13 errori che rendono ancor più dura la tua ricerca di lavoro – 1

cercare un lavoro

Cercare un lavoro può essere molto impegnativo,
infatti si dice che la ricerca di lavoro è a sua volta
un lavoro!

La maggior parte delle persone pensa che trovare un lavoro oggi sia (oltre una questione di fortuna) difficilissimo per via della troppa competizione e della crisi economica.

Cercare un lavoro potrebbe richiedere diversi mesi (o forse più) e mettere a dura prova la tua determinazione prima e la tua autostima poi.
I sentimenti d’insicurezza e di ansia (con il passare del tempo) prendono il sopravvento.

Oltre alla difficoltà intrinseca del processo,
spesso facciamo errori che ostacolano ulteriormente la ricerca di un lavoro.

Ecco 13 errori che ogni persona alla ricerca di un lavoro dovrebbe evitare:

1. Focus solo su di te

Quando si è alla ricerca di un lavoro (magari già da un po’ di tempo) è totalmente comprensibile sentirsi bloccati, frustrati e scoraggiati.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Si pensa al futuro, si è preoccupati,
si è concentrati su se stessi e sulla propria condizione.

Ricorda però che
i datori di lavoro assumono in base alle loro esigenze (aumentare i profitti,
bilanciare il carico di lavoro di un team, espandere un reparto, ecc.)
e non seguono i tuoi bisogni.

Delle tue necessità o urgenze si interessano ben poco.

È di fondamentale importanza rimanere concentrati sulla soddisfazione dei bisogni dei potenziali datori di lavoro…
e non proiettare su di loro i tuoi desideri, aspettative,
risentimenti e amarezza.

2. Sei negativo e pessimista

Se ti convinci di non essere “abbastanza” per quella posizione o pensi che nessuno ti chiamerà mai,
perdi un sacco di opportunità.

Il cinismo, l’amarezza e il pessimismo si trasmettono nei colloqui di lavoro –
anche se ti sembrerà strano, succede anche nelle lettere e nelle email –
e questi atteggiamenti negativi possono affondare le tue possibilità.

Invece di lamentarti,
pensa a come puoi mostrare il tuo valore durante la ricerca di lavoro.

 


 

Riserva le tue frustrazioni personali per un amico o un familiare.
Circondati il più possibile di persone positive,
che lavorano (anche disoccupate ma positive)
e la tua energia automaticamente comincerà ad attrarre piuttosto che allontanare.

3. Sei troppo indolente – cercare un lavoro diventa ancora più difficile

“Mi spezzo ma non m’impiego.”
Achille Campanile

Purtroppo il cellulare non squilla da solo.
Nessuno viene a bussare alla porta di casa tua.
Non accade nulla se non fai nulla,
è talmente logico da essere banale.

Invece,
insegui attivamente le opportunità.
Otterrai risultati migliori essendo proattivo.

È importante la dedizione e la disciplina.

Crea un piano e una routine di ogni giorno,
sviluppa un programma,
fissa degli obiettivi,
e cerca di essere il più possibile attivo e produttivo.

A quel punto sarai anche …
attrattivo!

4. Punti alla quantità piuttosto che alla qualità

Quando sei alla ricerca affannosa di un lavoro,
è facile dimenticarsi dei buoni propositi ed enfatizzare la quantità rispetto alla qualità.

Invece di pensare quanto sei bravo perché sei riuscito a inviare 10 CV in una sola serata con il più classico dei copia-incolla,
concentrati sulla presentazione di materiali di prima qualità per ruoli cui sei veramente interessato.

Vince la personalizzazione!

Per approfondire leggi il mio post 5 scuse comode comode per non personalizzare la tua candidatura

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per il tuo colloquio vincente.
 

5. Ti candidi per posizioni sbagliate

Quando il panico comincia a fare capolino (perché il tempo passa e il lavoro stenta ad arrivare),
può capitare di pensare che abbassando le pretese,
le richieste, la posizione e lo stipendio si possa risollevare l’interesse verso la nostra candidatura.

Spesso si sollevano solo le sopracciglia di chi legge il tuo CV.

Il responsabile delle assunzioni può presumere che stai facendo esattamente quello che stai facendo:
arrampicarti sugli specchi.

Un mio cliente (area manager del settore lusso) viste le risposte negative nella sua posizione si era incaponito (inutilmente) nell’inviare candidature come addetto alla vendita,
pensando di suscitare chissà quali clamori.

Spesso scendere è più difficile che salire.

Non c’è niente di male nell’accettare una posizione meno qualificata.
Non sprecare il tuo tempo e i tuoi dossier di candidatura per ruoli che sarebbero stati palesemente interessanti dieci anni fa.

6. Non sai ottimizzare il tempo

La ricerca di un lavoro non dovrebbe essere un lavoro a tempo pieno!

Cercare un lavoro è un impegno faticoso,
prosciugante a livello energetico perché tocca tasti a noi sensibili,
su una base di ansia ed emotività.

Se ti arrovelli in queste emozioni tutto il santo giorno (in breve tempo)
la tua energia andrà persa e rischierai di entrare in un loop negativo e pericoloso.

Ti consiglio di passare 4 ore filate al giorno (scegli le ore quando ti senti al tuo massimo energetico) concentrati e impegnati nelle ricerche,
scrivi lettere di candidatura e allenati nelle interviste di lavoro.

Le altre ore dedicale alla cura di te stesso (palestra, corsa, hobby, ecc...),
staccati il più possibile per ricaricare la tua “batteria” energetica.
Ti servirà.

Continua a leggere la parte 2.

13 linguaggi del corpo che come donna dovresti evitare per non perdere credibilità – 2

donna al lavoro

Leggi anche la parte 1.

7. Tono della voce ascendente

Le voci delle donne,
spesso lievitano verso l’alto alla fine delle frasi (come se fosse una domanda o quando si chiede approvazione).

Così facendo, si mette in discussione il proprio modo di comunicare e si dà l’impressione che non si abbia fiducia in quello che si dice.
Così, è difficile essere autorevoli.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Se stai dando una disposizione o una direttiva a un tuo collaboratore,
il tono della tua voce deve scendere verso il basso alla fine di ogni frase.

8. Aspettare il proprio turno per parlare

Nei negoziati e nelle discussioni,
gli uomini parlano più delle donne e interrompono più frequentemente.

Se vuoi essere ascoltata,
parla.

Se qualcun altro sta parlando e vuoi prendere la parola,
non aver paura di interrompere,
con garbo ma con fermezza.

Essere troppo cortesi,
aspettare pazientemente il proprio turno per parlare ed esprimere il proprio parere,
(specialmente in una organizzazione piena di forti personalità)
può trasformarti in una statua di cera.
Muta.

9. Essere eccessivamente espressiva

Quando vuoi aggiungere passione e significato al tuo messaggio,
una certa quantità di gesti e di espressività può senza dubbio aiutare.

Le donne che esprimono l’intero spettro di emozioni e danno sfogo alla loro espressività possono
essere considerate i clown dell’ufficio.

Quindi,
se vuoi massimizzare il tuo carisma e la tua autorità,
riduci al minimo i movimenti.

10. Stretta di mano troppo delicata

Poco importa se sia giusto o sbagliato,
molte persone ti giudicheranno immediatamente dalla tua stretta di mano.

Una stretta di mano ferma e decisa crea subito un’impressione positiva,
mentre una molle ti “dipinge” all’istante come passiva e priva di fiducia.

 


 

La donna al lavoro che stringe la mano con fermezza trasmette un’impressione più positiva e ha maggiori probabilità di essere giudicata sicura e assertiva.

11. Flirtare

Come donna perdi il vantaggio competitivo quando inizi – anche in modo inconscio – a flirtare (utilizzando i comportamenti non verbali come sorridere molto, ammiccando, sporgendosi in avanti, giocherellando con i capelli, ecc).

Anche se fatto in modo sottile,
civettare e stuzzicare può smorzare le persone a interagire con te.
Si perde in autorevolezza.

12. Guardare le persone in modo ambiguo

Immagina un triangolo sulla faccia del tuo interlocutore (gli occhi sono la base e il centro della fronte il vertice).
Ecco dove dovresti guardare quando stai interloquendo con qualcuno sul posto di lavoro.
La gente capirebbe che fai sul serio.

Ora,
rovescia il triangolo (gli occhi sono ancora la base ma stavolta il vertice è la bocca).
Ecco dove le persone guardano in un ambiente sociale,
quando flirtano.

Ecco perché in un ambiente aziendale, uno sguardo sociale può essere interpretato come civettuolo,
ambiguo, seducente,
poco serio e poco autorevole.

13. Look non adeguato

L’abito è una forte dichiarazione visiva di come si vede una donna al lavoro.

Un look appropriato può davvero rilevarsi un vantaggio e un forte impatto per il successo.

Così una donna di buon senso cambierà il suo look in base alle situazioni aziendali specifiche. Non viene richiesto tanto di far girare la testa ai passanti quanto di sentirsi in ordine e a proprio agio,
soprattutto sul luogo di lavoro.

 
More: scopri il servizio di coaching ideale per potenziare la tua team leadership
 

Una donna dovrebbe evitare (come il fuoco):
uno stile non appropriato per l’età o troppo sexy, poca cura personale,
capelli perennemente sporchi e legati, ricrescita di settimane,
smalto sbeccato da giorni e altre sciatterie,
profumo troppo forte, make up eccessivo, gioielli vistosi e rumorosi, ecc.

La donna al lavoro sicura di se è anche arrogante e sfrontata?

Sbagliato.
Purtroppo, questo è un timore di molte donne.

Si può mostrare fiducia e sicurezza di sé ma anche comprensione e femminilità, pur avendo una posizione lavorativa di responsabilità, gestendo team e budget anche importanti.

Anche la donna può essere assertiva senza aver paura della propria femminilità: essere sexy e femminile non è l’antitesi dell’essere una donna indipendente,
libera e di potere.

“Date alle donne occasioni adeguate ed esse possono fare tutto.”
Oscar Wilde

13 linguaggi del corpo che come donna dovresti evitare per non perdere credibilità – 1

donne al lavoro

“La questione non è chi mi darà il permesso,
ma chi mi fermerà”

Ayn Rand

Tutti i leader sono giudicati (anche) dal loro linguaggio del corpo.
Tutti i leader-donna sono giudicate (soprattutto) dal loro linguaggio del corpo…
ma anche tutte le donne al lavoro sono giudicate dal loro linguaggio non-verbale.

Se una donna vuole essere percepita come potente,
credibile e sicura di sé,
deve essere consapevole dei segnali del corpo (quelli non verbali) che sta inviando.

Donne al lavoro? Il linguaggio non verbale è -quasi- tutto

Nel mio libro “Autorevolezza” ho scritto dei problemi di una team leader a gestire i suoi colleghi maschi:
“Mi rendo conto che non mi hanno mai preso sul serio.
È come se pensassero che stia sempre flirtando con loro.
Ma ti assicuro che non lo sto facendo!”.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.


Il punto era che…
la team leader durante le interazioni legate al lavoro (in un ambiente prettamente maschile) utilizzava uno “sguardo sociale”;
spostando lo sguardo (inconsciamente) e la sua attenzione nella zona tra gli occhi e la bocca.

E uno sguardo sociale può essere interpretato come provocante,
anche in un ambiente aziendale.

Spesso le donne al lavoro sono inconsapevoli dei loro messaggi non-verbali che riducono la loro autorità ed esprimono vulnerabilità,
soggezione o asservimento.

