicuri o abbiamo paura di fallire.

Assumersi le responsabilità è un mezzo potente per creare rispetto e fiducia nei tuoi colleghi, allo stesso tempo, incoraggi gli altri a fare lo stesso.

7. Sei un ambizioso “tritatutto”

Ogni occasione è favorevole, per metterti in buona luce, sminuire gli altri,
utilizzando bugie che feriscono in maniera mirata una determinata persona davanti al capo o ai colleghi.

Molte persone sono predisposte a mettere in cattiva luce gli altri,
per apparire migliori di quello che sono.

Le persone arriviste e calcolatrici manipolano gli altri per i propri interessi. Ignorano le problematiche degli altri. Essere manipolatori è un modo sicuro per farsi dei nemici.

Anziché svalorizzare gli altri, cerca di dimostrare sul campo il tuo valore,
porta pazienza e vedrai che la tua costanza sarà premiata.

 


 

Esiste una GRANDE differenza tra essere arroganti e “vendere” sé stessi.
Dovresti trovare un sano equilibrio tra “essere ambizioso e fare il coxxione“.

Essere egoisti non offre chance di successo. Di piacere ai colleghi.
Ti porterà solo scarse relazioni interpersonali.

Se usi le persone a tuo vantaggio, o le fai sentire insicure,
non dovresti sorprenderti di non piacere agli altri.

Se i tuoi colleghi non si sentono “sicure” con te,
eviteranno (giustamente) la tua compagnia.

 
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8. Parli sempre e solo di te stesso

  • “So bene cosa provi. Anche a me è successo che …”
  • “E io? Cosa dovrei dire? La settimana scorsa stavo … “

Hai iniziato bene, con una buona intenzione (ascoltare il tuo collega che vuole condividere con te la discussione avuta con il capo) ma adesso sei partito per la tua tangente,
stai parlando al posto dell’altro.

Hai preso spunto dalle sue parole per parlare di te e dei tuoi problemi,
delle cose che hai fatto, di quello che ti è successo,
i tuoi viaggi, i tuoi hobby, di quanto sei bravo e brillante.

Sempre e solo di te!

Niente di male, per carità, ma pensi davvero che riuscirai a impressionare, interessare e piacere ai colleghi?

Una cosa è certa, alla lunga diventi sicuramente scontato,
e spingi gli altri a evitarti.

9. Sei un lecchino

Ti rivolgi agli altri con modi umili e complimentosi,
per il tuo tornaconto.

Con i tuoi salamelecchi vuoi ingraziarti i favori di colleghi e capi per ottenere qualcosa in cambio:
un avanzamento di carriera, un permesso speciale ecc.

Non dici mai quello che pensi, perché vuoi solo compiacere e non dire qualcosa di sgradito al tuo interlocutore: “Certo, giustissimo, hai ragione, lo pensavo anch’io ecc.”

Ma davvero credi di poter manipolare gli altri con quattro complimenti e l’occhio languido?. CONTINUA …

LEGGI ANCHE LA > parte 2.

10 errori stupidi che fanno anche i manager intelligenti


Molti professionisti sono convinti che essere leader sia una “conseguenza logica” di una posizione o un titolo.

Tuttavia, la leadership riguarda più il comportamento che le abilità o le conoscenze specifiche.

Ha molte sfaccettature. È un’abilità che deve essere affinata ogni giorno. Il pericolo di commettere errori è sempre presente.

Anche i manager che si ritengono intelligenti-e-smart commettono errori. Alcuni degli errori “poco intelligenti” (tipo dare cattivo esempio “Fai come dico, non come faccio”) derivano da un senso di eccessiva sicurezza e potere.

Ecco 10 errori stupidi fatti da manager e leader considdetti intelligenti:

Proclamare la propria competenza

Non dichiarare la tua preparazione,
lascia che si parli di te attraverso i tuoi gesti, le tue parole o la tua presenza.

Se proprio devi dimostrarla, porta esempi concreti di situazioni realmente accadute che mostrino come ti sei comportato o hai reagito.

Pensare di sapere tutto

La cosa peggiore che puoi fare è smettere di essere curioso.

Rispondere sempre “Lo so!”.

Pensare di avere una comprensione della situazione e fare supposizioni senza un riscontro (oggettivo) della realtà.

Aspettarsi buone prestazioni dai nuovi arrivati e principianti

Un processo di inserimento ben strutturato permette alle persone di ambientarsi rapidamente e diventare produttiva quanto prima.

I collaboratori hanno bisogno di capire la cultura aziendale, come avere successo nel loro nuovo ruolo …

e devono ricevere feedback regolarmente.

Parlare in videoconferenza come in presenza

Nelle riunioni online dovrai trasmettere competenza e autorevolezza solo attraverso l’immagine piatta dello schermo.

Non potrai ricambiare uno sguardo, non avrai una mano da stringere, non potrai far sentire la tua “presenza”.

Adatta la tua prospettiva, le tue abitudini e il tuo atteggiamento.


Non specificare

Non dare per scontato che comunichi in modo chiaro.

Abbassa il volume del tuo chiacchiericcio interno e aumenta il tuo ascolto.

Poni domande chiarificatrici: “Cosa significa? Può essere più preciso? Come sei arrivato a questa conclusione?”.

Voler impressionare a tutti i costi

Non metterti sempre in mostra.

Foto condivise sui social con pseudo-celebrità, diplomi e certificati in bella mostra in ufficio, weekend meravigliosi ecc.

Niente è più patetico di un costante tentativo di impressionare gli altri.

 

Usare la mail per evitare una discussione difficile

È molto più autorevole risolvere un conflitto sul lavoro con un incontro faccia a faccia.

Sei il leader. Dai l’esempio. Non “nasconderti” dietro una email.

Parla dei fatti. Non fare supposizioni sul carattere della persona in base alle sue azioni.

Poni domande, mostra rispetto e raggiungi un accordo reciproco.

Delegare la motivazione del team a un formatore/coach

La motivazione non “sgorga naturalmente”.

Sei tu che per primo deve motivarsi, entusiasmarsi, ispirarsi.

Dopo (solo dopo) la puoi chiedere, anzi pretendere, dai tuoi collaboratori.

La motivazione del tuo team parte da te!

Mettere le persone sotto (troppa) pressione

Le cose ti vengono facile? Bene. Potresti tendere l’asticella troppo in alto, e se gli altri non riescono, presumere che sia dovuto a scarso impegno.

Quindi spingi ancora più forte.

Dovresti semplicemente capire quanto (duramente) queste persone hanno lavorato per realizzare quello che definisci il-minimo.

Lamentarsi del proprio team

Costruisci sui punti di forza dei tuoi collaboratori.

Non continuare a cercare (lamentandoti) qualità che non ci sono. Non sei un talent scout.

L’atteggiamento “vittimista” è un’indicazione di uno scarso livello di proattività e leadership.

Il post più letto nel 2022 sul mio portale ferrarelli-coaching

Ecco il post che ha conteggiato più letture nel 2022 sul mio portale ferrarelli.coaching (ca. 15.000 volte – dati Analytics).

Penso che ci sia poco da aggiungere.
La tematica la dice lunga sulla complessità dei tempi che stiamo vivendo.
Buona lettura.

Cosa dire a qualcuno che sta attraversando un momento difficile


La vita in questo particolare periodo non è facile.
Per nessuno.

Ci sono buone probabilità che anche tu abbia un collega, un amico o un conoscente che sta attraversando un momento ancora più difficoltoso.

Perdita di lavoro, solitudine, problemi economici, rapporti in crisi, malattia o morte di una persona cara.

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Di fronte a qualcuno che sta attraversando un momento difficile,
il primo istinto potrebbe essere quello di sentirsi a disagio e non dire nulla.

Per paura di dire qualcosa di sbagliato.
Infatti, in queste situazioni, consigli, aneddoti e frasi fatte possono fare più male che bene.

Però quando qualcuno sta attraversando un momento difficile,
dire qualcosa è decisamente preferibile che non dire niente.

Dire la cosa errata, con buone intenzioni, è sempre meglio che tacere.

In un momento difficile il proposito è più importante delle parole

Proprio come il nostro istinto rileva la falsità,
possiamo anche notare la gentilezza.

La tua intenzione, la tua empatia e la tua genuinità contano molto di più delle tue parole.
Le tue parole saranno dimenticate, ma la gentilezza e il calore saranno ricordate.
Apprezzate.

Un semplice “Mi dispiace tanto ” può essere il miglior sentimento che puoi offrire.
Esprime empatia e genuino interesse, che spesso è ciò di cui la persona ha più bisogno.
È immensamente importante e spesso di grande conforto.

Quando qualcuno sta attraversando un momento difficile, concentriamoci meno sul dire la cosa giusta. Piuttosto riconosciamo empaticamente la difficoltà della situazione.

Gli amici non sono solo quelli con cui condividiamo momenti divertenti.

 


 

Chiedi il permesso

  • “Preferisci stare da solo in questo momento o vuoi un po’ di compagnia?”
  • “Vuoi parlarne?”

Magari la persona si rende conto che non vuole parlarne, o lo farà in un momento successivo,
per ora preferisce restare da sola oppure concentrarsi sulla difficoltà.

Chiedi cosa preferisce e fai esattamente quello che dice.

Offri il tuo supporto in questo momento difficile

Non sempre saprai cosa dire a qualcuno che sta attraversando un momento difficile.
Non è qualcosa che facciamo spesso.

  • “Se hai bisogno di un riferimento, aiuto o qualcosa d’altro, fammelo sapere. Sarò felice di aiutare!”

Un collega potrebbe attraversare un momento difficile perché (per esempio) è stato licenziato inaspettatamente. Ci sono buone possibilità che tu possa aiutarlo fungendo da riferimento o presentando il CV del tuo collega a persone che conosci di altre aziende.

Offrire aiuti pratici farà sentire molto meglio la persona.
Chiedi e ascolta con attenzione:

  • “Come posso supportarti al meglio in questo momento?”
  • “Vuoi dirmi di più su cosa sta succedendo?”
  • “Mi dispiace davvero sentire che ti senti così in questo momento”
  • “Se vuoi dirmi di più, sono qui per ascoltare”

 
NEWS> Puoi prendere qualche spunto interessante dal mio libro “Autorevolezza”.
 

Sii specifico

  • “Fammi sapere cosa posso fare per aiutarti?”

È l’affermazione più comune quando qualcuno sta attraversando un momento difficile. Il proposito è senza dubbio positivo ma offrire un aiuto specifico può essere ancora più prezioso.

Ecco alcuni semplici esempi:

  • “Sono al supermercato. Cosa posso portarti? “
  • “Stasera dopo il lavoro passo in farmacia per prendere delle pastiglie per mio padre. Hai bisogno di qualcosa? “
  • “Ho del tempo libero questa settimana. Se vuoi, posso venire da te lunedì o venerdì pomeriggio? “

Queste proposte tolgono la persona dall’imbarazzo e dall’onere di dover chiedere un piacere.
Deve semplicemente accettare la tua gentilezza.

È un momento difficile: Non parlare – ascolta

È fondamentale ascoltare in modo attivo.
Significa ascoltare in modo totale, non ascoltare per rispondere.

Non è che condividere i tuoi pensieri non sia utile … solo che è così facile dominare la conversazione senza nemmeno rendersene conto. Evita:

  • “Le cose andranno meglio”
  • “Non dovresti sentirti così male”
  • “Stai reagendo in modo eccessivo”
  • “Non è così male come pensi”

Resisti all’impulso di dire “Capisco” o di condividere la tua versione di un’esperienza che sembra simile.
Non prendere spunto dall’altro per raccontare di te:

  • “So bene cosa provi. Anche a me è successo che …” ….
  • “E io cosa dovrei dire che … “.

