Feedback sul lavoro: il giusto approccio (un estratto dal mio libro)

feedback sul lavoro

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Un feedback sul lavoro può essere valutativo o potenziante.

Dovrebbe essere specifico e costruttivo.
Focalizzato sul problema e basarsi su osservazioni oggettive, almeno nelle intenzioni.

L’elogio e la critica sono giudizi personali (uno benevolo e l’altro sfavorevole) su un comportamento o un risultato. Spesso sono vaghi e depotenzianti, incentrati sulla persona e basati su convincimenti, interpretazioni o sentimenti.

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Lo scopo di un feedback sul lavoro (se è negativo) non dovrebbe essere quello di incolpare o accusare la persona, ma creare piuttosto la giusta consapevolezza che può condurre alla correzione o al miglioramento delle sue prestazioni o atteggiamento.

Le persone che lavorano con te meritano un feedback da parte tua.
Hanno il diritto di sapere cosa-sbagliano e il dovere di provare a sistemare le cose che sbagliano.
Non possono farlo se non sanno cosa o come fare.

Ecco un estratto del capitolo 5 del mio libro “Autorevolezza strategie e tecniche per diventare il riferimento carismatico dei tuoi collaboratori e colleghi“.

Feedback valutativo

Il feedback valutativo (spesso è sotto forma di revisione semestrale o annuale delle prestazioni) è ciò a cui pensa la maggior parte delle persone quando sente la parola “feedback”.

Implica una valutazione, può essere emotivamente carico perché pieno di sorprese o disaccordi.

Spesso è legato alla retribuzione.
Le persone rimangono deluse o turbate oppure sollevate ed euforiche.
Consente confronti su dati e target.

L’obiettivo principale del feedback valutativo è assicurarsi che la persona comprenda chiaramente (senza essere necessariamente d’accordo) quale sia la valutazione ricevuta.

 

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Feedback potenziante

È empowerment. Crescita. Sviluppo. Il piano di crescita.
È centrato sul migliorare e creare un’immagine solida per il futuro.

Dà potere perché aiuta le persone a identificare e rimuovere gli ostacoli che devono affrontare.

  • Cosa possiamo fare di meglio per soddisfare/migliorare il tuo piano d’azione?
  • Come possiamo aumentare/potenziare/sistemare…?

Queste domande potenzianti possono essere poste ogni giorno, attorno al tavolo riunione o in un corridoio per la pausa caffè. Tale approccio evolutivo toglie agitazione, irritazione e soprattutto… la sorpresa.

Sia il feedback valutativo sia quello potenziante sono essenziali per lo sviluppo della persona.

Sono collegati ma diversi, per contenuti e per “carico emotivo”, ed è importante separarli. Tuttavia, se una persona è aperta, la sessione di feedback valutativo può terminare con un ponte verso lo sviluppo. E viceversa.

La maggior parte delle persone apprezza l’opportunità di una migliore percezione del proprio comportamento, a patto che il tono del discorso non sia ostile o giudicante.

 

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Il giusto approccio dei feedback sul lavoro

Porgere feedback sul lavoro è una questione delicata.
Non utilizzarli con superficialità e leggerezza.

Anche se sono amichevoli e accoglienti, creano pressione. Possono risultare intimidatori e compromettere le relazioni professionali.

Non presentarti con una lunga lista di aspettative, soprattutto se irrealistiche, perché portano delusione e frustrazione.

Sii consapevole dell’ansia o delle preoccupazioni che provochi nella persona.
Giusto o sbagliato, buono o cattivo, qualunque cosa una persona stia facendo o provando, è la sua realtà.

È troppo facile concentrarsi su ciò che non va. Potresti essere ingiusto quando non lo consideri.
Avvicina le persone attraverso i loro punti di forza ed esperienza.

 

“Quando dai un feedback,
l’approccio che userai farà tutta la differenza.”
Michele Ferrarelli

 

Non dovresti mai essere titubante, ma comprensivo e disponibile.
Come team leader è necessario assumerti la responsabilità di costruire una base solida di fiducia. Oltremodo è tua responsabilità “riparare” tali dinamiche interpersonali se si incrinano.