Ecco 13 errori del linguaggio del corpo a cui le donne leader (e non solo) dovrebbero prestare attenzione e che dovrebbero accuratamente evitare:

1. Testa troppo inclinata

Quando stai ascoltando qualcuno che parla, non è raro inclinare la testa da una parte.
È un segnale positivo,
vuol dire che sei in ascolto e sei coinvolta.

È un gesto particolarmente femminile che (tuttavia) è meglio usare con parsimonia in ufficio perché inconsciamente è elaborato come segnale di asservimento e sottomissione.

Se desideri proiettare potere e autorità dovresti tenere la testa verso l’alto in una posizione più neutrale.

2. Presenza fisica “ristretta”

Le donne al lavoro che si sentono meno sicure tendono a “ritirarsi” nei loro corpi e ridurre al minimo le loro dimensioni (i gomiti stretti ai fianchi, gambe incrociate e mani molto vicine al corpo) in contrapposizione ai “maschi dominanti che si espandono e occupano più spazio”.

 


 

Così in ambiente professionale,
questa “contrazione” può essere facilmente interpretata come un segno che non senti o non meriti alcun potere (altrimenti perché non occupare più spazio,visto che puoi).

“Restringere” il tuo corpo può far sembrare che tu stia chiedendo di essere ignorata e non essere notata.

3. Gesti adolescenziali

Strofinarsi le mani, attorcigliare i capelli, giocare con gioielli e mordicchiarsi un dito non sono gesti visti molto positivamente sul posto di lavoro,
soprattutto se ci si aspetta di proiettare un’immagine di potere e autorità.

Le donne quando si comportano da adolescenti sono percepite come molto meno potenti.

4. Parlare con tono troppo basso

Non c’è niente di sbagliato nel parlare a bassa voce.
In molti luoghi di lavoro, però, è necessario parlare con un tono più alto se si desidera che le persone prestino davvero attenzione.

Esercita la tua voce,
lavorando su volume e chiarezza.

5. Essere eccessivamente sorridente

Lo so, lo so…
Anch’io su molti post ho scritto di sorridere spesso perché la gente ama il sorriso e che è un potente spunto non-verbale.
Beh! È ancora un buon consiglio,
ma fai attenzione al contesto.

Quando eccessivo o inappropriato,
il sorriso può essere anche fonte di confusione e di perdita di credibilità.

 
More: scopri il servizio di coaching ideale per potenziare la tua team leadership
 

In particolar modo se si sorride mentre si discute di un argomento serio,
si esprime rabbia o si stanno dando risposte o feedback negativi.

Quando si parla di qualcosa di serio, lo sguardo deve essere serio.
Quando si parla con un cliente arrabbiato,
sorridere farà sembrare che tu non stia prendendo sul serio il suo problema o reclamo.

6. Annuire costantemente

Quando una persona annuisce,
vuol dire che è d’accordo, sta ascoltando,
sta empatizzando o incoraggiando l’interlocutore a continuare a parlare.

Annuire in modo eccessivo può portare però a qualche problema di comunicazione,
che si rivelerà particolarmente fastidioso durante le interazioni sul posto di lavoro.

Annuire costantemente può esprimere incoraggiamento e ascolto,
ma non autorità e potere.

Continua a leggere la parte 2.

Ricerca di lavoro? 8 emozioni che devi imparare a gestire

ricerca di lavoro

La ricerca di lavoro può evocare tutta una serie di emozioni.

È una cavalcata emozionante (nel senso che le emozioni possono salire, abbassarsi,
risorgere di nuovo e ripresentarsi – all’improvviso – con impeto sempre maggiore).

Un mare agitato di pensieri tempestosi,
suggestioni contrastanti e turbamenti passeggeri.

Se non ti è mai successo …
non puoi capire.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Saper gestire le emozioni durante la ricerca di lavoro significa essere in grado di condizionare i propri pensieri ed evitare che apprensioni e timori gestiscano completamente la tua mente. Ecco le 8 emozioni che devi imparare a gestire:

1. Incertezza

Quando il tempo passa …
cresce l’insicurezza di non sapere quando la ricerca di lavoro si concluderà.
Quando ne verrai fuori.
Quando troverai (finalmente) un nuovo lavoro.

Ti senti perso,
non sai dove sbattere la testa.
Domande, incognite, ipotesi affollano la tua mente sulle possibili azioni da intraprendere,
i pensieri vanno in tilt e per quanto ti sforzi,
sembra difficile trovare una soluzione praticabile.

Inizi a immaginare potenziali scenari sempre più negativi …
ti chiedi se vale la pena fare tanta fatica per niente e hai la tentazione di mollare tutto
beh, non farlo!

2. Frustrazione

Sensazione d’insignificanza che deriva (spesso) dalla mancanza di risposte alle numerose candidature.

Nel mio lavoro di coach a contatto con persone alla presa col reinserimento professionale,
osservo che quando le aziende rispondono (anche se negativamente) le persone avvertono – per lo meno – la sensazione di esistere.

La frustrazione è massima invece quando non succede niente.
Non una misera mail, una breve telefonata, uno straccio di lettera …
Niente di niente …

Il nulla assoluto che ti spinge a …
controllare la connessione internet del tuo PC e il postino (che forse) sta imbucando da un’altra parte la tua corrispondenza.

Se non ti è mai successo,
non puoi capire …

3. Rabbia

Man mano che realizzi quanto sta accadendo,
monta la tua rabbia verso con il capo, i titolari,
l’azienda, i colleghi traditori, la globalizzazione, le multinazionali,
il “Trump” di turno che ha generato tutto questo.
 


 

Se hai la possibilità di “buttare fuori”, puoi scaricarti e sfogarti,
altrimenti la rabbia continuerà a ribollire dentro di te.
Contro gli altri,
e contro te stesso.
Perché non sei capace di reagire.
Di tirarti-fuori.
Non sei stato capace.

La soluzione è canalizzare questa rabbia (che è pura energia – forza) verso le azioni necessarie per scuotere-e-risolvere la questione.

4. Gestione del rifiuto

Come coach posso affermare (senza possibilità di smentita) che se vuoi “allenare” la tua resilienza nella gestione dell’insuccesso, non devi fare altro … che essere disoccupato.

I continui rifiuti richiamano immediatamente l’idea di un giudizio negativo,
di una disapprovazione inappellabile nei nostri confronti, non essere all’altezza,
non piacere agli altri, avere qualcosa che non va.

Per quanto doloroso e sgradevole sia,
il rifiuto è parte integrante della vita.

Vale per me, per te, per tutti …
anche (e soprattutto) per le persone di maggior successo che hanno ricevuto tantissimi rifiuti e porte in faccia.

5. Tristezza

Vedere gli altri andare in vacanza,
invidiare amici e parenti che sono al mare a godersi la vita mentre tu stai continuando una ricerca che sembra senza fine.

In questo difficile percorso emotivo puoi provare momenti di abbattimento quando pensi a ciò che hai perso, alle aspettative svanite e agli errori commessi.
 

 

Questa sensazione di malinconia può portarti a perdere energia e voglia di fare,
ma anche a riflettere su te stesso,
sul tuo passato e sul tuo presente,
su quelli che sono i veri valori,
ciò che conta davvero nella tua vita (potrebbe essere un momento “magico” e irripetibile sotto diversi aspetti).

6. Imbarazzo

Se hai perso il lavoro,
e sei alla (disperata) ricerca ti sarà certamente successo di aver incrociato qualcuno che non vedevi da un po’ e di aver pensato “Azz! Proprio adesso …”.

La banalità della nostra epoca non ti fa sconti:
se incontri qualcuno che non vedi da un po’,
la domanda che ti farà sarà sempre la stessa “Cosa fai adesso?”

Imbarazzo.
Tanto imbarazzo.
Si va da una risposta finto-brillante, alla pura-menzogna o una mesta ammissione con un finale malinconico tipo “Così è la vita”.

Se ci sei passato e incontri qualcuno che non vedi da un po’ …
fa la cosa giusta … non chiedere niente!
Resta nel vago.
Altrimenti il suo imbarazzo diventerà il tuo imbarazzo.

7. Senso di ingiustizia

Man mano che realizzi quanto sta accadendo,
monta il tuo rancore verso il sistema.
Il mondo.

Ti senti defraudato, ingannato,
deluso, senti che non è giusto.
Ingiusto.

Purtroppo,
il senso di giustizia non è altro che un’idea astratta.
Un concetto assolutamente irreale che ha il potere di influenzare il tuo stato d’animo.

Non puoi basarti sulla presenza o meno di giustizia che vedi intorno a te.
Cerca di avere una visione più obiettiva e reale del mondo.

8. Gioia per la fine della ricerca di lavoro

Quando,
dopo una lunga attesa, finalmente arriva la chiamata,
il colloquio e l’assunzione … allora esplode la gioia!
Sì, ci hai creduto e ce l’hai fatta!
E’ stata dura ma ci sei riuscito!

Adesso che sei arrivato alla meta puoi guardare indietro e avvertirne il senso.
Il disagio di dover fare qualcosa che non ti è mai stato insegnato a scuola o semplicemente cui non eri preparato.

Non è stato affatto semplice la ricerca di lavoro, sei caduto e ti sei rialzato,
la tua frustrazione è stata messa a dura prova.
Le prove che ti hanno fatto così tanto patire ti hanno reso più forte.

Adesso,
puoi guardare avanti con fiducia e consapevolezza.

“Questa parte della mia vita,
questa piccola parte della mia vita si può chiamare Felicità!”

Chris Gardner – (Will Smith) – La ricerca della felicità

10 errori da evitare quando ti chiedono “Mi parli di lei?” – 2

parli di lei

Leggi anche i primi 4 punti.

5. Elencare semplicemente una lista delle tue qualità

Se utilizzi la presentazione per decantare le tue lodi e magnificare le tue qualità d’impiegato o manager rischi di annoiare il tuo interlocutore.

Evita di trasformare questa presentazione in una lista (semplicista e scontata) delle tue qualità.
“Sono puntuale, flessibile, organizzato, competente, professionale …”
Ah si? Bravo, ma chi non lo è?

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Non esagerare, ma non sottovalutarti nemmeno;
sii specifico e concreto,
quanto più possibile,
è il modo migliore per centrare l’obiettivo!

Inoltre,
non cercare di “venderti” durante la presentazione,
(è troppo presto)
perché così facendo sarai percepito come una persona che mira esclusivamente al posto di lavoro ed è più concentrata sui propri bisogni piuttosto che su quelli dell’azienda.

6. Essere “troppo” modesto

Non sono pochi i professionisti (di ogni età e settore) che, nonostante indubbie preparazioni e capacità, odiano dover parlare di loro stessi, sono umili e vaghi,
non sono a loro agio nel “vendersi” e non riescono a comunicare chiaramente la loro preparazione.

Così sembrano essere le persone meno competenti del mondo.
E non lo sono.
Che peccato!

Se ti prepari,
puoi trovare un modo per presentarti al meglio pur rimanendo fedele alla tua personalità.

Ricordiamoci che parlare di te stesso, dei tuoi successi e delle tue realizzazioni, non è boria,
arroganza o presunzione.

Quando parli di un risultato, parli di un dato di fatto.
Quando parli di come hai risolto un problema, hai imparato una nuova abilità
o collaborato con il team, stai parlando di fatti concreti.

Non aver paura di parlare dei risultati che hai raggiunto.