Sei partito bene, con una buona intenzione. Purtroppo, adesso sei partito per la tua tangente. Stai parlando al posto dell’altro, hai preso spunto dalle sue parole e delle sue opinioni per parlare di te e dei tuoi problemi.

  • “Sono così esausto in questi giorni”
    “Anche io. Ultimamente non ho dormito affatto bene. Infatti, anche io stanotte …”

Non far deragliare la conversazione parlando della tua esperienza.

 
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Non offrire consigli non richiesti

Non provare a risolvere il problema. Non suggerire soluzioni.
Almeno non ancora.
Ciò di cui quella persona potrebbe avere bisogno è solo sentire la tua presenza e disponibilità.

  • “Vuoi i miei pensieri/consigli su questo?
  • “Vuoi parlarne/sfogarti? Sono qui per te in ogni caso.”

Questa è una buona opzione se la persona non ti sta dicendo di cosa ha bisogno in questo momento, o se tendi a dare consigli.

Prova semplicemente ad ascoltare.
Non cercare di far cambiare idea.

Non interrompere

Non interrompere e non “andare sopra”. Ascolta attentamente. A nessuno piace essere interrotto nel mezzo di un discorso. Inizia a parlare solo quando l’altro ha completato la sua frase.

Evita di trarre subito le tue conclusioni.
Non interrompere con le tue conclusioni o deduzioni. Presume di aver compreso e anticipa continuamente le tue idee e concetti.

Non c’è niente di più frustrante (e irritante) essere interrotti.
Vedere la nostra problematica poco ascoltata o fraintesa.

 
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Non fare troppe domande in un momento difficile

Fare troppe domande chiarificatrici può effettivamente intralciare la condivisione.

  • “…e poi cosa è successo?”
  • “…ma quando ti hanno detto X tu cosa hai fatto esattamente?”
  • “…e tu cosa gli hai risposto?”

Chiarire cosa-è successo potrebbe essere importante nel lungo termine,
ma di solito non hai bisogno di conoscere i fatti specifici per confortare qualcuno.

Questa conversazione riguarda come si sente la persona,
non i dettagli di ciò che è accaduto.

Invia un SMS o un WhatsApp

Spesso pensiamo di essere troppo invadenti.

Se non sei sicuro di come esprimere il tuo sostegno,
ricorda che un messaggio o una chiamata sarà sempre apprezzata.

Non aspettarti una risposta.
Almeno non nel breve periodo.

 
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Nel caso di una persona che hai poca confidenza

  • “So che non posso fare molto. Cosa hai bisogno da me? Cosa posso fare?”
  • “Ti spiego come ci occuperemo del tuo lavoro mentre sei via. Non ti preoccupare”

Non importa quanto bene conosci qualcuno,
potrebbe essere un collega che sta attraversando un momento difficile, alle prese con una malattia o con una sfida personale, che potrebbe essere costretto a “staccare” dal lavoro per un periodo di tempo.

Il tuo collega potrebbe preoccupassi e chiedersi chi si occuperà del suo lavoro.
Puoi coordinandoti con i colleghi e mostrarli come avete suddiviso le sue responsabilità, sino al suo ritorno.
Rassicurarlo che tutto è sotto controllo.

Oltremodo, una persona che conosci sta vivendo l’esperienza di vita molto simile alla tua (potrebbe essere una malattia o un licenziamento inatteso) ha senso contattarla per chiederle se vuole condividere questa esperienza di vita difficile:

  • “So che non ci conosciamo molto bene, ma ho vissuto un’esperienza molto simile e, se mai avessi bisogno, avrei molto da condividere”.

Ogni situazione, come ogni persona, è unica

Alcune persone non sono a loro agio nel chiedere supporto o un aiuto,
quindi fare/dire qualcosa di gentile e premuroso spesso è la cosa migliore.

Potrebbe trattarsi semplicemente di portare la spesa.
Accompagnare i figli a scuola.

Le stesse parole di sostegno possono essere apprezzate un giorno e detestate un altro.
Non esiste una soluzione valida per tutti per cosa dire/non dire.
Può dipendere da molte cose.

In caso di dubbio, l’approccio più gentile ed empatico è semplicemente chiedere cosa è necessario.
Un semplice “Vorresti parlarne o dovremmo discutere di qualcos’altro” può fare molto per mostrare partecipazione e interesse.

11 cose da ricordare quando hai paura di non valere abbastanza – parte 2

paura di non valere abbastanza

Foto di Amine M’Siouri da Pexels

LEGGI ANCHE > la parte 1

6. Non identificarti con ciò che fai

Sovente siamo convinti che se raggiungiamo qualcosa (una posizione di leadership, di responsabilità, un corso specialistico, un nuovo lavoro) allora -e solo allora- avremo più valore.

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Di conseguenza se NON raggiungiamo quel certo obiettivo, ci sentiamo inutili o di poco valore.
Abbiamo paura di non valere abbastanza.

Non identificarti con ciò che fai.

Se stai aspettando di ottenere qualcosa per sentirti abbastanza, per sentirti fiducioso,
potresti continuare a versare acqua in un pozzo senza fondo.
Anche tutta la vita!

Il valore di se stessi ha che fare con l’essere piuttosto che con l’avere.

7. Paura di non valere abbastanza? Concediti il diritto di sentirti inadeguato

Non provare a fingere che tutto va bene.
Basta confrontarti o chiedere supporto a persone non adeguate (la collega invidiosa, il conoscente pettegolo ecc.).

Non fingere serenità, allegria e produttività, non diventare iperattivo per “non sentire” la sofferenza.
Smettila di parlarne con tutti.

Un naturale (e breve) momento di sconforto non è segno di debolezza. Anzi.
Non sentirti in dovere di cacciare l’inadeguatezza il più in fretta possibile.

Dai tempo. Prenditi tempo. Più spingi giù le tue emozioni, più forti diventeranno.

Consenti a te stesso di sentire la delusione, o qualunque altra emozione.
È più sano esprimere le emozioni, piuttosto che fingere di provarne.

È nel profondo di te stesso che devi affrontare e risolvere questo scoramento.
Dentro te devi “sentire” il dolore dell’inadeguatezza.

Non avere fretta. Prendi il tempo che ti serve per sentirti “non abbastanza”. Il tempo per consolarsi e rimarginare un momento di scoramento è quello speso meglio.

 
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8. C’è sempre qualcosa (anche di piccolo) che puoi fare

Quando i tempi sono difficili, ricorda a te stesso che nessuna sofferenza arriva senza uno scopo.

Il dolore fa parte della crescita.

Una visione senza azione è solo un sogno ad occhi aperti,
la visione deve essere combinata con l’azione.

Non è sufficiente guardare i gradini, devi salire le scale.
E tutto quello che devi fare è … un passo alla volta.

A volte il passo più piccolo (nella giusta direzione) è il passo più grande della tua vita.

Anche in punta di piedi. se devi, ma fai quel singolo passo.
Anche se così piccolo.

9. Spesso non raggiungi i traguardi seguendo un percorso uniforme

La strada non è lineare.
Spesso, per arrivare all’obiettivo sarai costretto ad allungare la via.

Ognuno di noi prende traiettorie professionali differenti.
Non c’è un modo giusto e uno sbagliato.

Ognuno arriva con il suo “passo”.
Ci sono forze esterne che spesso interferiscono con la nostra ideale traiettoria lineare.

Sulla tua strada troverai ostacoli inaspettati e improvvisi, alcuni facilmente superabili e altri che ti porteranno lacrime e bruciori di stomaco.

Di volta in volta scoprirai che, ciò che conta non è la natura degli ostacoli, ma piuttosto come ti approcci,
come reagisci e cosa impari.

Gli ostacoli, gli errori, ti aiutano a “correggere il tiro”. Insegnano cosa non funziona.
Cosa fare di diverso la prossima volta.

Se hai sbagliato, se hai fallito, aspetta … non mollare,
prova ancora!

 
LA TUA AUTOREVOLEZZA SUL LAVORO > puoi prendere spunti interessanti dal mio libro sull’autorevolezza come diventare carismatico
 

10. Paura di non valere abbastanza: non ricercare la perfezione, non esiste

Quando hai paura di non valere abbastanza, senti un forte desiderio di essere perfetto.
Sei preoccupato di ciò che gli altri pensano di te, chiedi loro un riconoscimento, un’approvazione, una conferma delle tue abilità.

Se sei perfetto sicuramente nessuno potrà criticarti, vero?

Invece di essere catturato nel ciclo (senza fine) della perfezione ricorda che alcuni dei personaggi di maggior successo (proprio gli stessi di cui ammiri carisma e leadership) erano -e sono- ben lungi dall’essere perfetti.

Hanno trasformato i loro limiti, col tempo e fatica, in trionfi.
Tempo e fatica.

11. Pensa a tutti gli obiettivi che sei riuscito a raggiungere

Non mettere in discussione tutto quello che hai fatto per un imprevisto.
Una singola scivolata.

Non dimenticarti di quanti sacrifici hai affrontato,
quanta strada hai fatto e cosa hai conquistato.

Anziché focalizzarti su quanto ancora non hai raggiunto, su cosa vorresti cambiare,
pensa a tutto ciò che hai fatto di buono.

Pensa alle tue conquiste,
ai successi ottenuti con il tuo impegno.

Se stai vivendo una situazione che non ti piace, chiediti come puoi cambiarla,
sfida te stesso per esplorare e trovare le risposte.

 


 

Le tue credenze creano la tua realtà

Tu diventi ciò che credi di essere.

Se credi di non essere capace, stai sicuro che la vita te lo confermerà.

Se credi di essere troppo timido per parlare davanti a un pubblico, quando ti si presenterà l’occasione sarai talmente convinto di non poterlo fare che, indovina un po’?
Non ce la farai, balbetterai, diventerai rosso e via dicendo.

Starai confermando le tue credenze.
Come fare per cambiare tutto questo?

Cambia dall’interno, modifica le tue credenze e la tua vita sarà uno specchio di ciò che credi di essere.

11 cose da ricordare quando hai paura di non valere abbastanza – parte 1

paura di non valere

Foto di Amine M’Siouri da Pexels

Che tu sia un manager, un imprenditore con la sua azienda a conduzione familiare, uno store manager del centro, la responsabile di un settore, il team leader di un manipolo di collaboratori, poco importa …

come ho scritto all’introduzione del mio libro “Autorevolezza per molti di noi, comunicare con forza e autorevolezza è una sfida molto difficoltosa … che a volte perdiamo. Inesorabilmente.

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E allora non ci sentiamo “abbastanza”. Abbiamo paura di non valere.

E alcuni giorni ci sentiamo piccoli, “non abbastanza” per niente e nessuno.
Alcuni giorni sono semplicemente peggio di altri.
Sai di cosa sto parlando.

Chiunque ha attraverso momenti in cui si sente inadeguato.
Ecco 11 cose che devi ricordare quando non ti senti abbastanza:

1. Paura di non valere? Dal confronto con gli altri ne esci sempre perdente

Confrontarsi con gli altri può essere stimolante,
spingerti al miglioramento ma può essere anche molto frustrante e deprimente.