Ne hai la facoltà. Sei tu a determinare il contenuto e la modalità dei tuoi dialoghi. Lavoraci da subito, sin dalle prime conversazioni.

Il tuo collaboratore deve sapere che riconosci i suoi talenti e che credi in lui. Spiega che conosci e apprezzi il suo percorso professionale.
Sai quanto lui stia lavorando sodo.

Condividi il tuo obiettivo: massimizzare il suo potenziale.
E mostra quanto sei felice di questa opportunità!

Quando emergono cattive prestazioni e dinamiche, non eludere il tuo ruolo in questa vicenda.

Prova a chiederti:

  • Cosa mi sto perdendo?
  • Cosa non capisco di questa persona?
  • La mia percezione è stata influenzata da un recente evento negativo?
  • Cosa ho fatto di sbagliato?

 

Feedback sul lavoro? La pratica è fondamentale per affinare il tuo stile

Puoi esercitarti davanti allo specchio, con il tuo partner o un amico. Provare quello che dirai, ad alta voce, ti permetterà di sentire il tuo tono.
Potresti anche registrare le tue parole per capire come “suoni”.

È anche importante pensare al tuo linguaggio del corpo, che può parlare più forte delle tue parole. Spesso siamo inconsapevoli di inviare messaggi negativi.

Prova a sintetizzare il tuo intervento, anche se breve, in punti chiave.
Se non ti senti ancora pronto, scrivi cosa devi dire.

Cerca di formulare frasi brevi. Qual è il messaggio che vuoi far passare.
Chiediti:

  • Qual è il punto?
  • Quale concetto deve passare assolutamente?
  • Che cosa posso evitare?
  • Come preferisce la persona ricevere il feedback?

Modifica il tuo approccio di conseguenza.
Inizia più “leggero” (parlando del più e del meno) se sai che hai davanti una persona che va in confusione con una comunicazione estremamente diretta.

Preparati a una reazione emotiva di rabbia, rifiuto o forse anche lacrime.
Resta comunque sempre calmo e professionale.

Arroganza nel lavoro: la maschera che indossano gli insicuri

arroganza nel lavoro

Foto di Anete Lusina da Pexels

La persona arrogante sul lavoro comunica a tutto il mondo i suoi successi, non importa quanto piccoli siano,
dà una visione eccessivamente positiva,
mascherando la realtà che spesso non è così ideale.

Il più delle volte, nasconde una scarsa fiducia in sé stessa, che viene compensata dalla presunzione (immotivata) di voler apparire più competente e più brava degli altri.

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Spesso, ci comportiamo con arroganza semplicemente perché non abbiamo ancora capito cos’è in realtà la fiducia in noi stessi. Essere arroganti, strafottenti e stronzi non vuol dire “essere sicuri di sé”.

Anche se spesso, quelli che lo sono,
sono messi su un piedistallo e osannati perché sono riusciti a diventare qualcuno.

Cos’è l’arroganza nel lavoro? Cosa vuol dire essere sicuri?
Come si può essere fiduciosi senza cadere nella trappola dell’arroganza?

Il mondo del Lavoro di oggi non è mai stato così difficile

Come ho scritto nel mio libro “Autorevolezza strategie e tecniche per diventare il riferimento carismatico dei tuoi collaboratori e colleghi” il mondo del Lavoro è molto complesso e competitivo.

Non è più solo una questione di conoscenze, capacità e abilità.
È una questione di resistenza. Di forza.

La forza fisica è facilmente visibile a tutti, la forza mentale no.
Non si vede. Si sente.

Spesso, per mostrarti forte ti metti la maschera del duro, non è vero? Reciti la parte.
Nascondi le debolezze con atteggiamenti e posture autoritarie. Quest’approccio ti potrebbe portare qualche successo iniziale, ma l’effetto svanirà in breve tempo.
Te lo assicuro.