7. Mentire quando ti chiedono Mi parli di lei

A molte persone piace – in un colloquio di lavoro – mentire, esagerare o gonfiare quel che raccontano mentre descrivono le proprie abilità e competenze.

 

 

È un grosso rischio.
Se il datore di lavoro scoprirà che hai mentito,
le conseguenze saranno inevitabili!

8. “Bene, che cosa vuol sapere?”

O peggio
“Vuol sapere della mia esperienza di lavoro, della mia formazione, che tipo d’informazione stai cercando?”
Complimenti. Sei partito malissimo!

Perché una risposta come questa dice a un intervistatore che sei impreparato per una domanda non strutturata.

Mi parli di lei … può essere interpretato in molti modi diversi;
tuttavia,chiedere troppi chiarimenti ti fa solo apparire esitante e confuso.

9. Lamentarsi dell’ex capo o datore di lavoro

“Lingua lunga – carriera corta”.
Žarko Petan

Non vedi l’ora di sfogarti contro il tuo ex capo o datore di lavoro con sorrisini e frasi sarcastiche?

Le esperienze negative, i torti, le ingiustizie, le sopraffazioni del passato ti possono rendere rancoroso e suscettibile.
È normale e anche comprensibile.

In fase di colloquio di lavoro, essere astioso e pieno di risentimento verso il tuo precedente datore di lavoro non piace alla persona che ti sta intervistando,
poiché denota insofferenza e potenziale insubordinazione.

In generale, ogni tipo di lamentela (per quanto giustificata possa essere) va accuratamente evitata.

 


 

Meglio armarsi di sorriso,
positività e convinzione e abbandonare ogni traccia di rancore, risentimento o diffidenza.

Se vuoi approfondire leggi il mio post Parlare male del ex datore di lavoro è da rosso diretto

10. Parlare di stipendio e mutuo da pagare

Fai attenzione a cosa dici (quando rispondi a mi parli di lei) riguardo queste categorie.
Se sei interessato al lavoro solo per motivi di soldi o perché è vicino a casa – e lo ammetti senza problemi –
darai l’impressione di non voler aiutare l’azienda ad avere successo.

Sappiamo bene tutti che non si vive di sola aria.
Stipendio, vacanze, orario flessibile o altri benefici sono importanti.
Altro che.

Parlare di vil-denaro però il più delle volte può trasmettere un messaggio sbagliato (soprattutto in fase di introduzione) perché denota un maggiore interesse per la retribuzione rispetto al compito e alla mansione.

Ecco 10 errori da evitare quando ti chiedono “Mi parli di lei?”.
Come comportarsi allora in modo efficace? Approfondisci cliccando qui.

10 errori da evitare quando ti chiedono “Mi parli di lei?” – 1

parli di lei

“Ho letto il suo CV, potrebbe dirmi qualcosa di più su di lei?”
“Come la descrivono i suoi amici?”

“Mi parli di lei”
La più semplice delle domande.

È una delle domande più comuni;
è (quasi) garantito che la sentirai,
indipendentemente dal settore,
tipo di lavoro e livello di esperienza.

“Mi parli di lei” … la domanda più facile?

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Parlare di te dovrebbe essere la cosa più facile da fare, vero?
Eppure siamo in tanti ad arrivare impreparati, impacciati,
non all’altezza.

Per l’intervistatore (invece) è il modo più semplice per rompere il ghiaccio e iniziare la conversazione,
mettere alla prova la tua “preparazione” mentale, costringerti a uscire dalla zona di comfort
e farti sentire (un po’) a disagio.

Grazie a questa domanda non strutturata l’intervistatore può iniziare a misurare la tua capacità di affrontare situazioni strane e inaspettate.
Non male per una domanda così innocua (all’apparenza)!

Ecco 10 errori da evitare quando ti chiedono “Mi parli di lei?”:

1. Non andare oltre le 2-3 frasi

Pur sapendo che questa è una domanda comune,
molti intervistati rimangono spiazzati e non riescono ad andare oltre a poche frasi di rito e per di più scontate e prevedibili.
Banalissime.

Il tuo nome, le scuole in cui hai studiato, la professione che hai svolto,
il tutto intercalato da “Uhm … uhm …” che indicano una scomoda verità …
sulla tua preparazione.

2. Raccontare della famiglia, invece di te stesso

“Mio padre è …, mia madre è …, ho una sorella che studia a Parigi …. Amo le passeggiate in montagna. Mi piace dipingere con l’acquarello …“.

Anche se potrebbe essere il modo più semplice per rispondere a questa domanda.
l’errore più comune che puoi fare è parlare troppo della tua famiglia,
della tua vita personale e dei tuoi hobby.

Non è un tuo primo appuntamento.
Il tuo intervistatore non vuole sapere se ti piace l’Aperol spritz,
il parapendio o camminare a piedi nudi sulla spiaggia.
 


 

In un colloquio di lavoro,
devi concentrarti su chi sei come professionista (a meno che un fatto personale non sia in qualche modo correlato con il posto di lavoro a cui ambisci).

3. Ripetere paro-paro il CV

Molti candidati (senza accorgersene) rispondono a questa domanda partendo con uno scontato “Come si vede dal mio curriculum …” e continuano con una monotona recita passo-passo del loro CV.

Mi parli di leinon è un invito a elencare semplicemente le tue esperienze passate che sono già elencate nel tuo dossier.
Chi ti sta selezionando le ha già viste,
annotate ed evidenziate.
Non serve ripeterle.

4. Esitare, divagare o andare troppo indietro negli anni

Se esiti durante il colloquio comunichi al tuo intervistatore di essere impreparato.
Una risposta prolissa, troppo lunga,
può dare (invece) l’impressione che tu sia insicuro e poco concentrato e rischia di danneggiare le probabilità di ottenere il lavoro.

Non lanciarti nella recita del tuo curriculum partendo dall’inizio … della tua vita!
È noioso, potrai confondere il tuo intervistatore con un sovraccarico d’informazioni, e, quando arrivi finalmente al punto,
il tuo intervistatore potrebbe pensare al suo pranzo.

Piuttosto, sii breve.
Conciso.
Massimo (ma proprio massimo) 2 minuti.
 

Leggi anche gli altri 6 punti.

5 scuse comode comode per non personalizzare la tua candidatura

non personalizzare la candidatura

“Oggi per i giovani ci sono tante occasioni, e quindi anche tanta concorrenza.
Quasi nessuno, però, fa lo sforzo di essere originale e diverso dagli altri.”

EDOARDO VIANELLO

Probabilmente ogni volta che leggi che sarebbe più incisivo ed efficace personalizzare ogni tuo singolo dossier di candidatura,
alzi gli occhi al cielo e pensi “Lo so, lo so, ma, boh, che palle …”!

Sai che è un buon consiglio,
ma sai che richiede un po’ di lavoro in più.

E così comincia il gioco del rimando,
della procrastinazione,
del “Lo farò domani”, “Lunedì”, ecc…

Perchè personalizzare la candidatura? Cambi il destinatario e il gioco è fatto!

E quando vedi un annuncio di lavoro interessante,
anziché prendere “ago e filo” e cominciare il tuo lavoro su-misura,
cambi semplicemente il destinatario e con un (abile) colpo sul tasto “invio” …
chiudi la pratica!

Facile, rapido, comodo.
Efficace, no.

Comunque …
se non lo fai tu,
qualcun altro lo farà, al posto tuo!

Ecco 5 scuse che (probabilmente) stai utilizzando per non personalizzare la candidatura:

1. “Devo sbrigarmi altrimenti arrivano prima i concorrenti

“Non ho tempo per personalizzare,
devo inviare il tutto prima che lo faccia qualcun altro.
Prima l’invio, meglio è.
Sarò il primo
”.

Sì, a finire nel cestino.

Tutto quello che vuoi, è inviare al più presto la tua candidatura,
in modo da anticipare gli altri.

Probabilmente il tuo dossier sarà visto prima di altri,
ma potrebbe non essere un gran vantaggio, se non piace a chi la esamina.

 


 

Infatti, molti selezionatori dicono che i primi dossier, che arrivano nella loro casella di posta, sono i peggiori,
perché precipitosi e (spesso) incompleti.

Altri selezionatori diffidano (e cestinano senza guardare) una candidatura ricevuta poche ore dopo l’uscita dell’annuncio.
Motivo?
Ritengono che non ci sia stato il tempo materiale di personalizzare la candidatura, studiare l’azienda, la posizione, ecc…

Le offerte di lavoro non appaiono e scompaiono in una notte.
Ciò significa che hai tutto il tempo di personalizzarle!

E poi … in riferimento all’urgenza di inviare, ricorda che:
ci sarà sempre concorrenza,
non importa quanto velocemente invierai il tuo dossier.
La concorrenza è dappertutto.

2. “Copy paste? Sì, tanto non se ne accorge nessuno

Ah, si, credi davvero!

Un selezionatore esperto si accorge in pochi secondi se ha davanti un candidato che ha personalizzato la sua presentazione oppure
se sta leggendo una candidatura generica,
standard,
inviata in massa con il più classico dei copia-incolla.

3. “È un lavoro noioso che prende tempo

Ci vuole un po’ di lavoro (ma neanche tantissimo – non ne farai una tragedia) per personalizzare curriculum e lettere di presentazione per ogni singola offerta a cui intendi candidarti.

Ma questo sforzo vale ogni minuto del tuo tempo.

Anche se sei la persona più qualificata, sarai messa (giustamente) in secondo piano nel processo di selezione,
rispetto a chi ha investito del tempo per informarsi e personalizzarla.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per il tuo colloquio vincente.
 

Quindi rimboccati le maniche,
e inizia il tuo lavoro di sartoria “su misura”.

Per personalizzare la candidatura, non è necessario ri-scriverla ogni volta,
basta variarne un 25-30%, tutte le volte,
in funzione dell’offerta alla quale stai rispondendo.

4. “Non so come pormi alla società” oppure “Non so dove prendere le informazioni

… e siccome non lo so,
invio il materiale che ho già pronto!

Personalizzare la candidatura vuol dire (anche) “lavorare” sulle singole parole,
il modo di porsi, di presentarsi, di comunicare,
con il potenziale datore di lavoro.

Se c’è una cosa che si dovrebbe sempre fare,
indipendentemente dall’azienda,
è visitare il sito web per cercare di intuirne il “tono” e le tipicità.

Quale immagine trasmette l’azienda? Trendy, classica o “alla mano”?
Il linguaggio usato nel sito è informale, tecnico o “pomposo”?
Ci sono molti termini tecnici o in inglese?
Nella sezione “Chi siamo” ci sono foto o ritratti di ogni singolo componente del team? Cosa vedi”?
Persone seriose in giacca-e-cravatta o sono tutti sorridenti, scialli e giovanili.

Anche se potrebbe non essere una scienza esatta,
sarai d’accordo con me, che si dovrebbe cambiare il modo di presentarsi se l’azienda è una multinazionale o una piccola realtà a conduzione familiare?

Se vuoi approfondire come trovare info sull’azienda a cui ti candidi leggi il mio post.

5. “Tanto nessuno la leggerà comunque

Non poteva mancare.
Un classico.

Non nascondiamoci:
più della metà dei selezionatori non leggono i dossier di candidature.
E questo potrebbe bastare per non preoccuparsi di fare qualcosa di speciale con la tua candidatura.

Ma non dimentichiamoci di quelli che la leggono.
Che sono tanti,
comunque.