Dal continuo paragone hai poco da guadagnare e molto da perdere. I confronti sono sempre eccessivi perché non c’è mai fine ai paragoni che puoi fare.

Siamo profondamente focalizzati sui nostri limiti e fallimenti,
raramente vediamo quelli degli altri.

Infatti, ci confrontiamo solo quando gli altri sono all’apice del successo.

Prova a guardare gli altri con compassione e comprensione piuttosto che con gelosia e giudizio,
è un modo di vedere la realtà: siamo tutte persone, esseri umani fallibili.

 
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2. La tua mente sa essere molto convincente .. in negativo

Non credere a tutto ciò che dice la tua mente!

Con semplici frasi o pensieri negativi, ci “rema contro”,
alterando la realtà.

Ripeterti costantemente che sei un fallito, non ti farà ottenere più successo.
Dirti che non stai sfruttando tutto il tuo potenziale, non ti aiuterà a raggiungere il massimo.

Ribadire che vali poco o sei una persona poco capace,
non ti farà sentire più amabile o di valore.

Lascia scorrere questi pensieri negativi.
Un po’ alla volta, il loro peso svanirà.

Invece di focalizzarti su ciò che sei/o non sei, prova a spostare il focus sulle tue caratteristiche positive.

Impara a dirti cose positive, cerca la carica che è in te e sfruttala come energia vitale.
Anche le persone intorno a te noteranno questa nuova energia!

Una volta “sostituiti” i pensieri cambieranno anche i tuoi comportamenti,
che diventeranno più proattivi.

 
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3. Gli errori possono davvero aiutarti a migliorare

Soffermarti e indugiare troppo sugli errori e fallimenti può bloccarti nel passato,
influenzare il tuo presente e rovinare il tuo futuro.

Alcune persone riescono a passare oltre più facilmente,
mentre altri restano intrappolate nei sensi di colpa.

Una cosa è cercare le responsabilità, imparare dagli errori, un’altra è commiserarsi e passare anni punendoti per gli errori commessi.

Gli errori sono lezioni.

Non puoi evitare di sbagliare, ma puoi cambiare il rapporto che hai con l’errore.
Quando hai una battuta d’arresto è facile cominciare a pensare che continuerai a fallire in quest’area della vita. È facile vedere te stesso come un fallimento.

Solo perché hai fallito una volta non significa che lo farai sempre.
Non durerà per il resto della tua vita se continuerai ad andare avanti, agire ed imparare.

I giudizi che rivolgi a te stesso provengono (probabilmente) da ciò che hai imparato o ti è stato detto crescendo.

Se proverai a sostituire il giudizio con la comprensione sperimenterai un livello di libertà mai provato prima.

4. La tua resistenza a “ciò che è” che causa il tuo dolore

Non puoi controllare tutto ciò che ti accade.
Puoi solo controllare il modo in cui reagisci a ciò che ti accade.

Smettila di pensare a “ciò che dovrebbe essere” perché non sarà nulla di diverso.
Altrimenti lo sarebbe stato.

È importante consapevolizzare che non è importante ciò che accadrà nel futuro, ma quello che sta accadendo ora, qui, in questo preciso istante,
in questo preciso luogo.

Senti la sofferenza solo quando resisti alla realtà.
A come stanno le cose.

Lasciarsi andare significa arrendersi al momento presente.
Non è una resa passiva, non è sottomissione,
tantomeno pigrizia o sconfitta.

 


 

5. Hai paura di non valere? Accettati per quello che sei

Accettarsi non significa piacersi o sentirsi perfetti.

Accettarsi significa arrendersi alla realtà e cominciare a sentirti sempre più a tuo agio con te stesso.
Vuol dire essere meno critico e severo, perdonarsi gli errori e accettare i propri limiti.

Accettare il fatto di non essere così coraggioso, carismatico, efficace, forte … è una conquista che richiede un grande sforzo e un lungo lavoro su sé stessi.
Questa conquista spingerà per il cambiamento.

Infatti accettarsi è cambiamento.
Non essere troppo critico con te stesso.
Stai facendo il meglio che puoi!

Quando hai paura di non valere, senti che stai per mollare o non ce la fai più … fai ancora un piccolo sforzo per rimanere positivo, paziente e stabile. Le persone più forti non sono quelle che vincono sempre, ma quelle che non si arrendono mai.

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2

Bassa autostima al lavoro? Spesso, sei tu, il tuo critico più severo – parte 2

bassa autostima sul lavoro

Foto di cj_wells88

LEGGI ANCHE LA > parte 1

6. Ti lasci travolgere da fatalismo e rassegnazione

  • “Lo sapevo, tanto le cose non cambieranno MAI”
  • “Non riesco, e non ci riuscirò mai”

Gli eventi negativi costituiscono solo una parte della nostra vita.

Concentrarsi troppo sul negativo può portare a iper-controllo,
risentimento verso gli altri e un atteggiamento amaro nei confronti della propria vita.

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La prossima volta che ti accorgi di essere ossessionato da pensieri negativi, ricorda di mantenere la prospettiva. Hai bisogno di una rappresentazione più sana ed equilibrata per progredire.

Non sentirti in colpa per tutto ciò che ti accade. Molti fattori sono fuori dal tuo controllo.
La tua responsabilità è limitata.

Inoltre, tutti commettiamo errori.
A volte possiamo rimediarvi, altre no.

Ma se sei eccessivamente rassegnato e fatalista resterai bloccato.

La tua vocina interiore alimenterà i pensieri negativi che generano il senso di colpa.
Impedendoti di andare avanti.

Invitandoti a rinunciare. Mollare.

 
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7. Bassa autostima sul lavoro? Non confrontarti sempre con tutto-e-tutti

  • “Sono tutti migliori di me”
  • “Gli altri hanno qualcosa in più”

Ecco uno dei modi perfetti per non muoverti, costruirti un alibi, una scusa, un pretesto, per non agire.

Confrontarsi con gli altri può essere frustrante, ognuno è meglio o peggio su un numero illimitato di scale di valori.

Tutti (ma proprio tutti-tutti) hanno assaporato il retrogusto amaro della sconfitta e della sfortuna nella loro vita professionale.

Se riduci al minimo le tue qualità, e guardi solo le caratteristiche vincenti degli altri,
ogni volta che ti confronti, finisci con l’amaro in bocca.

Dal confronto si esce quasi sempre (e inevitabilmente) sconfitti,
non perché gli altri siano migliori o tu sia una persona con poca qualità,
ma perché ti confronti con un’immagine ideale, ma spesso anche irraggiungibile.

Confrontare il peggio-di-te con il meglio-degli-altri non può che essere frustrante e limitante. Porta bassa autostima sul lavoro.

Alcune persone hanno più talento di te, altre un po’ meno.
Alcuni più esperienza, altri un po’ meno.
Semplicemente.

 
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8. Ti fai cullare dalla procrastinazione

  • “In questo periodo sono stressato”.
  • “Non sono ancora pronto”
  • “Dal 1° gennaio comincio.”
  • “Lo farò quando finisce la pandemia”

Abbiamo paure che ci impediscono di passare subito all’azione.
Camuffiamo i nostri timori parlando senza sosta di ciò che faremo.
Prima o poi. Un giorno.

Non lasciarti immobilizzare dalla bassa autostima sul lavoro, da scuse per non agire, dalla sindrome di “domani”: il tempo giusto per l’azione è oggi!

Rimandare serve solo a continuare a vivere la vita a metà, senza approfittare di ogni giorno che hai a disposizione.

Iniziare “da domani”, “da lunedì”, “dal mese prossimo” non ti farà cominciare mai!

Devi fare il primo passo adesso perché non esiste il giorno o l’ora giusta per iniziare a fare qualcosa.
Fallo in questo momento. Subito.

9. Lasci spazio a pensieri di inadeguatezza

  • “Non sono portato”
  • “Sono negato nei rapporti professionali”

È un vero e proprio auto-sabotaggio delle tue possibilità e della tua autostima!

La tua mente è condizionata da pensieri limitanti sulle tue possibilità che ti portano ad agire con poca sicurezza e decisione, ottenendo così risultati non all’altezza.

Non c’è nulla di male nel sentirsi sopraffatti o stressati. Se ritieni “di non essere abbastanza” allora non sarai mai abbastanza. Ecco la bassa autostima sul lavoro!

Non lasciare mai che questi pensieri ti impediscano di fare quello che vuoi.
Guarda quanto sei riuscito a realizzare e quanto ancora stai facendo. Continua a darti da fare invece di evitare ed isolarti.

Guardati intorno, ci sono persone di tutte le età, con situazioni finanziarie pessime che sono riuscite a fare grandi cose. Non è mai troppo tardi.

Evita un dialogo interno negativo. La mente ignora la negazione.
Se prima di una presentazione pensi “Non devo sbagliare”, la tua mente si focalizzerà immediatamente sullo sbagliare.

 
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10. Bassa autostima sul lavoro? Hai sempre pronte scuse per non agire

  • “Tanto arrivano sempre i soliti raccomandati”
  • “Non ho tempo”

Raccomandazioni e spintarelle ci sono sempre state. E ci saranno sempre.
Non dobbiamo rassegnarci a questo.

Ma dobbiamo piuttosto accettarlo ed evitare di prenderla come una scusa per non muoverci.
Per non agire.

Anche la scusa di non avere tempo regge poco. Infatti, se dai priorità alle cose veramente importanti,
scopri di avere tantissimo tempo (anche perché le cose realmente importanti sono poche!).

Tante volte il non-avere-tempo è una giustificazione per non fare o affrontare qualcosa,
o lanciarsi in una nuova impresa.

 


 

In conclusione …

Queste credenze limitanti andranno ad assorbire energia al tuo potenziale, rendendoti meno performante nel perseguimento dei tuoi obiettivi.

Se ti lasci succhiare in una spirale depotenziante di pensieri distorti e poco realistici, non c’è dubbio che metterai a dura prova la tua autostima.

Se poni attenzione al tuo dialogo interno potrai ottenere maggiore fiducia in te stesso e nelle tue capacità.

Non esistono emozioni giuste o sbagliate.
Le percezioni negative possono comunque comunicarti qualcosa di importante. Puoi imparare a gestirle e fare molto per migliorare la situazione.

È fondamentale, come avrai capito, creare un’alternanza di pensieri realistici e convinzioni positive che rappresentino un’alternativa valida ai pensieri negativi e alla bassa autostima sul lavoro.

Se sei interessato a potenziare la tua autostima sul lavoro, scopri il mio percorso di coaching.

Bassa autostima al lavoro? Spesso, sei tu, il tuo critico più severo – parte 1

bassa autostima al lavoro

Foto di cj_wells88

Come si alza lo stress, inizia il tuo dialogo interiore?
Vaghi per l’ufficio borbottando tra te e te?
Lo sai che quello che ti dici ha un grande impatto sul tuo modo di lavorare?

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Il tuo dialogo interno è importante.
Potente.

Il tuo dialogo interiore potrebbe effettivamente farti più male che bene. Sai perché?
Non analizza oggettivamente.
Alimenta piuttosto una conversazione interna troppo negativo che crea ostacoli e impedimenti.

Bassa autostima al lavoro? Sei tu, il tuo critico più intransigente

Spesso, se ci fai caso, utilizza parole che non sono nemmeno tue, ma critiche e giudizi che qualcuno ti ha fatto in passato (genitori, insegnanti, partner o altre figure significative della tua vita).

Fare autocritica è importante.
Aumenta la consapevolezza.