Nel lungo periodo, per raggiungere obiettivi importanti è necessaria forza mentale. Grinta e tenacia.
Così come il continuo desiderio di migliorarti.

 
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Mettersi la “maschera da duro” è un portamento scontato

È un atteggiamento che può essere intrapreso da tutti. Con facilità.

Nel mio lavoro, durante le sessioni di coaching per la leadership con team leader che si definivano (per loro stessa ammissione) “troppo buoni” quando chiedo come gli sarebbe piaciuto essere, le risposte non si facevano aspettare.

“Più bastardo”, “Più carogna”, “Più figlio di puttana”.

Ah, è così… tutto qua? Vuoi davvero questo? I tuoi studi, il tuo impegno e la tua intelligenza, per cosa?
Incutere timore?
Diventare uno stronzo?

Ce ne sono già tanti nel mondo del Lavoro!
No, grazie. Non ce ne serve uno in più!

Arroganza nel lavoro? Abbiamo bisogno di leader

Uomini e donne.
Persone con una forte etica morale… non di immaturi bisognosi di rivalsa.
Invece di aumentare la quantità di “bastardaggine” (cosa, peraltro, decisamente puerile) l’approccio migliore è sapere equilibrare, secondo le circostanze, grinta e diplomazia.

La persona forte, al posto di sprecare energia cercando di coprire le mancanze, riconosce i propri difetti. Investe il proprio tempo per migliorare sé stessa.
Superare le debolezze.

Essere forte richiede consapevolezza delle tue emozioni.
Dovrai imparare a gestire e controllare le emozioni, non farti controllare da esse.

Avere forza mentale vuol dire riconoscere i tuoi limiti e le tue mancanze,
e sapere che è necessario il duro lavoro per raggiungere un obiettivo.

 


 

Non sprecare energia cercando di coprire le tue mancanze (con l’arroganza nel lavoro).
Riconosci i tuoi difetti e investi il tempo per migliorare te stesso,
e superare le tue debolezze.

Essere forte significa avere fiducia nella tua capacità di riprenderti da un fallimento.
Essere pronto a imparare dai tuoi errori.

Dovresti essere ambizioso senza essere impaziente.
Disponibile, ma non timoroso.
Flessibile, senza essere sfruttato.
Fiducioso e sicuro di te, confidente e ambizioso, senza alzare troppi i toni fino a diventare eccentrico o pomposo.

 
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Una linea sottile divide la fiducia e l’arroganza nel lavoro

La scelta spetta interamente a te.
Pensaci prima di fare il prossimo passo.

In conclusione,
quando si parla di aggressività e arroganza nel lavoro, ci viene in mente la sua forma più violenta (grida, urla, lancio di oggetti, contatto fisico, ecc.). Ci sono diversi tipi di aggressività, più sottili e meno appariscenti.

Spesso per farci valere sul luogo di lavoro ci comportiamo in maniera arrogante e aggressiva,
senza rendercene conto.

Pensiamo di essere assertivi, invece ci comportiamo in modo prepotente e “violento”, pagando un prezzo istantaneo e irreversibile: conflitto, la perdita di rispetto e di amicizia.

Se qualcuno ti ha già detto “Ehi, ma come sei aggressivo”,
è il primo passo per riconoscere il tuo atteggiamento prepotente.

Colloquio individuale con un collaboratore: 20 regole di base (spesso poco applicate) – parte 2

Colloquio individuale:

Foto di cottonbro da Pexels

LEGGI ANCHE > la parte 1.

11. Ascolta

Le buone relazioni si costruiscono con la raccolta di informazioni, cosa che non puoi fare se parli in continuazione.

Assicurati di non dominare la conversazione.
Punta a un dialogo, piuttosto che un monologo.

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Imparare ad ascoltare è il primo passo verso il tuo successo. È il segreto per avere una comunicazione davvero efficace.

Se non ascolti, come puoi pretendere di farti ascoltare?
Comunicare efficacemente?

Potresti trovare spunti interessanti dal mio libro “Autorevolezza” per diventare un riferimento carismatico dei tuoi collaboratori.