Se poi dovessero leggere il tuo dossier e trovarsi davanti a una
copia scialba, incolore, standardizzata,
prodotta in serie.
Come la prenderanno?
Anche tu vuoi essere trattato come unico e speciale?

Dietro un’azienda ci sono persone.
Chi legge la tua candidatura è una persona.
Né più né meno come me e te.
Non puoi creare una singola candidatura e inviarla a tante aziende pensando di risparmiare tempo e fatica.

Ogni annuncio di lavoro è diverso …
anche la risposta all’annuncio deve essere unica e personalizzata.

14 modi di gestire il corpo che minano la tua immagine di leader – 2

immagine di leader

Leggi la parte 1 del post14 modi di gestire il corpo che minano la tua immagine di leader“.

7. Mangiarsi le unghie o giocherellare con i capelli

Tutti facciamo gesti inconsapevoli quando siamo nervosi e sotto stress.

Chi si strofina le mani,
chi afferra la loro parte superiore delle braccia,
altri si mordono la bocca e si toccano il collo.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Le donne (soprattutto) sono viste come timorose, ansiose o distratte quando assumono comportamenti da teenager tipo
gingillarsi con i capelli,
giocherellare con la collana
o mordersi un dito.

Le persone ti percepiscono come eccessivamente preoccupata per il tuo aspetto fisico e non abbastanza concentrata sul lavoro.

8. Espressioni non corrispondenti

Se (per esempio) stai dando un feedback negativo a un collaboratore,
sorridendo forzatamente e in modo nervoso,
non aiuterà a trasmettere il giusto messaggio.

L’altra persona si sentirà a disagio.

Anche se non sa esattamente il motivo,
quando si trasmette incoerenza tra le parole e le espressioni,
le persone avvertono contraddizione,
sospettano che stai tramando qualcosa o che stai cercando di ingannarlo.

9. Stretta di mano molliccia

Si dice che un bel sorriso, guardare negli occhi accompagnando il tutto con una ferma stretta di mano … faccia miracoli!
Verissimo!

Una stretta di mano debole è indice di mancanza di autorità e fiducia,
non è conforme all’ immagine di leader che vuoi dare,
mentre una stretta di mano troppo forte potrebbe essere percepita come aggressiva e dominante.

 


 

Adatta la stretta di mano a ogni persona e situazione,
ma assicurati che questo (semplice) gesto sia fatto con decisione.¨

10. Espressione del viso accigliata

Lo stress, la pressione, il target da raggiungere,
gli imprevisti e previsioni che saltano prosciugano (ogni giorno) le nostre energie.

Ansia e preoccupazioni “scavano” sui nostri visi espressioni
gravi e imbronciate.
Infelici.

Anche se non ti senti così,
invii messaggi che sei arrabbiato,
teso e poco incline al contatto.

Un’espressione corrucciata allontana le persone.
Sorridere, invece, suggerisce che sei aperto, affidabile, sicuro di sé e amichevole.

11. Parlare al cellulare e girare come una trottola

Parlando al cellulare è facile che, senza accorgerti,
inizi a camminare o girovagare senza meta.
Ora qua, ora là, adesso qui e poi ricomincia il giro …

Camminare mentre si è al telefono,
è un’azione automatica che serve a tagliare fuori tutti gli stimoli sensoriali provenienti dall’esterno,
per concentrarci maggiormente sulla conversazione.

Niente di male ci mancherebbe …
ma muovendoti continuamente (e nervosamente) in spazi chiusi del tuo luogo di lavoro crei attorno a te un clima di nervosismo che può influenzare e condizionare i tuoi collaboratori.

Pensaci la prossima volta che cominci a girare come una trottola.

 
More: scopri il servizio di coaching ideale per potenziare la tua team leadership
 

12. Avvicinarsi o allontanarsi troppo può minare la tua immagine di leader

Se ti avvicini troppo a qualcuno,
prendi il braccio, appoggi la mano sulla spalla,
invadi lo spazio dell’altro,
ti prendi confidenze senza il permesso,
diventi aggressivo e indisponente.
Significa che non hai rispetto o comprensione per lo spazio personale dell’altra persona.

Al contrario, se mantieni troppo le distanze (2-4 metri) mandi segnali di freddezza e di rifiuto.

Per non sbagliare in genere è meglio tenere una distanza di 1-2 metri.

Così sarai abbastanza vicino da interagire, senza fare sentire a disagio le persone.
Distanze inferiori a 1 metro sono di solito riservate per la famiglia e gli amici.

13. Essere eccessivamente espressivo o esagerare con i gesti

Pochi (e giusti) gesti mentre parli
aggiungono passione, espressività, entusiasmo al tuo messaggio.

Gesti troppo zelanti o esagerati possono indicare che sei caotico o che stai
cercando di “drammatizzare” quello che stai dicendo.

Se comunichi con le mani,
cerca di non esagerare.

Utilizza piccoli gesti controllati per mostrare forza e fiducia,
la tua immagine di leader.
Mostra i palmi delle mani per comunicare che non hai nulla da nascondere.

Se vuoi massimizzare la tua autorevolezza,
riduci al minimo i movimenti.

14. Guardare continuamente il cellulare

Parla pure … ti ascolto”.

E intanto smanetti-come-un-forsennato sulla tastiera del cellulare e con la testa annuisci per dare una minima parvenza d’ascolto.

Guardare il cellulare mentre parli o ascolti (ascoltare è però tutta un’altra cosa) con qualcuno è un chiaro segno di mancanza di rispetto e di educazione.

Pensaci la prossima volta che un collaboratore o un collega ti sta parlando
(ma vale anche – soprattutto – per moglie/marito, figli e amici).

P.S.
Il fenomeno è così diffuso che è stata inventata una parola, phubbing,
che indica proprio “l’azione di chi snobba qualcuno, guardando il proprio cellulare invece di prestargli attenzione”.

14 modi di gestire il corpo che minano la tua immagine di leader – 1

immagine di leader

Se consideri che,
circa il 90 % della comunicazione è non verbale,
e i nostri corpi hanno una “lingua” propria,
ti rendi subito conto che il linguaggio del corpo è importante tanto quanto le parole che utilizzi.

Quando il tuo ruolo lavorativo è legata all’immagine di leader,
è fondamentale dare grande importanza alla comprensione del linguaggio del corpo e degli altri segnali non verbali.

Per capire dove è necessario migliorare,
ho selezionato 14 dei modi peggiori di gestire il tuo corpo quando sei impegnato con i colleghi, i tuoi collaboratori o il gran capo:

1. Annuire e sorridere troppo

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Quando annuiamo,
vuol dire che siamo d’accordo,
stiamo ascoltando e incoraggiamo l’altro a parlare.

Annuendo continuamente esprimi incoraggiamento e impegno ma non autorevolezza e potere.
Così facendo, trasmetti l’impressione che stai (disperatamente) cercando d’impressionare e di compiacere.

Segnali la tua ansia di approvazione.

Anche il sorriso è un linguaggio del corpo potente e positivo,
ma quando (anche qui) sono persistenti o inappropriati,
può essere fonte di confusione e di poca credibilità.
Soprattutto se stai discutendo di un argomento serio,
esprimendo rabbia o stai dando feedback negativi

2. Seduta ciondolante o “contratta” può minare la tua immagine di leader

Una buona postura è importante ovunque ti trovi.

Con una seduta ciondolante e dinoccolata comunichi mancanza di rispetto per chi-parla.
Noia e apatia.
Menefreghismo.
Desiderio di non essere dove sei.

Il tuo corpo lo esprime per te … forte e chiaro!

Inoltre, se desideri una presenza da executive, un’immagine di leader, è importante “prendere fisicamente la stanza, espandersi e occupare più spazio possibile”.
Il nostro cervello è condizionato (inconsciamente) a equiparare il potere,
con la quantità di spazio che le persone occupano.

 


 

Se sei seduto in una postura contratta e “ristretta” al minimo delle sue dimensioni, occupi meno spazio e proietti meno potenza, sembrando insicuro o sottomesso.
Una “buona” postura invece incute rispetto.

3. Incrociare le braccia sul petto

Anche se piegare le braccia sul petto, può essere una posizione di riposo confortevole,
resisti alla tentazione di farlo.

Evita (sempre) di sederti con le braccia incrociate sul petto.
La maggior parte delle persone interpreterà il tuo gesto come
freddo, chiuso, polemico oppure difensivo.

Anche se stai sorridendo,
l’altra persona sentirà un senso di fastidio a interagire con te.
Anche pugni chiusi, braccia e le gambe incrociate, possono segnalare che non sei aperto ai punti di vista degli altri.

4. Non guardare negli occhi l’interlocutore

Guardare negli occhi gli altri comunica fiducia,
leadership,
forza e intelligenza.

Soprattutto quando stai parlando di punti difficili o importanti.
Guardando verso il basso mentre parli, ti fa sembrare insicuro,
e le tue parole perdono effetto.
Forza.

Quando eviti il contatto visivo sembra che hai qualcosa da nascondere.
Susciti sospetti.
Invii un messaggio all’altra persona: Non sono interessato a quello che dici.

Attenzione però al contatto con gli occhi quando è troppo intenso e prolungato perché può essere percepito come aggressivo o dominante.

 
More: scopri il servizio di coaching ideale per potenziare la tua team leadership
 

5. Muoversi troppo, a scatti, con passi brevi

Quando sei sotto pressione o sei stressato è facile che,
senza accorgerti, inizi a girovagare senza meta o coerenza.
Ora qua, ora là, adesso qui e poi ricomincia il giro …

Fai attenzione!
Così facendo stai creando un clima di tensione che può influenzare e condizionare
negativamente
tutte le persone che ti circondano.

Questo proprio non te lo puoi permettere.
Pensaci la prossima volta che cominci a correre e muoverti come un tarantolato.

Prendi le misure della lunghezza dei tuoi passi,
passi regolari e cadenzati, piuttosto che passi veloci, frettolosi o frenetici.
Non aver fretta e ricordati di mantenere la postura del corpo allineato.

Alza il mento e guarda dritto,
non guardare in basso mentre cammini.

6. Testa chinata di lato

La testa chinata di lato (quando qualcuno sta parlando) è un segnale di empatia e comprensione.
Mostra che sei in ascolto.
Sei coinvolto.

Ma una testa chinata può anche essere inconsciamente messa in relazione ad un segnale di sottomissione (i cani piegano il collo in ossequio a un animale più dominante).

Se desideri proiettare un’ immagine di leader, potere e autorevolezza tieni la testa verso l’alto,
in una posizione più neutra.

Leggi anche la parte 2.

6 strategie che timidi e introversi dovrebbero conoscere prima di un’intervista di lavoro – 2

interviste di lavoro

LEGGI ANCHE > la parte 1.

2. Non essere te stesso (non ancora)

La ricerca ha dimostrato che gli intervistatori (e non solo) formano le loro prime impressioni in pochi secondi.

Vai incontro all’intervistatore con un sorriso appassionato,
una stretta di mano sicura, un sorriso aperto e un amichevole “Salve! Sono Michele Ferrarelli“.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Allo stesso modo, se desideri terminare su una nota alta, ricorda che la maggior parte degli intervistatori cercano di riassumere i loro pensieri il più rapidamente possibile appena hai lasciato la stanza. Così per imprimere anche l’ultima impressione positiva, lascia la stanza con un grande sorriso “È stato un piacere conoscerla, la ringrazio per quest’opportunità“, e dai un’altra ferma stretta di mano.