Tuttavia, criticarti e denigrarti per qualsiasi cosa è autodistruttivo, dannoso per te e per gli altri.
L’autocritica eccessiva non produce un miglioramento ma ti fa solo sentire male.

Siamo circondati da infinità di informazioni, il nostro cervello ricorre a delle scorciatoie oppure crea escamotage, che a volte causano un pensiero distorto.

È fondamentale sostituire queste “distorsioni” della realtà con pensieri più realistici riguardo te stesso e il mondo che ti gira intorno.

Ecco 10 modi in cui la vocina interiore (il tuo dialogo interno) ti sta togliendo potere personale:

1. Ti dai standard troppo alti

  • “Ho fallito”
  • “Non ho raggiunto gli obiettivi che mi sono prefissato”

Facci caso … la tua vocina interiore è quasi sempre autocritica.
Ricerca il perfezionismo. Alza al massimo gli standard.

Non è soddisfatta finché non raggiungi determinate prestazioni che ti sei imposto.

Il problema è che questi modelli sono difficili da raggiungere perché sono così elevati.
Praticamente impossibili.
Hai messo l’asticella molto alta.

Ti condanni all’insoddisfazione permanente (e alla bassa autostima al lavoro) perché persegui degli obiettivi irraggiungibili.

 
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2. Non ti permetti vie di mezzo: tutto o niente

  • “Ho fatto un errore. Non farò mai niente di buono.”
  • “Ho fallito … la mia carriera è finita.”

Perfetto o cialtrone, talento o sfigato,
CEO oppure operaio, osannato o fischiato …
non ci sono vie di mezzo.

Stabilire ideali assoluti ti fa ignorare i successi parziali che hai ottenuto.
Demotivandoti.
Favorendo una bassa autostima al lavoro.

Credi che le cose debbano essere fatte in un determinato modo, e se non ottieni i risultati sperati,
decidi che è stato un fallimento totale.

Dovresti sviluppare un pensiero più flessibile che ti aiuterà a essere meno critico con te stesso.

Avrai anche commesso errori (come tutti), ma non tutto quello che fai è sbagliato.
Non sei perfetto ma sei perfettibile. Puoi migliorare giorno dopo giorno facendo del tuo meglio, considerata la tua storia personale e le tue possibilità.

Riconoscendo l’errore (hai il diritto di commettere errori, e di imparare da questi) migliorerai la tua prospettiva, ti riprenderai rapidamente e sarai più produttivo ed efficace.

 
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3. Generalizzi non dandoti la possibilità di “recuperare”

  • “Sono un fallimento totale
  • “Non sono capace di fare niente
  • “Non ho mai ricevuto alcuna ricompensa per il mio duro lavoro”

Limita l’uso degli avverbi “sempre” e “mai”.
Attraverso questi avverbi tendi a generalizzare.

Se qualcosa è andata male sarai portati a pensare che tutte le situazioni analoghe avranno sempre un esito negativo.

Quando sbagli ti senti frustrato e inadeguato.
Ogni etichetta che ti dai diventa il tuo limite. Una barriera difficile da superare.
Un ostacolo insormontabile.

Assumiti la responsabilità e correggi le tue azioni, piuttosto che usare parole generiche (come sempre e mai) che non lasciano spazio al “recupero”.

 


 

Se ci pensi, sono pochissime le volte in cui parole come “sempre e “mai” sono consoni alla situazione. Infatti, sono sicuro che tu non abbia sempre (per esempio) sbagliato approccio nella riunione.

La critica costruttiva (che ti aiuta davvero) è quella specifica:

  • “Nella riunione di stamattina ho parlato troppo. Ho lasciato poco spazio al team, soffocando la creatività del ricercare la soluzione”.

Non sminuire te stesso.
“Non ci riuscirò mai”, “Non sono in grado”, “Se solo fossi…” sono le classiche frasi che proiettano nel futuro l’idea di un insuccesso minando profondamente la fiducia in sé.

4. Ti focalizzi su un singolo aspetto negativo

Il focus è solo sul singolo dettaglio spiacevole, perdendo così di vista la visione d’insieme.

Ad esempio, mentre stai presentando una tua idea/proposta sei catalizzato dalla sola persona che sembra (sottolineo sembra) distratta. Pensi “Sono una persona soporifera”, senza notare invece tutti gli altri partecipanti che stanno ascoltando con interesse.

Ricorda … non sei responsabile di come agiscono gli altri.

 
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5. Sei specialista nel sminuire/ ingigantire/minimizzare

Non svalutare i complimenti che ricevi. Non dimenticare feedback ed esperienze positive.

Evita di concentrarti solo sulle esperienze spiacevoli che confermano le tue convinzioni negative.

Questo ti impedisce di sostituire le convinzioni negative con sicurezze positive. Non esagerare l’importanza di alcuni eventi negativi e non sminuire i tuoi pregi e qualità.

Mantieni ottimismo e padronanza di te stesso.

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2

Discussione sul lavoro: affrontare con successo una persona sulla difensiva

persona sulla difensiva

Foto di RODNAE Productions da Pexels

Hai già visto “all’opera” una persona sulla difensiva?
non appena inizi a parlare, incrocia le braccia.

Alza le “barriere” per proteggersi. Comincia a giocherellare con la penna.
Distoglie lo sguardo. Volta la testa. Difende a oltranza il suo operato.

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Il linguaggio del corpo è la prima cosa che rivela se la persona si sta mettendo sulla difensiva o meno. Quando parlerà, creerà fisicamente una sorta di barriera tra te e lei.

Mettendosi sulla difensiva, evita di accettare responsabilità. Se c’è una colpevolezza, puoi stare certo che… non è la sua!

La difesa è sicuramente un segnale di incapacità di accettare l’incombenza delle situazioni.

Sul lavoro difendersi -per molti- è diventata una forma d’arte

In realtà è una reazione istintiva per proteggersi dal senso di colpa e dall’insicurezza.

Le persone che sono sempre sulla difensiva hanno difficoltà ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni e spesso si sentono sbagliate e incompetenti.

Come ho scritto nel mio libro “Autorevolezza” accettare la responsabilità -per alcune persone- è come accettare il fallimento.

 


 

La persona ritiene che il feedback sia ingiusto o che sia un attacco personale piuttosto che un giudizio sulle proprie capacità o comportamenti.
Difendendosi crede di evitare un dialogo costruttivo.

Accusa te, il contesto, il collega, l’azienda per mancanza di organizzazione e di comunicazione.
Se lo avessero aiutato non sarebbe mai successo.

Invece di scusarsi sinceramente e iniziare il processo di “riparazione” elenca una litania di giustificazioni.
Minimizza la situazione in un modo da far sembrare il problema più piccolo di quanto non sia in realtà.

È importante ribadire che il comportamento difensivo può derivare da problemi più profondi, che hanno più a che fare con la persona che con il tuo approccio.

Detto ciò, non puoi controllare le reazioni degli altri, puoi unicamente provare a comunicare nel modo più costruttivo e bidirezionale possibile.

 
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Persona sulla difensiva: resisti alla tentazione di dimostrare la tua ragione

Quando una persona si mette sulla difensiva, può essere molto difficile mantenere una sana comunicazione.
In effetti, questo tipo di risposta può spesso peggiorare il problema.

Riconosci che la reazione negativa dell’interlocutore ha poco o nulla a che fare con te, ma è piuttosto il prodotto di emozioni represse e accumulate nel tempo. Più ti difendi più aumenta la possibilità che qualcuno possa attaccarti verbalmente o fisicamente.

Questo perché la contro-difesa è una risposta inefficace.
Più cerchi di difenderti, più dai forza alle opinioni altrui.

Dimostra prima a te stesso e poi all’altra persona che le sue opinioni non ti influenzeranno, solo perché non vengono gradite.

Quando accetti di “non difenderti”, apri al dialogo, accetti le critiche, dimostri che ascolti e non hai paura di un confronto.

 
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Trova un accordo dove puoi

Porta pazienza.

Mantieni la calma. È la cosa più difficile ma senza dubbio è la più utili che puoi fare.
Non importa quanto possa essere fastidioso o irriverente il punto di vista del tuo interlocutore, fai uno sforzo per trovare un minimo di accordo.

Esprimi un consenso parziale, anche se, al momento, non lo pensi, anche se ne dubiti e pensi non sia possibile:

  • “Posso capire che la vedi in modo diverso.”
  • “A volte, questo potrebbe essere vero.”
  • “Potresti avere ragione.”

Se la persona non è d’accordo con il tuo feedback, cerca di comprendere il motivo del suo disaccordo. Riconosci la sua reazione ma non giudicarla.

Chiediti con onestà:

  • Ho interpretato male i fatti?
  • Ho frainteso le sue intenzioni o motivazioni?
  • Il feedback è impreciso o ingiusto?
  • Il disaccordo è solo una risposta emotiva?

Persona sulla difensiva? Mantieni una mentalità aperta

Poni domande che dimostrino che desideri veramente comprendere le sue opinioni. Chiedi, sinceramente, come si sente. Fai domande finché non capisci.

Come ho scritto nel capitolo 5 del mio libro usa affermazioni “aperte” per attenuare la sua reazione difensiva.

  • “Alessandro, riconosco che questo può essere difficile da ascoltare e voglio assicurarmi di capirti chiaramente. Potresti dirmi esattamente su cosa non sei d’accordo?”
  • “Quali diversi punti di vista pensi che dovremo valutare?”
  • “Vedo questo come una tua responsabilità… parliamo del perché non la vedi allo stesso modo.”

Una volta che hai riconosciuto il suo punto di vista, la persona potrebbe sentirsi meno sulla difensiva,
essere più aperta e vedere le cose in modo diverso.

Se invece sei bloccato, passa al punto successivo.
Finché rimani nel dialogo, puoi andare avanti.

Rispetto sul lavoro: spesso il problema è la tua comunicazione – parte 2

rispetto nel lavoro

Foto di Courtney Stephens da Pexels

LEGGI ANCHE LA > parte 1

Rispetto nel lavoro: non essere vago, prolisse, poco concreto, tecnichese

Come ho scritto nel mio libro “Autorevolezza evita tutte quelle forme in cui ti compiaci delle tue stesse parole, termini “difficili”, stranieri o tecnici gergali o in “tecnichese”, astratti e frasi fatte.

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Elimina il gergo (astrazioni fantasiose, termini e acronimi del settore).

Non utilizzare un acronimo a meno che tu non sia sicuro che le persone lo possano identificare. E se lo utilizzi, spiegalo: portare gli altri a conoscenza di concetti e informazioni ti farà guadagnare rispetto e fiducia.

Se utilizzi un gergo o linguaggio vago o stai usando e-mail lunghissime non ti lamentare se …probabilmente le persone con le quali ti interfacci potrebbero pensare:

“Non so di che diavolo sta parlando. Spero che la prossima volta non mi veda, oppure non mi parlerà … così potrò andare avanti nel mio lavoro”.

Hai un linguaggio del corpo ostile

Rispetto nel lavoro: evita braccia incrociate, nessun contatto visivo diretto, dito puntato, espressioni facciali (come aggrottare la fronte, arricciare il naso o arricciare le labbra) possono trasmettere rancore e negatività, senza che tu te ne accorga.

Abbiamo abitudini, posture e tic che creano un’impressione che potrebbero non essere il vero riflesso di chi siamo veramente.

Più della metà della comunicazione è ad appannaggio del linguaggio del corpo.