12. Poni domande conclusive

Quando ti avvicini alla fine del colloquio individuale dì qualcosa del tipo:
“Ci restano X minuti. Voglio assicurarmi che abbiamo parlato di tutto. C’è qualcosa di cui vorresti discutere?”

Se il tuo interlocutore tace, potrebbe essere necessario sollecitarlo. Chiedi:

  • “Quali sono i tuoi pensieri?”
  • “Come ti sembra. .. ?”
  • “Quali altre domande hai su …?”

13. Ricorda i nomi

Cosa c’è di più imbarazzante che dimenticare o non conoscere il nome della persona con cui stai parlando?

Imparare, ricordare e pronunciare (correttamente) i nomi delle persone con cui ci relazioniamo è molto più di una questione di educazione, è una questione di professionalità.

Quando usi il nome stai creando un legame, riconosci il valore e l’unicità della persona. Rendi l’incontro importante.

Quando fai riferimento alla persona con il suo nome,
le stai dando tutto il tuo rispetto!

 
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14. Colloquio individuale: non dimenticare il follow-up

Gli incontri individuali rendono le tue relazioni più forti, le tue presentazioni più convincenti e, soprattutto,
i tuoi affari più floridi.

Prendi nota degli impegni presi. Pianifica i follow-up subito dopo l’incontro.

Ripeti i passaggi successivi, fai sapere che sei disponibile se ha domande o dubbi. Menziona un punto in comune per costruire un rapporto.

15. Non sembrare di fretta

Dare la tua piena (e continua) attenzione può avere un impatto estremamente positivo sul rapporto con quella persona.

La calma comunica interesse per l’altro e …
per il suo messaggio.

D’altra parte, la fretta trasmette (anche in buona fede) che non ti interessa o che non sei coinvolto.

È il tipo di ascolto “Ci sono e non ci sono”,
chi parla ha la netta sensazione di non essere veramente ascoltato.

Questo è il motivo perché non dovresti mai trasmettere fretta e impazienza.

16. Evita tutto quello che è politica, religione e spiritoso

Se il tuo interlocutore insiste per parlare di politica, opinioni religiose, suggerisci che “ti piacerebbe parlare dell’argomento un’altra volta”. Riporta la conversazione sul lavoro.

Evita allo stesso modo battute spiritose-fuori-luogo. Celebre la storia del dipendente che per fare il brillante (senza esserlo) ha pensato bene di fare lo spiritoso guardando la fotografia sulla scrivania del capo e ha chiesto: “È sua madre?”

Era la foto della moglie.

 
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17. Non essere troppo informale e amichevole

Anche se un po’ di chiacchiere prima dell’incontro sono necessarie per creare un clima positivo,
non lasciare che sia l’altra persona a riportare la conversazione sul lavoro.

Piuttosto che fingere di essere l’amicone,
sii autentico su chi sei e avvicinati alla persona con un senso di curiosità.

18. Spegni il telefono

Se controlli le e-mail, WhatsApp o rispondi alle telefonate durante un incontro individuale sappi che il tuo interlocutore non sarà così contento.

È assolutamente scortese rispondere a messaggi e notifiche durante l’incontro.

È percepito come mancanza di rispetto , concentrazione e di ascolto.

19. Colloquio individuale: non divagare

Non fare “deviazioni”.
Acquisisci autorevolezza restando focalizzato sui punti in agenda. I meeting di successo (anche quelli individuali) richiedono una conduzione coraggiosa.

Se lasci vagare la conversazione, stai mostrando al tuo interlocutore che non hai la leadership necessaria.
Quando l’incontro va fuori contesto, dimostri incompetenza.

Se ti rendi conto che il colloquio individuale sta diventando dispersivo, puoi chiedere con fermezza al tuo interlocutore di fare un passo indietro e ritrovare il filo del discorso.

Così facendo, dimostri di essere un leader che “non si perde nel flusso”.

 


 

20. Dai seguito alle parole

Non tutte le conversazioni potrebbero richiedere un’azione, ma se così fosse, assicurati di concordare i “passi successivi”.