Durante le interviste di lavoro è necessario spingersi oltre la nostra zona di comfort per mostrare in pieno le tue potenzialità.
Non farti bloccare.
Fai uno sforzo, dai.
Alza i toni di una tacca.
Prendi una tazza in più di caffè e sfoggia tuo miglior sorriso (anche se di circostanza, per oggi).

Non metterla-via con “Cosa ci posso fare. Sono fatto così“!
Non devi snaturarti, stravolgerti o sconvolgerti.
Devi solo migliorarti.
Almeno un po’.

3. Evitare di apparire incompetente

Non sono pochi i professionisti (di ogni età e settore) che, nonostante indubbie preparazioni e capacità, davanti ad una domanda sulle loro competenze (come prima reazione) non riescono ad andare oltre un melanconico allargare le braccia, accompagnando il tutto con un arrendevole “ Pochino”, “Abbastanza” “Dipende” che li fanno apparire impreparati e incompetenti.
Non-esperti.

Ma è chiaro che un intervistatore non ha il tempo (e la voglia) di esplorare, “estrarre” la tua competenza.
Hai già detto tu, che non sai!
Tanto basta.
Che autogol!

Gli introversi spesso odiano dover parlare di se stessi,
perché lo vedono come “vantarsi”.

 


 

Ricordiamoci che parlare di se stessi, dei propri successi e realizzazioni, non è boria.
Arroganza o presunzione.
Quando si parla di un risultato, è un dato di fatto.
Quando si parla di come hai risolto un problema, hai imparato una nuova abilità,
o collaborato con il team, stai parlando di fatti concreti.

Parla come se stessi raccontando una storia a un caro amico.

4. Mantieni il contatto visivo durante le interviste di lavoro

Le persone che mantengono il contatto visivo sono giudicate più sicure e fiduciose.
Per molti introversi, il contatto visivo nelle interviste di lavoro è faticoso.
Un esborso enorme di energia.
Ci si sente eccessivamente intimi e distrae dal pensare attentamente a ciò che si vuole dire.

Preparare i punti di discussione in anticipo ti aiuterà a dare risposte pertinenti nonostante la distrazione che potresti sentire,
mentre guardi negli occhi il tuo intervistatore.

Se hai difficoltà a guardare negli occhi, fissa il tuo sguardo tra gli occhi dell’altra persona (proprio esatto lì, tra le due sopracciglia).
Nessuno sarà in grado di dire dove effettivamente stai guardando.
Fai pratica con un amico o il partner.

5. Accenna al fatto che sei introverso

La chiave è evidenziare gli aspetti positivi della natura introversa.
Puoi indicare (durante le interviste di lavoro) tutte quelle qualità che rendono “appetibili” le persone introverse nei luoghi di lavoro,
come essere grandi ascoltatori e pensatori critici,
possedere creatività e ottime capacità di comunicazione scritta.

Per esempio se devi rispondere alla classica domanda “Mi parli di lei“, puoi dire qualcosa tipo:
Come introverso, ho scoperto di essere un ascoltatore naturale e osservatore.
Rifletto attentamente prima di parlare.
Affronto gli ostacoli con naturalezza.
Una volta che ho raccolto abbastanza informazioni, sono pronto a dare il mio contributo.
Il mio stile di comunicazione preferita è l’email e la comunicazione on-line,
ma quando si tratta di conversazioni sensibili o di relazione, preferisco di gran lunga l’incontro faccia-a-faccia”.

Non hai nemmeno bisogno di usare la parola “introverso“.

Capire le tue qualità d’introverso può aiutarti a guadagnare più fiducia. Si consiglia di prendere una copia del libro di Susan Cain “Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare”.

 
PIÙ AUTOSTIMA SUL LAVORO > scopri il percorso di coaching più efficace per te
 

6. Ritagliati uno “spazio di tempo” prima di un colloquio telefonico

Ricordiamoci che come introversi più tempo interagiamo con gli altri,
meno energia abbiamo.

Ecco perché in caso di colloquio telefonico è fondamentale avere un “cuscinetto di tempo” per stare da soli per ricaricarsi sia prima il colloquio di lavoro.
Questa strategia ti aiuterà a preservare la massima energia durante l’intervista.

Se per esempio hai fissato il colloquio alle 15.00 pianifica tutte le tue attività prima di mezzogiorno.
Se non puoi … cerca di staccare almeno 30 minuti prima: lascia l’ufficio e fatti un giro,
trova un posto tranquillo o ascolta musica.

Quando parli al telefono, cerca di seguire il tono e il ritmo dell’intervistatore in modo da essere in sintonia con lui.
Sorridi mentre parli.
Stai in piedi.
“Sembrerai” più vivo e pieno di energia.

È vero che al telefono non hai tanto tempo di pensare prima di parlare ma almeno…
non c’è bisogno di stabilire un contatto visivo!

La preparazione è la chiave per il successo nelle interviste di lavoro

Ecco l’intervista è finita,
sarai senz’altro stanco,
ma se metterai in atto queste 6 strategie, avrai molte più possibilità di successo.

Come già detto nella parte 1 dell’articolo, essendo introverso,
probabilmente preferisci (durante le interviste di lavoro) pensare prima di parlare.
E a volte, avrai l’impressione di prendere troppo tempo per rispondere.

Prova a dare una risposta nel più breve tempo possibile ma considera che ogni colloquio di lavoro è a doppio senso.
Nel senso che … l’azienda valuta te ma anche tu puoi giudicare la società.
Una cultura aziendale (tutta improvvisazione e inconsistenza) che scoraggia la riflessione e il ragionamento potrebbe non essere la scelta migliore (per te) nel lungo periodo.
Non trovi?

6 strategie che timidi e introversi dovrebbero conoscere prima di un’intervista di lavoro – 1

intervista di lavoro

“Nel linguaggio di tutti i giorni, usiamo spesso le parole “timido” e “introverso” in modo intercambiabile.
Ma un introverso può non essere necessariamente timido.
L’introverso (in contrasto con il suo opposto estroverso) è più concentrato su ciò che è dentro la sua testa e si “rinfranca” nella solitudine.
L’estroverso invece dirige la sua attenzione verso l’esterno e si carica delle persone intorno.
Per esempio, dopo aver trascorso un paio d’ore o un giorno intero con gli altri, un introverso deve ritirarsi e stare da solo, mentre un estroverso dirà “Facciamo festa!”
.
Wendy Gelberg

Il colloquio di lavoro è già stressante di suo.
Se poi ci aggiungi in fatto di essere timido o introverso, non-te-ne-dico
tra strette di mano e saluti introduttivi, il dover parlare di sé, fare il brillante,
doversi vendere ed essere al centro dell’attenzione.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Purtroppo, se noi introversi vogliamo lavorare, non possiamo evitare i colloqui di lavoro.
anche se non ne siamo felici, non possiamo farne a meno.
Anzi dobbiamo farli anche bene,
se non vogliamo screditare miseramente le nostre competenze e capacità.

Quando si parla di colloqui di lavoro, tendiamo a pensare che essere estroversi aumenta (e di molto) le possibilità di successo.
Un estroverso riesce molto bene a vendere se stesso e a “mettere su un vero e proprio show”.
Beato lui!

Ma è anche vero che uno studio pubblicato da Academy of Management Journal ha rilevato che gli estroversi sono ideali per stimolare e motivare il team, ma spesso hanno problemi con i compiti di alto livello e specializzazione.

Sei introverso? Bene sei in buona compagnia!

Tantissime persone sono introverse.

Tu, io, il tuo collega, il tuo capo, il tuo attuale datore di lavoro, il tuo intervistatore …
ma anche molti personaggi famosi del passato e contemporanei che hanno influenzato significativamente la civiltà occidentale sono classificabili come introversi …

Clint Eastwood, Bill Gates, Woody Allen,
Diane keaton, Meryl Streep, Michelle Pfeiffer,
Tom Hanks, Steven Spielberg, Michael Jordan,
Katharine Hepburn, Al Gore, Queen Elizabeth II.

e anche …

Charles Darwin, Friedrich Nietzsche, Abraham Lincoln,
Isaac Newton, Carl Jung, Albert Einstein,
Mahatma Gandhi, Thomas Edison, Alfred Adler …

1. Preparazione, preparazione e ancora preparazione

In un colloquio di lavoro, la parte più difficile per la persona introversa è affrontare l’elemento sconosciuto, l’ignoto. Ecco perché è fondamentale ridurre al minimo il fattore “sorpresa”.

La preparazione è il miglior alleato dell’introverso.
 


 

Trova il maggior numero d’informazioni.
Visita il sito web dell’azienda o del datore di lavoro, cerca le caratteristiche organizzative, il settore nel quale opera. Ogni informazione può diventare fondamentale.

Avere maggiori info potrebbe aiutarti a sentirti maggiormente a tuo agio.
Scopri, dove l’intervistatore è andato a scuola,
l’organizzazione, la struttura di gestione, la filosofia,
i prodotti, i servizi e i concorrenti
in modo da diventare un esperto sia della persona con cui parlerai sia dell’organizzazione.

Ricorda inoltre che i datori di lavoro apprezzeranno questa tua “preparazione”, perché dimostrerà il tuo interesse verso la loro azienda e che non sei solo alla disperata ricerca di un posto di lavoro.
La conoscenza contribuirà a costruire la tua fiducia.

Prima dell’ intervista di lavoro

Fai una prova di viaggio verso per la sede dell’azienda in modo da sapere esattamente
quanto tempo ci vuole per arrivarci, dove parcheggiare, dov’è l’ingresso, un piano B in caso di rallentamenti, ritardi e impedimenti.

Obiettivo: alleviare l’ansia ed evitare le “sorprese”.

Le interviste di lavoro per gli introversi sono più prosciuganti (a livello energetico) di quanto lo siano per altre persone.
Assicurati di arrivare prima per avere un po’ di tempo da solo prima del colloquio in modo da poter ricaricare le batterie ed essere fresco.

Il giorno prima dell’intervista di lavoro evita di “infilarti” in eventi sociali (anche se piacevoli)
perché queste attività ti faranno prosciugare un sacco di energia e ci vorrà del tempo per ricaricare.
Piuttosto leggi un libro,
ascolta musica o semplicemente siediti da solo,
sorseggiando un caffè o una tisana.

Se lo fai prima dell’intervista, avrai in una sensazione di freschezza e lucidità.
Se lo fai dopo, ti rilasserai e recuperai un po’ d’energia.

 
POTENZIA LA TUA LEADERSHIP > scopri il percorso di coaching ideale per te
 

Prepara le risposte

Come introverso, probabilmente preferisci pensare prima di parlare.
E a volte, avrai l’impressione di prendere troppo tempo per rispondere.

In una intervista di lavoro, si può superare questa preoccupazione preparandosi accuratamente in anticipo.
Un approccio strategico efficace è quello di riflettere in anticipo su quali domande ti potrebbero fare e prepararsi le risposte.

Annota le domande più comuni. E quelle scortesi.
Preparati le risposte dell’intervista di lavoro …
sulla tua formazione scolastica, sulle tue precedenti esperienze di lavoro, il perché hai scelto quella tesi,
perché ci hai messo un anno in più del previsto, quali sono i tuoi punti di forza e i tuoi punti di debolezza.

Scrivi le domande in anticipo, e vai in “sala prove”.
Prova e riprova … davanti allo specchio, sotto la doccia, o con un amico/ partner.
L’allenamento è tutto.