Stare a braccia conserte è la classica posizione di chiusura che trasmette un atteggiamento negativo e difensivo. Incrociando le braccia, sembri freddo, riservato o peggio sembra che tu stia nascondendo qualcosa.

Presta attenzione alla tua postura, prima di pensare cosa-dire, concentrati sulla tua comunicazione non verbale. Tirarsi il colletto, giocare con i capelli, grattarsi il viso: anche questi tic e queste abitudini possono inviare un messaggio negativi e farti sembrare nervoso e poco sicuro.

 
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Sputi sentenze

  • “Questo è il motivo per cui non ha funzionato …”
  • “Dobbiamo fare questo …”
  • “No, non funzionerà …”
  • “Si, si figurati …”

Non offri mai un suggerimento o un parere.
Sentenzi, pontifichi.

Affermi il tuo parere come un fatto. Le opinioni degli altri sono irrilevanti.

Parla piuttosto da una prospettiva personale.
“Io penso che … “ sarà ricevuto in modo più positivo.

Rispetto nel lavoro: non parlare sempre-e-solo di te

Sei diventato così bravo che riesci a cogliere ogni occasione per agganciarti al discorso e iniziare a parlare di te, delle cose che hai fatto, di quello che ti successo ecc.
Solo di te!

Forse non ne sei così cosciente, ma parlare continuamente di te può innescare un meccanismo di allontanamento in chi ascolta. Accendere antipatia.

Magari sei convinto che sia un bene parlare di tutto quello che ti accade, positivo o negativo, ma chi ti ascolta potrebbe pensarla diversamente.

Una cosa è certa, alla lunga diventi sicuramente scontato,
pesante e spingi gli altri a evitarti.

 
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Non guardi negli occhi le persone

I nostri occhi sono molto eloquenti. Trasmettono la nostra natura.

Quando ci concentriamo sugli occhi, siamo in grado di vedere la “vera essenza” della persona,
ci colleghiamo direttamente con il sé autentico.

Se non stabilisci il contatto visivo quando parli, sembri meno attendibili.

Guardare negli occhi gli altri comunica fiducia, leadership, forza e intelligenza. Soprattutto quando stai parlando di punti difficili o importanti.

Se qualcuno regge il tuo sguardo, sorridi. Farai sentire la tua influenza positiva.

Un contatto visivo prolungato può significare tutta la differenza. Stai “attirando” il tuo interlocutore dalla tua parte. Vuol dire essere il leader.

Cerchi di controllare la conversazione

  • “Perché lo hai fatto?”
  • “Devi fare questo oppure …”

Queste domande, fatte all’inizio della conversazione, hanno il solo scopo di controllare e manipolare la conversazione.

È una forma (anche se sottile) di aggressività.

Cercare di controllare l’esito di una conversazione non funziona mai. Porterà un maggior senso di alienazione.
Conversare non è una prova di forza.

Sei “troppo” introverso

Non c’è niente di male nell’essere timido o introverso.
Ci mancherebbe!

Tieni conto che le persone spesso scambiano il silenzio e la timidezza come un segnale che sei arrabbiato o distaccato, mentre in realtà può essere semplice riservatezza.

Potrebbe essere necessario un piccolo sforzo in più per comunicare sul tuo luogo di lavoro.

La timidezza può essere confusa con disinteresse o noia. Basta solo essere consapevoli che la persona con cui stai interagendo non può leggere la tua mente.

 


 

Minimizzi

  • “Ma cosa vuoi che sia”
  • “Ma dai… è così semplice!”

Siamo portati a pensare che minimizzare i problemi possa aiutare la persona a stare meglio. Invece, no.
Validare le emozioni altrui non peggiora le cose, anzi farà sentire quella persona compresa e accolta.
Ascoltata.

Dovresti rassicurare.
Non minimizzare.

Sminuire è molto pericoloso, in particolare quando è svalutato un problema.

 
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Usi tono e intensità sbagliata

Dici cose sensate, non usi nemmeno parole sbagliate, ma le persone le prendono male.

La ragione di tale fraintendimento è il tuo tono.
Diventi “rumoroso”, oppure mono-tono, usi frasi con stanchezza e distacco.

Frasi con volume basso pronunciate con la stessa intonazione, senza variazione, risultano come una cantilena.

Oppure un volume alto, quasi forzato, può comunicare ancora una volta aggressività.

Rispetto nel lavoro: ancora una volta la differenza la fa il COME e non il COSA

Il volume, il tono, la mimica facciale, ecc. possono davvero fare la differenza tra un approccio costruttivo, accondiscendente e uno conflittuale.

Aumenta la tua consapevolezza sulla tua comunicazione in ambito professionale.
Parole, pause, contatto visivo, enfasi ecc. possono trasmettere messaggi completamente diversi.

Essere un eccelso comunicatore significa utilizzare una “cassetta degli strumenti” adatta per ogni circostanza. Interpretare ogni singolo aspetto della comunicazione e di attuare la strategia migliore per creare empatia e rapporto con l’interlocutore.

Rispetto sul lavoro: spesso il problema è la tua comunicazione – parte 1

rispetto nel lavoro

Foto di Courtney Stephens da Pexels

Quando fai domande, c’è sempre chi pensa che tu non abbia capito?
Se fai un apprezzamento, pensa che stai ruffianando?
Quando dai un feedback, che stai criticando?

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Puoi affermare di essere chiaro, concreto e coerente nel tuo modo di comunicare?
Oppure ti senti incompreso? Non-capito?

Può essere incredibilmente frustrante, specialmente quando sembra che le persone intorno a te ti stiano interpretando male. Ogni volta.

Se ogni volta il tuo modo di comunicare suscita (quasi) sempre reazioni negative.

Se avverti poco rispetto nel lavoro dovresti modificare il modo tuo comunicare

È sempre una buona idea fare un passo indietro.
Valutare come gli altri potrebbero percepirti.
Prenditi un momento per vedere le tue azioni, gesti ed espressioni da una prospettiva esterna.

Sei troppo sarcastico? Criticone?
Ti allontani quando le persone ti parlano? O ti avvicini troppo?
Interrompi e non lasci parlare?

Ecco alcuni fattori che potrebbero ostacolare la tua comunicazione. Darti una scarsa considerazione dei colleghi. Poco rispetto nel lavoro.

 
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Sei sempre sulla difensiva

Non appena ti parlano, alzi le “barriere” per proteggerti?
Difendi a oltranza il tuo operato? Senza neanche ascoltare il presupposto?
Se c’è stata una colpa, una responsabilità, di certo… non è tua!

Quando vai subito sulla difensiva, anche l’altro farà lo stesso.
Se comunichi diffidenza, ne susciti altrettanta.

La prossima volta offri uno spiraglio, un’apertura iniziale.
Prova a dare fiducia, un passo alla volta, senza correre.

Prenditi il tempo che ti serve per prendere la decisione,
se dare o meno la tua fiducia a chi hai di fronte.

Non tirare subito la conclusione sulla base di una frase o delle tue aspettative,
ma parla e scambia opinioni, verificando il linguaggio verbale e non verbale del tuo interlocutore.

È fondamentale mantenere un atteggiamento disponibile,
evitare di cadere subito nella trappola della difensiva.

 
POTRESTI TROVARE SPUNTI INTERESSANTI > nel mio libro “Autorevolezza”
 

Non ascolti

L’ascolto è essenziale per una buona comunicazione.

Il rischio è pensare di disporre di tutte le risposte a qualsiasi domanda,
problema o sfida.

Nessuna persona può sapere tutto.
Nessuna.

Dovresti ascoltare gli altri.
Il leader di successo riconosce l’importanza dell’ascolto. Sa perfettamente che ascoltare può portargli importanti vantaggi competitivi.

Non sono pochi i manager e gli imprenditori di successo che dichiarano come ascoltare con attenzione è stata una parte fondamentale della loro strategia.

Probabilmente non sarebbero arrivati dove sono senza il costante perfezionamento,
anche attraverso i feedback negativi che hanno ricevuto (e spesso ricercato).

Saper ascoltare ti consentirà anche di differenziarti, dimostrare interesse ed empatia verso gli altri.
Costruire relazioni più solide e durature.

 
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Vuoi rispetto nel lavoro? Non interrompere o finire le frasi

Non vedi l’ora di esprimere il tuo punto di vista?
Non vuoi perdere tempo ad ascoltare perché hai già capito?

Se finisci le frasi, non offri al tuo interlocutore la libertà di esprimersi,
di esternare e di creare un contatto.

Così facendo sprechi solo tempo,
deprimi chi parla e riduci la comprensione del discorso.

E poi… sei così sicuro di sapere già tutto in anticipo?
E se per caso avessi mal interpretato le sue intenzioni?

La chiave è ascoltare per capire.
Prenditi una pausa, prima di parlare.

Fai il saputello (sai-tutto-tu)

Non ammetti di essere in errore, non lasci agli altri la parola, fai impazzire con la tua capacità di analisi e la tua esperienza, spiegando a tutti il modo in cui si dovrebbe fare/non fare una certa cosa.

C’è qualcosa di più frustrante di sentirsi dire “Quello che devi capire è …”?

Stai suggerendo che … tra qualche secondo farai il favore di illuminarci.
Sin dall’inizio, assicurati di trattare la persona con dignità.
Avrai modo di esprimere le tue convinzioni.

Porta pazienza mentre cerchi di capire il punto di vista degli altri.
Le persone lo apprezzeranno.

Oltremodo, non essere troppo sarcastico. Non c’è niente di sbagliato nell’ironia, crea leggerezza. Sdrammatizza.

Ma se questo è il tuo modo costante di comunicare, può causare problemi.
Le persone potrebbero offendersi, sentirsi derisi o presi in giro (anche se non è la tua intenzione).

Nascondi le tue emozioni, ovvero empatia zero

Nel tentativo di essere educato, benvoluto o “freddo”, nascondi le tue emozioni oppure mantieni un’espressione neutra.

Ma questo rende quasi impossibile, per chi ti circonda,
capire le tue intenzioni e i tuoi pensieri.

Senza segnali emotivi,
quello che-dici può essere facilmente mal interpretato.

I tuoi colleghi potrebbero pensare che tu sia arrabbiato quando non lo sei veramente,
e viceversa.

La faccia impassibile da poker (tanto celebrata in ambiente business), capace di tenere sotto controllo le emozioni, non dovrebbe precludere di mostrare i sentimenti in alcune situazioni professionali.

Non essere “presente” mentre parli con qualcuno, può emanare poco interesse, arroganza e maleducazione. Altro che good vibes!

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2

Arroganza nel lavoro: la maschera che indossano gli insicuri

arroganza nel lavoro

Foto di Anete Lusina da Pexels

La persona arrogante sul lavoro comunica a tutto il mondo i suoi successi, non importa quanto piccoli siano,
dà una visione eccessivamente positiva,
mascherando la realtà che spesso non è così ideale.

Il più delle volte, nasconde una scarsa fiducia in sé stessa, che viene compensata dalla presunzione (immotivata) di voler apparire più competente e più brava degli altri.

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Spesso, ci comportiamo con arroganza semplicemente perché non abbiamo ancora capito cos’è in realtà la fiducia in noi stessi. Essere arroganti, strafottenti e stronzi non vuol dire “essere sicuri di sé”.

Anche se spesso, quelli che lo sono,
sono messi su un piedistallo e osannati perché sono riusciti a diventare qualcuno.

Cos’è l’arroganza nel lavoro? Cosa vuol dire essere sicuri?
Come si può essere fiduciosi senza cadere nella trappola dell’arroganza?

Il mondo del Lavoro di oggi non è mai stato così difficile

Come ho scritto nel mio libro “Autorevolezza strategie e tecniche per diventare il riferimento carismatico dei tuoi collaboratori e colleghi” il mondo del Lavoro è molto complesso e competitivo.

Non è più solo una questione di conoscenze, capacità e abilità.
È una questione di resistenza. Di forza.

La forza fisica è facilmente visibile a tutti, la forza mentale no.
Non si vede. Si sente.

Spesso, per mostrarti forte ti metti la maschera del duro, non è vero? Reciti la parte.
Nascondi le debolezze con atteggiamenti e posture autoritarie. Quest’approccio ti potrebbe portare qualche successo iniziale, ma l’effetto svanirà in breve tempo.
Te lo assicuro.

Nel lungo periodo, per raggiungere obiettivi importanti è necessaria forza mentale. Grinta e tenacia.
Così come il continuo desiderio di migliorarti.

 
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Mettersi la “maschera da duro” è un portamento scontato

È un atteggiamento che può essere intrapreso da tutti. Con facilità.

Nel mio lavoro, durante le sessioni di coaching per la leadership con team leader che si definivano (per loro stessa ammissione) “troppo buoni” quando chiedo come gli sarebbe piaciuto essere, le risposte non si facevano aspettare.

“Più bastardo”, “Più carogna”, “Più figlio di puttana”.

Ah, è così… tutto qua? Vuoi davvero questo? I tuoi studi, il tuo impegno e la tua intelligenza, per cosa?
Incutere timore?
Diventare uno stronzo?

Ce ne sono già tanti nel mondo del Lavoro!
No, grazie. Non ce ne serve uno in più!

Arroganza nel lavoro? Abbiamo bisogno di leader

Uomini e donne.
Persone con una forte etica morale… non di immaturi bisognosi di rivalsa.
Invece di aumentare la quantità di “bastardaggine” (cosa, peraltro, decisamente puerile) l’approccio migliore è sapere equilibrare, secondo le circostanze, grinta e diplomazia.

La persona forte, al posto di sprecare energia cercando di coprire le mancanze, riconosce i propri difetti. Investe il proprio tempo per migliorare sé stessa.
Superare le debolezze.

Essere forte richiede consapevolezza delle tue emozioni.
Dovrai imparare a gestire e controllare le emozioni, non farti controllare da esse.

Avere forza mentale vuol dire riconoscere i tuoi limiti e le tue mancanze,
e sapere che è necessario il duro lavoro per raggiungere un obiettivo.

 


 

Non sprecare energia cercando di coprire le tue mancanze (con l’arroganza nel lavoro).
Riconosci i tuoi difetti e investi il tempo per migliorare te stesso,
e superare le tue debolezze.

Essere forte significa avere fiducia nella tua capacità di riprenderti da un fallimento.
Essere pronto a imparare dai tuoi errori.

Dovresti essere ambizioso senza essere impaziente.
Disponibile, ma non timoroso.
Flessibile, senza essere sfruttato.
Fiducioso e sicuro di te, confidente e ambizioso, senza alzare troppi i toni fino a diventare eccentrico o pomposo.

 
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Una linea sottile divide la fiducia e l’arroganza nel lavoro

La scelta spetta interamente a te.
Pensaci prima di fare il prossimo passo.

In conclusione,
quando si parla di aggressività e arroganza nel lavoro, ci viene in mente la sua forma più violenta (grida, urla, lancio di oggetti, contatto fisico, ecc.). Ci sono diversi tipi di aggressività, più sottili e meno appariscenti.

Spesso per farci valere sul luogo di lavoro ci comportiamo in maniera arrogante e aggressiva,
senza rendercene conto.

Pensiamo di essere assertivi, invece ci comportiamo in modo prepotente e “violento”, pagando un prezzo istantaneo e irreversibile: conflitto, la perdita di rispetto e di amicizia.

Se qualcuno ti ha già detto “Ehi, ma come sei aggressivo”,
è il primo passo per riconoscere il tuo atteggiamento prepotente.

Come gestire la strisciante sensazione di incertezza che ci scende lungo la schiena – 1

gestire l'incertezza

Foto di Aleksandar Pasaric da Pexels

“Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.”
Pablo Neruda

Stiamo diventando sempre meno tolleranti all’incertezza.

Siamo sempre più stressati, ansiosi, depressi e arrabbiati.
Non amiamo l’insicurezza.

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L’incertezza può tenerti sveglio la notte,
ossessionarti nella ricerca di prevedere (e prevenire) tutto ciò che potrebbe andare storto sul lavoro.
Oppure può motivarti a vivere nel momento, “accettare e abbracciare” la vita.

L’unica costante nella vita è il cambiamento (in questo momento storico poi …)
È inutile cercare di controllare il futuro.

A volte tutto ciò che puoi fare è fidarti. Qualunque cosa accada, puoi adattarti,
e trarne il meglio.

Se vuoi gestire l’incertezza dovresti restare in equilibrio tra familiarità e ignoto,
ridurre le aspettative per il futuro,
imparare a ridurre l’intolleranza dell’incertezza.

Questa settimana (per fortuna o sfortuna – dipende dalle tue convinzioni) sembra incerta come quella appena passata. Ci vuole un cambio di approccio per scegliere come passarla.

1. Accetta che la certezza non esiste

Niente è certo.

Quando vuoi gestire l’incertezza, anche quando pensi di esserti raggomitolato ben-bene in un accogliente “rifugio” di prevedibilità, di aver creato una vita controllabile e prevedibile, puoi essere certo che si tratta solo di un’illusione.
 


 
Tutto potrebbe cambiare in un attimo.
Prima lo consapevolizzi, più facilmente affronterai la vita.

Quello che verrà domani potrebbe non essere facile,
o non soddisfarti completamente.

Meglio abbracciare la realtà dell’incertezza e godersi “il viaggio”.

Se ti concentri sulle illimitate possibilità del domani, non sulla paura,
ti sentirai molto meglio.

2. Sostituisci le aspettative con i piani

Le aspettative possono condizionare la tua vita.
Quando crei delle aspettative, ti stai preparando alla delusione.

Scontentezza, frustrazione, amarezza sono conseguenza delle aspettative non soddisfatte.

Puoi indirizzare il tuo domani,
ma difficilmente potrai controllarne il risultato esatto.

Invece di aspettarti che il futuro ti debba dare qualcosa,
concentrati su ciò che farai (nel concreto) per creare ciò che desideri.

Tutto ciò di cui hai veramente bisogno è un piano e (tanta ma tanta) flessibilità.

3. “Immergiti” volontariamente e gradualmente nell’incertezza

Quando vogliamo gestire una preoccupazione (per placare l’ansia che sentiamo) cerchiamo immediatamente le risposte.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la tua leadership
 

Riguardo il tempo, il traffico, le azioni del Mercato … controlliamo i social, Google, le news, inviamo vocali, messaggi ecc.

Tutto questo evitare l’incertezza, porta a un sollievo a breve termine ma riduce la nostra capacità di “allenamento”.
ci rende sempre più sensibili (e intolleranti) all’incertezza.

Se non abbiamo risposte andiamo in panico.

La tolleranza all’incertezza è come un muscolo che si indebolisce se non utilizzato.
Quindi, quando affronti l’incertezza, resisti alla tentazione di controllare in modo eccessivo.

Appena ne hai occasione dovresti allenarti a “convivere” con il disagio dell’incertezza.
Con il tempo, la pressione dell’ansia diminuirà.

4. Per gestire l’incertezza concentrati solo su cosa puoi controllare

Le cose che non ti hanno disturbato ieri ti potrebbero darti fastidio oggi.
Non cercare di controllare gli eventi futuri o il comportamento di altre persone.

Se continui a tentare di controllare gli eventi,
potresti finire per essere deluso e demotivato.

L’incertezza è parte della vita.
La gestione dell’insicurezza rivela la tua forza interiore.
Non rimanere bloccato nelle decisioni.

Ogni scelta contiene almeno un piccolo fattore di incertezza.
È inevitabile.
 


 
Concentra la tua energia sulle cose che contano.
L’unica cosa che puoi controllare (veramente) è il processo attraverso il quale prenderai le tue decisioni.

Spesso, trascuriamo le piccole cose che possiamo fare (per rendere la nostra vita più facile),
mentre siamo ossessionati dalle grandi cose su cui non abbiamo il minimo controllo.

Non dipingere le situazioni migliori o peggiori di quello che sono nella realtà.
Analizza i fatti per quello che sono.

Muoviti sulla base di ciò che sai.

Potresti commettere errori, ma è molto meglio che rimanere fermi.
Questo è l’unico modo razionale per gestire l’ignoto.

5. Gestire l’incertezza? Inserisci l’imprevisto in agenda

Che piaccia o no … accade l’inaspettato.
E non sempre è negativo.

Spesso, le cose migliori sono quelle impreviste perché prive di aspettative.
Le strade più panoramiche e spettacolari sono le deviazioni e non volevi prendere.

Aspettati che qualcosa possa andare storto, anche se non sai cosa.
Se vuoi apprendere come gestire l’incertezza … metti “in agenda” l’inaspettato.

Organizzati la giornata e pianifica con metodo ma non farlo in modo maniacale e dettagliato!
Lascia uno spazio per l’imprevisto. C’è sempre la possibilità che l’imprevisto ti attenda dietro l’angolo.
Sempre.

La gestione dell’imprevisto può essere spiazzante.
Paralizzante.

Quando accetti l’imprevedibilità e l’incertezza non significa che sei diventato incosciente,
rassegnato o irresponsabile, ignorando tutto quello che ti circonda.

Ma se riesci ad accettare che non puoi pianificare ogni eventualità,
sarai effettivamente più equipaggiato per affrontare le sorprese della vita.

LEGGI ANCHE LA PARTE 2

 

Chiedere una promozione: cosa fare se la risposta è NO

chiedere una promozione

Foto di Kat Jayne da Pexels

Hai lavorato sodo nell’ultimo anno.
Ti sei messo in gioco con progetti improbabili che nessuno voleva.
Hai dato fondo a tutte le energie per essere la persona giusta giusto al momento giusto.

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Hai chiesto la promozione al lavoro ma … la risposta è stata no.

Ahia! Che botta.
Un cazzottone in pieno viso che ti lascia spiazzato e disorientato.
È facile provare delusione e frustrazione.
Rabbia. Ci sta.

Chiedere una promozione: il no fa male

Appena ti sei ripreso, la tua prima reazione è stata di rispolverare il tuo CV,
escogitando un piano per uscire appena possibile.
Non ti meritano.

Stop.
Non lasciare che questa battuta d’arresto faccia saltare tutto.

Non sono pochi (nella mia esperienza) i clienti che iniziano un percorso di coaching dopo una bocciatura per una promozione che pensavano di meritare.

Molti sono tornati più “forti” di prima.

Calma e ancora calma

Il boccone è difficile da digerire. Aspetta di calmarti prima di fare qualsiasi cosa.
Non agire in modo impulsivo, non aggravare il problema con uscite sprezzanti o comportamenti vendicativi.
Taci. Non muoverti.

Rabbia e risentimento rischiano di infilarti in una spirale di atteggiamenti rancorosi e contestatori che possono portarti a pericolosi comportamenti sabotanti.

Indirizza le tue emozioni negative.
Ricorda il grande sforzo che hai fatto per costruire la tua reputazione professionale.