Se il selezionatore ti spiazza con una domanda che non ti aspettavi,
puoi sempre rispondere “Questa è una buona domanda, mi lasci pensare un minuto”.

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2.

Parlare male dell’ex datore di lavoro è da rosso diretto

ex datore di lavoro

Il mio ex capo è un idiota”
“La mia azienda mi ha sfruttato e poi mollato“
“Il mio capo?
Un raccomandato. E anche incompetente”.

L’amarezza è cattiva consigliera

 

 
Quando arriva la domanda sul tuo ex capo non vedi l’ora di sfogarti e rincarare la dose con sorrisini, smorfie e frasi sarcastiche?

Oppure con la scusa della trasparenza e della sincerità cogli l’occasione per scaricare sulla tua ex azienda una serie di scelleratezze e di cattiverie?

Il mondo del lavoro oggi è tosto.
Tostissimo.

Le esperienze negative, i torti, le ingiustizie, le sopraffazioni del passato ci hanno reso rancorosi e suscettibili.
È normale e anche comprensibile.
L’amarezza però è cattiva consigliera.

In fase di colloquio di lavoro, essere astiosi e pieni di risentimento verso il nostro precedente datore di lavoro non sono caratteristiche gradite alla persona che ci sta intervistando, poiché denota insofferenza e potenziale insubordinazione.

Parlare male dell’ex datore di lavoro può essere un autogol

La prossima volta che ti sarà difficile tenere la bocca chiusa quando parli del tuo ex datore di lavoro, sappi che quando parli negativamente di una persona ottieni esattamente l’effetto opposto.

Gli psicologi americani chiamano questo fenomeno Spontaneous trait inference.

Significa che ogni volta che dici cose sconvenienti su qualcun altro, chi ascolta non può fare a meno di associare a te questi stessi tratti.
Quindi, se dici che il tuo ex capo è inaffidabile, disonesto …
il tuo potenziale datore di lavoro in realtà sta collegando l’inaffidabilità e la disonestà a te.
 


 

Il boomerang ti torna indietro … con gli interessi!

Il mondo è più piccolo di quanto pensi

È possibile che i rispettivi datori di lavoro si conoscano.
Sarebbe certamente un “rosso diretto” parlare male di una persona che potrebbe rilevarsi un caro amico del tuo potenziale nuovo capo.

Inoltre con quest’atteggiamento, l’intervistatore potrebbe presupporre che parlerai male anche della sua azienda, nel caso dovessi lasciarla.

In generale, ogni tipo di lamentela (per quanto giustificata possa essere) va accuratamente evitata.
Meglio armarsi di sorriso, positività e convinzione e abbandonare ogni traccia di rancore, risentimento o diffidenza.

Piuttosto che denigrare i tuoi datori di lavoro, valorizza i tuoi punti di forza e il reale valore aggiunto che puoi offrire rispetto gli altri candidati.
Lascia che siano le tue parole, i tuoi gesti e la tua competenza a parlare di te.

L’amarezza lasciamola, davanti ad una birra, con gli amici al bar.

6 spunti per rispondere a domande scortesi durante il colloquio di lavoro

domande scortesi al colloquio

Le domande scortesi durante i colloqui di lavoro (non stiamo parlando di domande illegittime o fuori-legge ma solo di quelle imbarazzanti o strane) fanno parte del gioco e sono utilizzate dal selezionatore per testare la reazione e le risposte del candidato a questo tipo di domande.

Alcuni selezionatori lo fanno per strategia di valutazione.
Altri perché sono semplicemente curiosi (e poco delicati).
Altri ancora sono solamente persone maleducate, sgradevoli o indisponenti (tipo il tizio della foto).

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.


“Ha mai pensato di perdere qualche chilo”
“Ehi, come si è fatta quella cicatrice sul braccio?”
“Un po’ “variopinto” il suo curriculum, non trova?”
“Che cosa ha fatto ai capelli?”

Tuttavia, se sai come rispondere o riesci a capovolgere la situazione, puoi trarne un vantaggio e guadagnare punti importanti!

Che cosa si dovrebbe fare quando i modi di un intervistatore sono scortesi o maleducati?
Ecco 6 spunti per rispondere a domande scortesi al colloquio di lavoro:

1. Mantieni la calma

E il senso dell’umorismo.
L’intervistatore può chiedere semplicemente per curiosità.

La chiave è quella di non prendere nulla sul personale ed evitare il giudizio.

Puoi anche rispondere con un complimento (per esempio l’intervistatore minimizza con una battuta la tua esperienza precedente, puoi dire qualcosa tipo “Sono d’accordo, per questo motivo lascerei la mia azienda per lavorare per una società dinamica come la vostra“), in questo modo sarai in grado di capovolgere la situazione a tuo favore.

Questa tecnica può avere un buon successo.
Gli intervistatori non se lo aspettano, così li potrai sorprendere con la tua ironia e la tua intelligenza.
Ovviamente richiede attenzione e prontezza di pensiero.

2. Non controbattere alle domande scortesi al colloquio di lavoro

La definizione “scortese” è soggettiva, spesso è molto più efficace reagire semplicemente alla domanda e non alla persona che la pone.

Fa parte della nostra natura umana voler controbattere immediatamente a un commento offensivo o una domanda impertinente.

Se rispondi in modo maleducato a una domanda scortese, diventi a tua volta insolente e inadeguato.

3. “Usa” il silenzio

 


 

Il silenzio è spesso percepito come imbarazzante e scomodo.
La maggior parte delle persone si sente (almeno un po’) a disagio con il silenzio.

Non c’è bisogno di uno sguardo scontroso e “controbattute” al veleno.
Un sorriso appena accennato, seguito da un lieve movimento di occhi spalancati per la sorpresa, può essere efficace e anche disarmante.

Il tuo silenzio potrebbe suggerire alla persona di ravvedersi un po’, e (forse) anche di chiedere scusa.

4. Cambiare tema

Puoi fingere di non aver sentito il commento maleducato, fare una brevissima pausa e cambiare il tema del discorso rispondendo con un’affermazione che mette in risalto le tue abilità e i tuoi punti di forza, come l’inventiva, la precisione, la team leadership.

5. Chiedere maggiori informazioni

Chiedere ulteriori chiarimenti quando l’intervistatore commenta in modo inappropriato.

Ad esempio … “Potrebbe spiegarmi cosa intende per …?”
oppure
“Scusi, non la seguo correttamente.
Potrebbe gentilmente riformulare la domanda o spiegare che cosa intende per …?
“.

Invitare il selezionatore a riformulare la domanda, ti permette di guadagnare un po’ di tempo, t’impedisce di rispondere inadeguatamente e costringe il selezionatore a “soppesare” meglio le sue parole.

6. Se la conversazione è davvero irrispettosa?

Nel caso in cui il datore di lavoro continua a fare commenti o domande scortesi e offensive, sai che hai il diritto di rifiutare di rispondere.

Se non desideri rispondere, non c’è bisogno di farlo.
Meglio dire “No”, educatamente e far capire che non accetti le domande scortesi al colloquio.
 

 
Congedati con classe, senza commentare e offendere.
Non ne vale la pena.
Usa una frase tipo “Grazie per il suo tempo. Non credo che questa posizione sia a misura per me”.

Potresti lasciare l’intervistatore con il rimpianto per quello che ha perso.

Come fare una buona impressione ancor prima di aprire bocca – 2

buona impressione

Foto di Roland Lakis

Leggi anche la parte 1.

Look sempre adeguato alla circostanza

Per andare in ufficio, un meeting di lavoro, a un evento importante, un cocktail con le amiche o per un primo appuntamento galante, il tuo look deve essere adeguato alla situazione.
Sei sicuro che sia quello giusto?

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Meglio un look sobrio (per evitare di dare troppo nell’occhio), un look casual tipo jeans e t-shirt oppure uno classico camicia bianca, tubino nero o blu, tacco medio e qualche accessorio chic?

Anche se il look è sobrio e formale,
un pizzico di personalizzazione può darti un tocco di personalità in più e contribuire alla buona impressione.

Anche i colori sono importanti.
Meglio colori tenui per un incontro/happening/colloquio nel sociale e blu scuro per quel che riguarda una società bancaria, assicurativa o un’azienda di produzione.

Creare il contatto visivo

Gli occhi trasmettono la nostra essenza.

Quando ci concentriamo sugli occhi, siamo in grado di vedere la “vera essenza” della persona,
ci colleghiamo direttamente con il suo sé autentico.

Quando dai la mano a qualcuno, è importante creare “un collegamento” anche con gli occhi …
sorridi,
guarda la persona negli occhi e nota il colore dei suoi occhi.

Notare il colore degli occhi della persona cui stringiamo la mano.

Questa semplice abitudine ti “costringerà” a guardare (davvero) le persone negli occhi e “connetterti” con lui/lei.
 


 

Prova e vedrai la differenza.

Perfezionare la stretta di mano

La stretta di mano la dice lunga su di noi ancor prima di aprire la bocca.

L’intensità della forza impressa alla stretta è legata alla personalità ed è vista come una dimostrazione di carattere e di forza.

La stretta di mano è stata frutto di non pochi studi sul linguaggio del corpo e il carattere della persona.
Nello specifico in base all’indagine effettuata su più di 100 manager italiani è emerso che il 9% eccede nella forza nella stretta di mano e ben il 60% pecca in debolezza.

Una stretta salda e decisa è tipica di una personalità dominante, sicura di sé e razionale;
se la pressione è eccessiva, però è segno di un carattere aggressivo ed esibizionista.
Per contro, persone che danno la mano in modo molle e fiacco sono di solito schive,
timide e diffidenti.

C’è anche chi torce il polso dell’altro (esprime il desiderio di porre l’altro in un ruolo di sudditanza), chi invece offre la mano molle o solo la punta delle dita (non gradisce il contatto con gli altri).

La miglior stretta di mano per fare una buona impressione è verticale, decisa e forte (ma non troppo).
Ad esempio se davanti a noi c’è un ragazzino/a o una persona anziana, la nostra pressione,
se pur decisa deve essere meno forte.

La chiusura a due mani può sembrare troppo intima,
soprattutto quando è la prima volta che incontriamo qualcuno.

 
More: scopri il servizio di coaching ideale per potenziare la tua team leadership
 

Mantenere la giusta distanza

Anche la distanza è molto importante la prima volta che incontri la persona.

Se mantieni troppo le distanze (2-4 metri) mandi segnali di freddezza e di rifiuto.
Al contrario, se sei una persona socievole e affettuosa, che preferisce parlare faccia a faccia a breve distanza ma ti avvicini troppo, prendi il braccio, appoggi la mano sulla spalla, invadi lo spazio dell’altro, ti prendi confidenze senza il permesso,
diventi aggressivo e indisponente.

Per non sbagliare in genere è meglio tenere una distanza di 1-2 metri.
Così sarai abbastanza vicino da interagire, senza fare sentire a disagio le persone.
Distanze inferiori a 1 metro sono di solito riservate per la famiglia e gli amici.

Evita anche di porti di fronte perché posizioni frontali (soprattutto tra uomini) sono assunte in situazione di conflitto.
Meglio porsi di fianco o ad angolo retto.

Trattenere il sorriso per una buona impressione

Regala alle persone che incontri un sorriso sincero.

Se il tuo viso, i tuoi denti e gli occhi non sono parte del sorriso, vuol dire che stai utilizzando un sorriso di circostanza.
E’ il classico tipo di sorriso che utilizzi quando non ti senti veramente a tuo agio,
non hai voglia di sorridere ma lo fai forzatamente solo per apparire cortese.

“Aggancia” gli occhi dell’altra persona, nota il colore dei suoi occhi e poi sorridi.
Attendi che sorrida di nuovo e poi “trattieni” il tuo sorriso per due secondi in più di lui/lei.

Sarai stupito dal legame che si crea.
Le persone non potranno non notare qualcosa di “diverso” e si ricorderanno sicuramente di te.

Ecco 7 suggerimenti per fare una buona impressione ancor prima di aprire bocca.
Per alcuni di noi poi, i problemi iniziano proprio lì … quando devono cominciare a parlare … ma questa è tutta un’altra storia! Se desideri approfondire l’argomento … ecco il personal coaching per potenziare la leadership!

Forse hai bisogno di maggiori informazioni?
Hai sentito “parlare di coaching” ma non hai mai davvero fatto il primo passo?
Lascia che ti spieghi cos’è (per me) il coaching e come lavoro ogni giorno,
scopri la mia guida di benvenuto facendo click qui.

7 modi infallibili per rovinare il colloquio di lavoro – 2

colloqui

Leggi anche la parte 1.

Il mondo del lavoro oggi è tosto.

Le difficoltà nel prendere appuntamenti, le esperienze negative del passato, i tanti “le faremo sapere” ci hanno reso rancorosi e irritabili. È normale e anche comprensibile.

L’amarezza però è cattiva consigliera.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Essere rancorosi, astiosi, pieni di risentimento e trasmettere tale frustrazione alla persona che ci sta intervistando, non sono caratteristiche che piacciono e non ci aiutano certamente ad aumentare le possibilità di essere assunti. “Il mio capo era un idiota” o “Mi ha fregato il mio collega“ oppure “I clienti di oggi sono stupidi”.

Dei nostri problemi personali non importa a nessuno … tanto meno a un datore di lavoro.

Meglio dunque armarsi di sorriso, positività e convinzione e (anche se sono d’accordo che non è facile) lasciare a casa ogni traccia di rancore, preconcetto o diffidenza.

L’amarezza lasciamola con gli amici al bar.

5. Essere troppo molli o troppo attivi

Il colloquio di lavoro è il tuo momento di brillare.
C’è qualcuno che è interessato a conoscere la tua storia.

Questo non è il momento di tacere, essere statici, immobilizzati, con lo sguardo basso, parlare poco o balbettare. Parlare poco è un atteggiamento assolutamente improduttivo che spesso assumono persone riservate o timide che per la tensione si chiudono in loro stessi, non espongono i loro punti di forza o preferiscono fare i modesti.

Non puoi pretendere che il datore di lavoro sappia delle tue competenze o di come sei in grado di risolvergli i problemi, se non glielo dici. Il nostro interlocutore potrebbe pensare che sei una persona troppo chiusa e che non riesci a interagire con altre persone.

Al contrario anche parlare troppo, non funziona. Parlare troppo è una reazione alla tensione, divaghiamo, rigiriamo le parole senza rispondere in modo mirato alla domanda. Un fiume in piena.

Pensi che se racconti tutta la tua vita senza mai fermarti colpisci il tuo interlocutore? Se fai tante (troppe domande) sei sicuro di fare una buona impressione? Può rivelare un’eccessiva autostima o al contrario un tentativo di mascherare la tua insicurezza?
 


 

Parlare tanto non significa comunicare.

Un candidato logorroico (che sommerge d’informazioni il suo selezionatore) è spesso recepito come fastidioso e che come tale è evitato.

Il datore non vuole perdere tempo a sentire discorsi inutili. Cerca di essere sintetico e cogli il nocciolo delle domande. Rispondi alla domanda o intervieni solo quando intuisci che l’interlocutore sta aspettando il tuo intervento.

Vai dritto al punto, senza girare intorno.

6. Parlare subito di stipendio e benefit

Sappiamo bene tutti che non si vive di solo aria.
Stipendio, vacanze, orario flessibile o altri benefici sono importanti.

Altro che.

In un mondo ideale un datore di lavoro dovrebbe illustrare durante il colloquio anche gli aspetti economici, ma in molti casi ciò non avviene (a volte una persona può passare anche attraverso 2-3 colloqui e ancora non conosce lo stipendio o i benefit) e quindi in queste situazioni verrebbe spontaneo e comprensibile, chiedere “Quant’è la paga?”.

Domanda legittima, certo.

Domanda che però il più delle volte può trasmettere un messaggio sbagliato, come ad esempio un interesse maggiore rispetto verso la retribuzione rispetto al compito e alla mansione.
Chiedere i vantaggi al primo incontro o in modo sbagliato potrebbe rivelarsi disastroso soprattutto perché non sai ancora se sei tra i “papabili”.

 

 

Meglio aspettare il momento giusto, soppesare bene l’atmosfera del colloquio e valutare se ci sono le premesse per questa domanda. In caso contrario è meglio astenersi e rimandare la questione a un secondo tempo.

7. Non conoscere l’azienda

Cioè?

Chiedere “Che cosa fa la vostra azienda?” oppure non saper rispondere o balbettare alla classica domanda “Che cosa sa della nostra azienda?” potrebbe essere sufficiente per compromettere l’esito del colloquio.

Ignorare le caratteristiche dell’azienda oppure porre domande che sono chiaramente visibili sul sito dell’azienda (per la quale ti stai proponendo) è un classico errore. Questo dice subito che non hai preparato l’intervista.

È un modo veloce che usano i selezionatori per scremare la lista di candidati durante i colloqui. Se non sai la risposta, sei fuori.

Prendere info sull’azienda per la quale ti stai proponendo, ti prende poco tempo ma i suoi effetti sono importanti. Questo non vuol dire imparare a memoria ogni prodotto o nominativo presente nel sito. Al datore non interessa un’analisi approfondita della sua situazione aziendale ma basta avere un’idea chiara e semplice di come l’azienda è strutturata, cosa produce, gli obiettivi, le filiali, ecc.

Oggigiorno tutte le aziende hanno un sito internet, dove poter reperire informazioni di base.

Leggi anche la parte 1.

Un primo passo è concentrarti solo su questo: non tagliarti le gambe da solo con errori gravi. Concentrati sui principi base e il resto verrà da sé. Evita questi 7 errori e poco importa come andrà il resto del colloquio.

7 modi infallibili per rovinare il colloquio di lavoro – 1

colloquio

Sai come affrontare con successo un colloquio di lavoro?
Ah, no! Infatti, non è un caso che i colloqui di lavoro siano il festival dell’errore.

Ansia, tensione, improvvisazione giocano brutti scherzi e l’errore (magari anche più di uno) è sempre in agguato.

Che cosa serve? Tecniche innovative o complesse strategie d’interazione personale? L’importante è evitare questi 7 errori che sono gravi agli occhi del selezionatore o datore di lavoro e … che non ti perdonano.

Se incappi in questi errori, magari continuerai il colloquio (per qualche altro minuto) ma il reclutatore ha già preso la sua decisione.

Il gioco è fatto.

Non si torna più indietro.

Anzi, indietro si torna … a casa con un nulla di fatto!

1. Presentarsi con tempismo sbagliato

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Essere in ritardo, per qualsiasi motivo, è imperdonabile.

Grida all’inaffidabilità. Non c’è scusa che esista.

L’unica scusa per il ritardo a un colloquio di lavoro è una calamità naturale o uno sciopero selvaggio dei trasporti urbani.

Essere in orario per un colloquio di lavoro è la regola n.1. Non importa se si seguono tutte le altre regole. Se sei in ritardo, sei fuori al 90%. Un colloquio di lavoro è il tempo in cui un potenziale datore di lavoro dovrebbe vedere il meglio di te … e se questo è l’inizio!

Se la puntualità è sempre apprezzata, un eccessivo anticipo può costituire un elemento negativo perché esprime troppa ansia di fare una buona figura.

Oltremodo la tua presenza in forte anticipo potrebbe non essere gradita perché disturba la normale programmazione dell’attività lavorativa dell’azienda, store o centro (sei un ospite inaspettato da gestire) e potrebbe attaccarti addosso l’etichetta dello scocciatore.

Non è il massimo prima di un colloquio d’assunzione.

Se arrivi molto prima sul luogo dell’appuntamento del colloquio di lavoro … fatti due passi rilassanti, vai in un bar a leggere un giornale e presentati 10 minuti prima. Bastano.

2. Sbagliare look

Sei mai andato a un colloquio di lavoro in jeans?
Oppure, ti sei presentato molto elegante al colloquio e ti sei accorto che i jeans, invece, li indossava il tuo selezionatore?
 

 

Ah si! Sbagliare look è questo … vuol dire semplicemente non aver scelto l’abbigliamento adatto al contesto lavorativo, all’azienda e al ruolo professionale ricercato.

Come regolarsi?

Se non conosci la cultura dell’azienda o del datore di lavoro, per non sbagliare evita qualunque eccesso e scegli abiti semplici che valorizzino la tua persona, senza però essere troppo elegante o, al contrario, troppo casual.

Meglio evitare minigonne, abiti scollati, look troppo sexy, tacchi 12 cm., magliette di gruppi musicali, ecc.

Tieni presente che il look col quale ti presenterai al colloquio dovrà essere poi, a grandi linee, quello che terrai in caso di assunzione. Leggi per approfondire

3. Mentire durante il colloquio di lavoro

Nessun selezionatore o datore di lavoro si aspetta che il candidato dica tutta e solo la verità. Alcuni parlano con decine di candidati ogni settimana e sono spesso capaci di leggere tra le righe e fare le domande giuste per far emergere la verità … e se ti scoprono, finisci nella loro “lista nera”

I datori di lavoro vogliono dipendenti con integrità (poi spesso manca a loro … ma questa è tutta un’altra storia) e se scoprono bugie e menzogne la prima cosa che fanno, è indicare la porta.
 


 

Le menzogne possono non solo riguardare un eventuale licenziamento subito o un periodo d’inattività nel percorso professionale ma anche semplicemente:

• Vantarsi di sapere bene l’inglese quando in realtà si ha una conoscenza “scolastica”;
• Dire di saper utilizzare bene il computer ma poi scrivi lento come una lumaca;
• Dire di conoscere un argomento ma poi cominci a esitare e balbettare;
• Millantare conoscenze, competenze o esperienze importanti per poi cadere alla prima domanda;

Una volta “scoperti”, non ci salva balbettando scuse puerili tipo “È un po’ che non parlo inglese”, “Con il PC mi dà una mano mio figlio” … la menzogna, soprattutto quando evidente e spudorata, equivale a compromettere il colloquio.

Mentire non è quasi mai la scelta migliore, anche perché la verità prima o poi viene sempre a galla.

Anche ipotizzando di riuscire a “farla franca” una volta assunti si rischia di fare brutte figure se mancano le competenze necessarie, il rischio è non essere confermati nel periodo di prova.

Continua a leggere la parte 2.

Come fare una candidatura via mail efficace -2

candidatura via mail

Leggi anche la parte 1 del post “Come fare una candidatura via mail efficace

A chi indirizzare la candidatura via mail?

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Se hai una mail generica (ad esempio: info@ …) è importante precisare il destinatario o l’ufficio di destinazione della mail (esempio: “Alla c. a. del Responsabile del Personale” oppure e “Alla c. a. del titolare” o anche “Alla c. a. del signor/dott Marco Rossi” (nel caso conosci il nome del responsabile ma non hai il suo indirizzo mail).