Riprendi il controllo emotivo, reindirizza i tuoi turbamenti negativi.
Trasforma quest’esperienza negativa in un’opportunità di apprendimento.

Torna in ufficio con rinnovata energia e intensità,
desideroso di non permettere che questa battuta d’arresto abbia strascichi sulla tua fiducia e la tua carriera professionale.

Chiedi un appuntamento

È il momento di scoprire “cosa è successo”.

Troncare, il prima possibile, le supposizioni che si intrecciano pericolosamente nella tua mente.
 


 
Meglio evitare anche confronti e pareri con i colleghi (“Secondo te perché mi hanno detto no?”).
Iniziare la caccia agli indizi.

La mossa migliore per scoprirlo è andare direttamente alla fonte:
le risorse umane, il titolare o il tuo capo/a.

Lo scopo dell’incontro non è quello di vociare e accusare le persone che sono state coinvolte nella decisione. Puoi solo renderli difensivi e arrabbiati, giustificando così la loro decisione di non promuoverti.

Piuttosto prova a coinvolgere la persona in una conversazione professionale (sincera e produttiva) dove poter mostrare le tue ragioni e trovare la soluzione migliore.

Non stare sulla difensiva

Richiedi risposte dirette. Ascolta.
Non danneggiare l’incontro con uno atteggiamento astioso.
Almeno non ancora.

Prepara i punti di discussione.
Decidi cosa vuoi dire e come vuoi dirlo.
Inizia spiegando che la tua intenzione è ottenere il meglio del tuo ruolo.

Prova a dire qualcosa del tipo “Come posso lavorare/cosa posso fare per ottenere la promozione in futuro?”

Presenta il problema in modo costruttivo e assertivo.
Resta ai fatti. Lascia da parte i tuoi giudizi personali.
Cerca di essere il più specifico possibile e porta esempi concreti.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per la tua carriera di successo
 

Non c’è niente di sbagliato nel mostrare le tue emozioni ” Sono davvero amareggiato”.

Se sei stato “bocciato” perché non hai alcune competenze tecniche o abilità personali, è il momento di lavorare su te stesso attraverso una formazione individuale.

È il momento di confrontarti con … te stesso!

  • Credi di meritare la promozione?
  • Hai dato qualche motivo per non essere meritevole?
  • Sei stato in malattia, hai accumulato ritardi, non hai rispettato le scadenze?
  • Dato l’impressione di essere annoiato o disattento?
  • C’era qualcosa che avresti potuto fare (con più impegno da parte tua) oppure tutti i fattori-chiave erano completamente fuori dal tuo controllo?

Se non è possibile ottenere una risposta diretta (o è meglio non svegliare malumori assopiti) cerca una persona fidata e competente, all’interno del tuo ambiente lavorativo, che possa darti consigli pertinenti.

Otterrai un’idea delle aree in cui migliorare,
una prospettiva esterna per sapere se hai –davvero- le competenze e l’esperienza giusta per quel tipo di lavoro.

Trasforma in positivo questa battuta d’arresto

Un NO non è la fine del mondo.
Riconoscilo per quello che è … una (grande) delusione.
Punto.

Stabilisci la tua prossima mossa e un intervallo di tempo per provarci nuovamente.

Se ti sembra di essere stato manipolato o sfruttato,
potresti -davvero- pensare di rispolverare il tuo CV e cercare un’altra azienda.

È importante avere un piano alternativo,
nel caso ti fosse negata per una seconda volta.

Mantieni la tua rete sociale aperta e attiva in modo di cogliere la prossima opportunità,
sia all’interno sia all’esterno della tua organizzazione.
 


 
Mantieni la prospettiva.
Guarda il tutto da una diversa angolazione.
In fondo è un’opportunità per imparare e crescere.

Spesso le persone di successo parlano delle loro battute d’arresto come grandi momenti d’introspezione e di consapevolezza.

Forse c’erano (davvero) buone ragioni per cui non hai ottenuto il lavoro.
Probabilmente eri appagato, poco determinato.

Ora hai l’impeto giusto per concentrarti di più,
migliorare le tue capacità e raccogliere nuove opportunità.

La promozione passa, la passione resta

Il web è pieno di richiami e citazioni sul vivere la vita, perseguendo le nostre passioni e i nostri sogni.

Ci sarà ben un motivo!

Le persone che raggiungono traguardi importanti, quelle che arrivano in alto, siano sportivi, manager, musicisti, chef, stilisti o imprenditori sono spronate dalla vocazione.
Fanno (davvero) quello che amano.

Quando ami ciò che stai facendo, ti senti euforico, eccitato, desideroso di creare, pieno di energia,
ottieni maggiore successo.

Chiediti cosa vuoi veramente dalla promozione

Alcune persone si fissano eccessivamente sulla carriera perché vogliono mettersi alla prova,
altri per rivincita personale o sociale, chi per raggiungere uno status,
altri ancora non sanno neppure perché la ambiscano!

Chiediti quanto davvero desideri la promozione.
Cosa ti interessa di più in una carriera professionale: il rispetto, il titolo, i soldi.

Ci possono essere altri modi per ottenere le stesse cose,
anche senza la promozione.

Quello che più conta è il tuo atteggiamento e le tue convinzioni, come vedi te stesso e cosa vuoi ottenere.

Se rinunci quando fallisci, non imparerai mai nulla.

Se guardi al fallimento come un’opportunità, come l’inizio di un nuovo viaggio, scoprirai che l’esperienza ti aiuterà e la prossima volta che farai la stessa cosa, la farai molto meglio.

Ma se non provi ancora, non lo saprai mai.
Rinunciare per paura di fallire ancora … è il fallimento più amaro!

Ambizione professionale: è positiva oppure malsana? – parte 2

ambizione professionale

Foto di jae park da Pexels

Leggi anche la parte 1.

Una sana ambizione professionale non “spiana” tutto e tutti

Riconosci il lavoro degli altri o stai prendendo tutta la gloria per te?
Domini e manipoli gli altri per i tuoi scopi?

Stai sacrificando la famiglia, gli amici, i colleghi e le persone vicine per ottenere ciò che vuoi?
Il tuo partner ha cercato di comunicarti le sue frustrazioni ma lo hai ignorato?

Una cosa è l’ambizione.
Un’altra la spietatezza.

Non sono poche le persone che giustificano le loro azioni per avere successo e lo chiamano aspirazione.
Desiderio. Ambizione.

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L’ambizione ti può “armare la mano”.
Pur di raggiungere i tuoi obiettivi non ti preoccupi di calpestare gli altri.

Le persone intorno a te cominciano a vederti come una persona malvagia.

La spietatezza deriva da un’ambizione incontrollata. Non è l’unica spinta nella vita, ci sono anche i tuoi affetti e le tue passioni.

Osserva come la tua ambizione professionale sta influenzando chi ti sta intorno.
Stai dedicando tempo a queste persone?
Esprimi il tuo apprezzamento per loro?

Una sana ambizione è equilibrata

Fai delle pause regolari per dormire e riposarti?
Dedichi tempo agli hobby che ti piacciono?
O sei “action” tutto il tempo?

Quando trascorri del tempo con amici e conoscenti, lo fai perché ti piace (sinceramente) la loro compagnia?
O perché possono aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi?

Hai sacrificato la tua socialità per il tuo impegno costante?
Le persone ti contattano per una chiacchierata amichevole? O solo per lavoro?

L’ambizione (come detto) è la forza trainante, non dovrebbe sconvolgerti la vita, ma l’equilibrio è tutto.

Alcune persone (poche in verità) utilizzano la loro ambizione per raggiungere il successo.
Poi “utilizzano” quella ricchezza per aiutare gli altri. Sono coinvolti in beneficenza e in attività no profit.

Quando non utilizzi la tua ambizione solo per il tuo successo personale, ma anche per aiutare gli altri, allora hai una sana ambizione.
 


 
La cattiva ambizione professionale è desiderare potere e prestigio solo per sé stessi.
È la spinta al successo a tutti i costi.
Avidità.

Se ti senti ancora eccitato e felice di perseguire i tuoi obiettivi allora probabilmente sei ancora sulla buona strada.

Al contrario, se la tua ambizione si traduce in stress, ansia, problemi di salute fisica e mentale -per te e per chi ti circonda- allora è il momento di frenarla.

Sii onesto con te stesso.
Su come ti senti, chiedi alle persone più vicine a te.
Chiedile di essere oneste, chiedile di rischiare di dirti cose poco piacevoli.

Un’ambizione professionale malsana gestisce le critiche in modo negativo

Quando sei eccessivamente ambizioso potresti essere molto sensibile alle critiche e al fallimento.

Stai investendo energie e tempo nel tuo lavoro e di conseguenza hai sviluppato un forte “attaccamento” al tuo lavoro. Pur non essendo necessariamente una cosa negativa, può rendere difficile guardare le cose in modo obiettivo.

Le critiche possono essere facilmente prese come un attacco personale.
Portare a emozioni negative.
A perdita di autostima.

Quando fai riferimento a standard elevati,
le critiche possono essere un indicatore di non essere “abbastanza bravo”.
Queste emozioni possono manifestarsi in una luce distorta negativa.

Potresti mettere in discussione la tua autostima, valutandoti solo sulla base dei risultati raggiunti,
influenzare i tuoi stati d’animo in situazioni sociali,
aggravando ulteriormente il problema.

Un’ambizione malsana fatica a mantenere le relazioni personali

Una persona molto ambiziosa ha la capacità di fare sacrifici per raggiungere i propri obiettivi.

Potrebbe sembrarti, a prima vista, una qualità positiva ma non lo è. Quando eccessiva, può diventare negativa a scapito delle relazioni personali.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per la tua carriera di successo
 

L’ambizione smisurata può far allontanare le persone,
farti investire poco tempo in una relazione,
impedirti di “essere presente” quando sei con loro.

Le persone eccessivamente ambiziose difficilmente si “spengono” fuori dal lavoro.
Sono molto focalizzate e attratte da pensieri relative al lavoro.

Sembrano disinteressate. Tendono a trascurare le pause, il riposo, il dormire.
Non si rilassano quando non sono al lavoro.

Essere completamente “inghiottito” dal compito su cui stai lavorando, non riuscire a prendersi una pausa e rilassarsi, può effettivamente influenzare la tua creatività.
Invece, prenderti una pausa e rilassare la mente può portarti nuove idee e soluzioni creative.

Valuta il tuo “livello” di ambizione professionale

In conclusione,
il nostro costante desiderio di migliorare (a volte) crea tanta sofferenza.

Valuta onestamente “il grado” delle tue ambizioni e le conseguenze dirette e indirette che hanno su di te e sulle persone che ti circondano.

Alcuni diventano ossessive e compulsive.
Può essere difficile liberarsi da queste ossessioni senza un aiuto professionale. Se ritieni che le tue ambizioni ti stiano controllando, piuttosto che ispirandoti, rivolgiti a un terapeuta.

Se pensi che le tue ambizioni siano malsane (ma non pericolosamente ossessive) e vuoi riallinearle con la tua vita e i tuoi valori, parlarne con un coach potrebbe essere un buon investimento.

Indirizzare in modo produttivo e sano questa “spinta motivazionale”.

Potresti capire cosa vuoi veramente, lavorare su un piano d’azione equilibrato.
Lavorare sull’essere felice, proprio qui.
Proprio ora.

Grande comunicatore: come ascoltare ciò che non viene detto

grande comunicatore

La comunicazione si può dividere (sommariamente) in due parti.
Ciò che si dice e ciò che non “viene detto”.