Se hai la mail diretta di un selezionatore o del responsabile del personale,
indirizzala direttamente a loro: tipo “Gent.ma Dott.ssa / Egr. Dott. Marco Rossi”.

L’indirizzo della persona alla quale inviare la candidatura via mail può essere ottenuto per telefono (contattando direttamente chi si occupa della selezione),
consultando il sito dell’azienda in questione o tramite anche una ricerca su Linkedin.

Utilizza un indirizzo mail professionale

Invia la candidatura via mail da un indirizzo credibile.

Il tuo indirizzo mail deve essere subito riconoscibile e comunicare professionalità (ad esempio: ferrarelli.coaching@…) e deve essere composto preferibilmente dal tuo nome e cognome (es. michele.ferrarelli@…).

Non utilizzare nomignoli e soprannomi poco convenienti (stile supercoach101@…) o indirizzi di posta elettronica di genitori,
partner o amici.

Fai prima un invio di prova a te stesso:
in tal modo potrai testare la formattazione e notare subito eventuali problemi (testo piccolo/grande, lunghezza della mail, divisione sbagliata della parola a fine riga, ecc.).

Assegna un nome ai tuoi documenti

Ciò permette al selezionatore di ritrovare più facilmente i tuoi documenti …
te ne sarà grato quando dovrà districarsi tra le decine di dossier che riceve giornalmente.

 

 

Per esempio:
michele_ferrarelli_CV;
_michele_ferrarelli_lettera_candidatura;
michele_ferrarelli _certificati_lavoro;

Non dimenticare firma e dati personali

A termine del testo della mail, firma con nome e cognome.

Sotto la firma scrivi anche l’indirizzo,
il cellulare e la tua e-mail così i tuoi contatti saranno immediatamente a disposizione.
Può essere una buona idea indicare anche il tuo recapito Skype ed eventualmente linkare i tuoi profili Social, tipo LinkedIn.

Evita Dott./Dott.ssa prima del nome.

Differenziare per differenziarsi

Ultimo spunto davvero importante …
evita le e-mail standard!

Non puoi creare una singola candidatura via mail e inviarla a tante aziende pensando di risparmiare tempo e fatica.
Un selezionatore esperto si accorge in pochi secondi se ha davanti un candidato che ha personalizzato la sua presentazione oppure se deve leggere una candidatura generica, inviata in massa con il più classico dei copia-incolla.

 


 

Ogni annuncio di lavoro è diverso … anche la risposta all’annuncio dev’essere unica e personalizzata.
Per ogni azienda devi creare una lettera di presentazione.

Chiediti.
Come posso trasmettere, in poche righe,
la mia motivatone e il mio entusiasmo?
Come posso spiegare che il mio profilo è adeguato a questa mansione?
Riesco a convincere il selezionatore che, se assume me,
mi dimostrerò la persona giusta per quell’azienda in quel ruolo?

La lettera di presentazione, rispetto al CV,
ha una forma meno schematica e più spontanea …
ti puoi concedere qualche libertà in più e renderla più genuina!

Senza ripetere il contenuto del curriculum allegato,
usa la mail di presentazione come il tuo biglietto da visita,
sfrutta quest’occasione per chiarire e far conoscere, in poche righe,
aspetti del tuo percorso lavorativo o della tua personalità.

Per personalizzare la tua lettera motivazionale e quindi una candidatura,
non è necessario ri-scriverla ogni volta, basta variarne un 25-30%,
tutte le volte, in funzione dell’offerta alla quale si risponde.

 
COLLOQUIO DI SUCCESSO scopri il tuo percorso di coaching ideale
 

14 errori da evitare nella candidatura via mail:

1. Non utilizzare “Lei”, “Le”, “Vi” con iniziale maiuscola;

2. Evita usare un font poco leggibile (meglio Arial, Verdana o Helvetica);

3. Non utilizzare Emoticon;

4. Evita fondini fantasiosi con fiori, mici, scritte motivazionali o citazioni;

5. NO a errori ortografici, grammaticali o di battitura;

6. Evita il testo poco chiaro e scorrevole (separa i vari paragrafi con uno spazio bianco in modo da agevolare la lettura);

7. Non dimenticare di allegare il CV (capita più spesso di quanto immagini!;)

8. Evita l’allegato troppo pesante (mai superiore a 1Mb, meglio se inferiore ai 500Kb) altrimenti l’email potrebbe non arrivare a destinazione oppure andare nello spam;

9. Evita di inviare documenti in Word. Utilizza il formato .pdf perché è più leggero, più professionale e non è modificabile, mentre un documento Word potrebbe essere modificato da chiunque;

10. Non dimenticare l’oggetto della mail (anche questo capita più spesso di quanto immagini!);

11. Evita frasi del tipo: “Vi prego di contattarmi” e “Vi scrivo per sapere se potrebbe interessarvi la mia figura professionale” perché suona lagnoso e prolisso. Tralascia anche frasi stile “Mi aspetto una risposta da voi” perché irrispettoso e maleducato;

12. Non dare del TU! Anche via mail, occorre rispettare le formule di cortesia. Generalmente ci si rivolge a una persona con “Gentile signora o Egregio signor …”;

13. Evita testo a colori (a meno che non sia per un annuncio creativo);

14. Non scrivere tutto (o quasi) il CV nella mail.

Leggi anche la parte 1 del post “Come fare una candidatura via mail efficace

Probabilmente ti sei reso conto di aver commesso uno o più errori nella redazione della tua candidatura via mail.
Utilizza gli spunti di questa piccola guida per apportare le modifiche necessarie e rendere efficace il testo in modo da inviare candidature elettroniche davvero efficaci.

Come fare una candidatura elettronica efficace – parte 1

candidatura elettronica

Ormai la ricerca di lavoro è online.

Non è certo vietato utilizzare la posta per spedire CV cartacei,
ma questa pratica sta lentamente scivolando nel passato.

I vantaggi della candidatura elettronica sono evidenti.

Per le aziende,
le candidature online possono essere filtrate (secondo determinati parametri),
salvate e archiviate con molta più facilità.

Per i candidati la candidatura elettronica permette di presentare in modo rapido e completo il proprio dossier a un’azienda selezionata.
La velocità del web però non dovrebbe incoraggiare l’invio “a pioggia” di lettere e CV generici.
Meglio inviare 10 candidature ben studiate piuttosto che 100 poco personalizzate.

Iscriviti alla mia newsletter.

Compilando il modulo riceverai news e aggiornamenti sulla formazione e il coaching.

Se hai già confidenza con le candidature,
non troverai grandi differenze nella stesura di una candidatura elettronica rispetto a una “normale”.

La composizione della candidatura via mail è la stessa:
la lettera di presentazione, il curriculum vitae e (eventualmente) i certificati richiesti.

Non ci sono grandi variazioni è vero …
ma anche in questo caso è richiesta la massima cura nella preparazione di una candidatura convincente.

Quando utilizzare una candidatura elettronica?

Invia la tua candidatura elettronica in risposta ad un annuncio (online o sul giornale),
per una candidatura spontanea,
se ti candidi per un posto nel settore informatico oppure se devi inserire i tuoi dati nel sito web di un’azienda (nell’apposito spazio riservato alle candidature).

Se non sai bene come muoverti,
prendi contatto l’azienda e chiedi se devi inviare la tua candidatura per e-mail
(giacché ci sei, puoi chiedere anche l’indirizzo mail della persona responsabile/titolare).

In teoria, se non specificato, la candidatura è sempre da inviare per posta.

Lettera di candidatura si o no?

Anche nell’era di Internet,
la lettera di candidatura resta importante.
 

 

È un complemento indispensabile al tuo CV per presentarti e convincere il reclutatore che sei la persona giusta.
Tanto più qualificato è il posto, quanto più è necessaria.

La lettera di presentazione ti permette di distinguerti dagli altri candidati,
può aiutarti a entrare in contatto con l’azienda, catturare l’attenzione del selezionatore (con lo scopo di ottenere un colloquio) e rimarcare la tua professionalità.

Inoltre può dimostrare, in poche righe,
il tuo reale interesse per la posizione:
perché hai scelto quest’azienda, cosa ti ha attirato di più nella posizione oppure il tipo di posto che t’interessa,
perché il reclutatore dovrebbe scegliere proprio te e non un altro, ecc.

Ė fondamentale,
ricordarsi di focalizzare la propria attenzione sui bisogni del destinatario e non sulle nostre aspirazioni.

Lettera di candidatura allegata o nella mail?

Non ci sono regole standard.

Hai due possibilità:
puoi copiare il testo della lettera di presentazione direttamente nel corpo della mail (cercando di mantenere una buona impaginazione)
oppure la invii come allegato, in formato .pdf.

 


 

Personalmente ti consiglio un mix.
Scrivere nel testo della mail 4-5 righe di presentazione: chi sei, titolo di studio, qual è il tuo titolo o la tua figura professionale e allegare comunque la lettera di motivazione.
E-mail e lettera d’accompagnamento devono essere comunque diverse.

Contenuto efficace nel testo della mail

Quando mandi una mail a un’azienda,
è necessario presentarti: nome e cognome, cosa fai, chi sei, titolo di studio, quanti anni hai,
qual è la tua figura professionale e per quale posizione ti stai candidando.

Evita d’inviare la mail solo con il tuo nome,
la lettera di motivazione e il CV della serie: “In allegato, la candidatura e il curriculum” perché dà un’idea di svogliatezza e approssimazione.

Ricorda che dall’altra parte dello schermo c’è pur sempre una persona cui potrebbe far piacere leggere qualcosa in più su di te
altrimenti non sorprenderti se la tua mail non sarà neanche aperta o sarà spostata automaticamente fra la posta indesiderata.

Descrivi (mi raccomando non più di 6 righe) le tue principali esperienze e quali sono le tue principali competenze maturate,
evidenziando quelle che potrebbero essere più utili all’azienda a cui stai scrivendo.

Nel caso di risposta a un annuncio letto sul giornale o sui siti specializzati,
potresti cominciare tipo: “In riferimento al vostro annuncio su … (sito web o giornale),
ho il piacere di inviarvi il mio Curriculum Vitae per la posizione di …” oppure “Con la presente chiedo di poter collaborare in qualità di …” e anche “Sono alla ricerca di una nuova opportunità professionale che mi permetta …”.

Poi continuare con “In attesa di un vostro cortese riscontro,
resto a disposizione per ogni chiarimento e per un eventuale colloquio conoscitivo
”.

Puoi concludere con saluti un po’ meno formali ma comunque sempre cordiali: “Le auguro una buona giornata” o il semplice “Le auguro un buon lavoro”.

Utilizza (senza esagerare) il grassetto per evidenziare le parole più importanti.

 
COLLOQUIO DI SUCCESSO scopri il tuo percorso di coaching ideale
 

Oggetto immediatamente comprensibile

Dall’oggetto deve subito risultare chiaro per quale posto è stata inviata la candidatura.
Precisare l’oggetto della mail è molto importante,
poiché evita che la mail passi inosservata o che finisca nello spam.

Un esempio: “Candidatura di Michele Ferrarelli per il posto di formatore di addetti alla vendita
oppure può essere il riferimento all’annuncio di lavoro “Rif. Selezione per Addetto Vendita”.

Leggi la parte 2 del post “Come fare una candidatura elettronica efficace”.