Peter F. Drucker ha detto: “Gli ascoltatori empatici possono udire persino ciò che viene detto in silenzio. La cosa più importante nella comunicazione è ascoltare ciò che non viene detto“.

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Come essere un grande comunicatore?
Come puoi sentire ciò che non viene detto?

Più entri nel “mondo” dell’altro, più lasci “fuori” la tua storia.
Troppo spesso commetti l’errore di riempire “ciò che non viene detto” con la tua esperienza.

Per essere sicuro di “sentire bene”, dovresti osservare con attenzione,
non concentrarti solo sulle parole ma ascoltare anche (e soprattutto) “ciò che non viene detto”,

Diventare un grande comunicatore, un bravo “lettore”, richiede tempo ed esperienza.

Concentrati sulla persona

Parla poco.
Non pensare alla tua risposta.
Non cercare di immaginare come risponderai.

Evita di interrompere o finire le frasi.
Dai alla persona tutta la tua attenzione.

Lascia che parli al suo ritmo,
che faccia delle pause, e pensi.

Usa tutti i tuoi sensi per “ascoltare”

Immagina di chiudere gli occhi e “sentire” la persona mentre parla.

Controlla il linguaggio del suo corpo quando condivide ciò che le sta accadendo.

Immagina cosa sta succedendo “dentro di lei”.

Evita le distrazioni

Ascolta la persona per mostrare che davvero vuoi sentire quello che ha da dire.
 


 
Spegni il telefono.
Non scarabocchiare.
Non guardare fuori dalla finestra.

Evita i pregiudizi personali

Siamo traboccanti di pregiudizi, opinioni, impressioni, giudizi.
Non possiamo evitarlo.

L’unico modo per evitare i pregiudizi personali è esserne consapevoli.

Il grande comunicatore cerca di essere il più possibile imparziale.
“Svuota” la mente.

Ascolta

Non limitarti a sentire le parole.

Osserva il linguaggio del corpo della persona e nota eventuali incongruenze tra ciò che dice e i suoi messaggi non verbali.

Nell’esempio del post precedente il nuovo leader ha notato che le espressioni facciali erano più di antipatia che di soddisfazione.

“Ascolta” le emozioni.

Prova a immaginare quale valore e quale emozione “c’è sotto”.

Comprendere le emozioni e i valori della persona ti aiuterà a capire meglio “ciò che non viene detto”.

“Ascolta” il livello di energia.

Le parole sono concilianti ma il suo viso dice altro?
Parla velocemente?
Potrebbe essere ansiosa o arrabbiata?

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la tua comunicazione
 

Senti entusiasmo? Ci sono molte esitazioni?
Qual è il suo livello di energia? È autentica?
C’è troppo vigore?

“Ascolta” il volume e il tono.

Le parole potrebbero non trasmettere il reale messaggio,
il volume e il tono possono darti indizi importanti su ciò che la persona è riluttante a condividere.

Il tono è arrabbiato, tranquillo, seduttivo o sarcastico?

Fai domande per comprendere al meglio

Fai domande per assicurarti di aver capito il messaggio.

Le domande dovrebbero essere neutre e senza giudizio.

“Ma cosa hai fatto?” non è certo un buon modo per mantenere aperta la conversazione.
“Dimmi di più su …” è molto più efficace. È un invito a rivelare di più.

Se ti interroghi sulla veridicità di un’affermazione, chiedi alla persona di dirti di più o di spiegare la parte che ti sembra confusa/poco chiara.

  • “Qualcosa non mi torna (affermazione, risposta, gesto, ecc.). Quando … (fai notare ciò che ti sembra dissonante) mi hai confuso”.
  • “Cosa non mi stai dicendo?” o “Sento che mi manca un pezzo del puzzle. Cosa potrebbe essere?”
  • “Sento che qualcosa ti preoccupa. Sono disponibile ad ascoltare ciò che hai da dirmi”.
  • “Non voglio fraintendere. Ho notato che ti intristivi mentre mi raccontavi quello che ti è successo. Lo hai descritto come una cosa piacevole. Di cosa si tratta?”
  • “Voglio essere sicuro di aver sentito quello che hai appena detto … (parafrasare quello che hai sentito).”
  • “Ho capito che …. È corretto?”
  • “Ecco cosa mi ha colpito di più…”

Mettiti nei suoi panni

Cerca di capire la situazione dal punto di vista dell’altra persona.
 


 
Quali sono le sue preoccupazioni, paure ed esperienze?
Come può il suo passato influire sulla discussione di oggi?

Non saltare alle tue conclusioni.

Sii curioso.
Invece di avere un’aspettativa su come andrà la discussione.
Sii aperto a ciò che l’altra persona desidera condividere.

Lasciati guidare dall’intuito se vuoi essere un grande comunicatore

Durante o dopo la conversazione, hai una strana sensazione allo stomaco?

La mente intuitiva è un dono sacro ma oggi veneriamo la razionalità, diceva Einstein.

L’istinto è la base. È la Voce della Natura. Seguire l’istinto significa mettere da parte non solo il parere degli altri, ma soprattutto il nostro.

L’intuito nasce prima che si formano le nostre idee, convinzioni e presupposti. È proprio questo che lo rende indispensabile.

Ascolta i suggerimenti che ti “sgorgano” nella testa quando stai per fare una scelta, è il momento ideale per mettere da parte la razionalità e affidarsi all’istinto che ti suggerisce un’altra strada.

In conclusione …
essere un grande comunicatore, ascoltare ciò che non viene detto, vuol dire essere consapevole che la “fetta più grande” del messaggio passa attraverso il linguaggio corporeo.

Ciò che non diciamo è più importante di quello che diciamo.
La mimica facciale, gesti, posture e il tono della voce, possono cambiare di molto la tua percezione e la tua comunicazione.

9 credenze da sfatare se vuoi lanciarti come libero professionista – parte 1

libero professionista

Nella mia professione di coach che svolgo presso SAG, di volta in volta, incontro giovani (e non solo) che mi annunciano il loro desiderio di lanciarsi nel mercato del Lavoro come libero professionista.
Coach, consulente, grafico, videomaker, fotografo, digital marketer, ecc.

È una bella cosa.
L’intraprendenza è sempre ammirevole.

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Purtroppo, per la stragrande maggioranza (per non dire tutti) il termine “lanciarsi” nel mercato sembra essere il più indicato.
Lanciarsi, infatti, dà l’idea di catapultatasi, buttarsi, lanciarsi appunto con poche consapevolezze e senza il … paracadute.

Malauguratamente, l’ideale regna incontrastato.
L’astratto domina.

Mi permetto di riportarti alla realtà…
non per placcare sul nascere le tue velleità,
sono sempre ammirato dal coraggio di chi desidera intraprendere una carriera da indipendente.

Però lascia che ti ricordi …

Libero professionista? Non sarà semplice. Non sarà facile.

Vuoi che ti dica il contrario?
Che avrai sicuramente una carriera grandiosa, più soldi, più riconoscimento e una vita appagante?

Ti dico che ci sono percorsi più facili da intraprendere.
Se stai cercando una strada facile, forse la libera professione non fa per te.

Non fraintendermi,
Chiedi a chi effettivamente lo fa,
ti dirà che essere imprenditore di se stesso può essere la scelta più incredibile e gratificante che abbia mai fatto.

Ma lo devi fare bene.
E per fare bene voglio dire lavorare bene.
Dedizione. Passione. Disciplina.

Certo, l’idea di lavorare in pigiama, e non avere il capo rompiballe che ti fiata sul collo ogni secondo può essere invitante.
Ma questo non significa che sia semplice.

Il prestigio ha un prezzo

La maggior parte dei liberi professionisti piuttosto che persone celebrate sono (spesso) più eroi solitari che combattono dure battaglie,
dormono sonni agitati e vengono scaricati dai clienti non appena il loro rendimento cala.
 


 
Non pensare che il successo sia semplicemente un riconoscimento per anni di lavoro 24/7 o un singolo progetto portato a termine brillantemente.

È il momento di guardarti allo specchio e avere una conversazione spietatamente onesta con te stesso.

Ecco alcune credenze “pericolose” che dovresti ristrutturare il prima possibile se desideri entrare nel mercato del Lavoro come libero professionista.

1. Non è un “vero” lavoro

La libera professione è un business “reale”, come qualsiasi altro.

Hai le stesse responsabilità di qualsiasi altro imprenditore.
Come qualsiasi altra attività, necessita di solide basi.

Dovrai combinare da solo un “ufficio intero”: il dipartimento pubblicitario, quello della contabilità, del marketing, cercare i clienti…
sempre e solo tu!

È necessario crescere costantemente, sviluppare, applicare nuove competenze,
espandere i legami professionali per rimanere a galla.

È vero! Puoi commentare sui social o recuperare la lavanderia quando vuoi.

Ti puoi prendere una pausa, andare a prenderti un aperitivo veloce senza dover chiedere il permesso a nessuno. È anche vero che rischi di “pagare” quello spritz (nel bel mezzo del pomeriggio) facendo la nottata sul progetto da ultimare.

Ti serve auto disciplina.
Perché ci saranno clienti insoddisfatti che ti chiederanno perché i progetti non sono finiti in tempo.
Dovrai essere molto bravo a resistere alle tentazioni.

Dovrai gestire il budget, la contabilità, il marketing, la promozione, tutti i “sistemi” che consentono alla tua attività di funzionare senza problemi.

2. Basta una “vagonata” di follower

Follower sembra la parola magica … non lo è.

L’idea (sbagliata) del guadagno facile e la gratificazione di avere migliaia di persone che seguono la tua vita.
 


 
I social diventa uno strumento “mordi e fuggi”, in cui monetizzare rapidamente e con scarso impegno senza però una concretezza dei risultati. Proprio questa mancanza, prima o poi farà scoppiare la “bolla”.

Essere influencer non significa (secondo me) essere visibili e riconoscibili, ma essere un riferimento concreto.

Se chiunque (o quasi) lo può fare … chiediti perché!
Fatti qualche domanda.

3. Come libero professionista posso lavorare anche solo un paio d’ore al giorno

Ad un certo punto, forse.
Di sicuro, non appena iniziato.

Se non vuoi che i clienti ti fiatino sul collo e non vuoi farli arrabbiare,
allora devi darti da fare.

Ciò significa programmare orari specifici in cui lavori, eliminando le distrazioni, e non perdere tempo in attività che non sono produttive.

Mantieni orari regolari.
Stabilisci un programma e rispettalo.

Come libero professionista puoi permetterti di dormire un’ora in più la mattina.
Oppure “staccare” per una siesta nel pomeriggio.

Ricorda solo che il lavoro deve essere fatto!
Poco importa se al mattino, al pomeriggio, alla sera.
La notte …

4. Tutti i liberi professionisti fanno un sacco di soldi

Pensi di guadagnare di più rispetto a un lavoro tradizionale? E in meno tempo?
Certo! È fattibile.

Ma ci vuole tempo.
Dovrai guadagnarti questa reputazione!

Non è un segreto che i migliori liberi professionisti si facciano addebitare tariffe più elevate.

All’inizio, la libera professione può essere più stressante dal punto di vista finanziario,
rispetto a quando hai un lavoro a tempo pieno (comunque sai che alla fine di ogni mese sul tuo conto bancario ti sarà accreditata una certa somma di denaro).

Ricorda … più che follower estasiati è importante concentrarsi sui clienti reali (che pagano le fatture).