Scrivili in modo da poterne tenere traccia in futuro.

Puoi sfruttare la “potenza” degli incontri individuali scrivendo elementi di azione chiari. Ciò non solo renderà le tue riunioni più produttive, ma renderà anche più facile seguirne i progressi.

L’obiettivo fondamentale di un colloquio individuale: è costruire relazioni positive e fiducia con le persone.

Se non ottieni valore dai tuoi incontri individuali, la differenza di solito è nei suoi fondamentali.
La mancanza di un modello da seguire fa il resto.

Senza fare i passi giusti prima/durante/dopo ogni incontro, è facile che i tuoi meeting individuali non raggiungano il loro pieno potenziale.

Colloquio individuale con un collaboratore: 20 regole di base (spesso poco applicate) – parte 1

colloquio individuale

Foto di cottonbro da Pexels

Le accortezze di un buon colloquio individuale con un collaboratore sono semplici e facilmente applicabili (si pensa che basta essere educati, parlare in modo chiaro … e il gioco è fatto!).

Proprio per il fatto di essere così semplici, spesso diventano banali e scontate.
Sono eseguite con superficialità e leggerezza.

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Un semplice esempio potrebbe essere il …
sorriso di circostanza (quell’increspare leggermente le labbra per accennare un sorriso) che accoglie le persone in alcuni incontri individuali che non toglie quel retrogusto di disagio e di non-riconoscimento che proviamo.

Siamo molto lontani da “Oh! Ma che piacere averti qui!”

oppure …
come spiegare quel senso di superiorità e altezzosità che ci accoglie in qualche colloquio individuale?
Possiamo bollare la persona di scortesia o scarsa professionalità?

Magari no.
Eppure, ci rimane la gelida sensazione di essere accolti con sufficienza, fretta, indifferenza o risentimento (sembra che stiamo disturbando).

Tutte esagerazioni? Paranoie?
Persone troppo suscettibili? Sensibili?

Non direi. Come ho spiegato nel mio libro “Autorevolezza – strategie e tecniche per diventare il riferimento carismatico dei tuoi collaboratori e colleghi” le persone oggi ricercano le soddisfazioni emotive (anche chi si definisce una persona molto razionale).

Le soddisfazioni emotive (riconoscimento, disponibilità, apprezzamento, empatia, ascolto, ecc.)
sono quelle più gratificanti ma anche quelle più sensibili e “pericolose”,
quando non sono soddisfatte.

Distinguiamo professionalità e comportamento.

Ecco 20 regole di base di un colloquio individuale con un collaboratore che sono ancora poco/male applicate.

Forse è solo un “ripasso” che non aggiunge niente a quello che sai già. Magari ti “risveglia di colpo” e ti permette di esprimere il tuo pieno potenziale nell’incontro che avrai tra qualche ora.

Prendi questo post semplicemente come una check list per il tuo incontro individuale. Per approfondire troverai anche i vari post di collegamento.
Buona lettura!

 
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1. Ricorda la “potenza” della prima impressione

Se è la prima volta che incontri la persona (poco importa sia il nuovo collaboratore, il nuovo cliente/fornitore oppure un colloquio di lavoro) ricorda che sono sufficienti pochi secondi perché il tuo interlocutore si faccia un’impressione di te.

E una volta che avrà deciso “come sei”,
avrai difficoltà a rovesciare quella percezione.

Se hai intenzione di potenziare i tuoi colloqui individuali, concentrati sui primi secondi.

Dobbiamo dare grande importanza ai primi istanti di contatto, anche i piccoli dettagli diventano importanti e niente deve essere lasciato al caso.

Se vuoi approfondire l’argomento leggi il post.

2. Attenzione al look

È un’altra componente importante della prima impressione.

Sono certo che vuoi essere notato per la tua intelligenza, le tue capacità e il tuo talento di leader, non certo per il tuo vestito di una taglia più grande, i calzini bianchi da ginnastica, la cravatta che arriva sotto la cintura, le scarpe consumate o la scarsa igiene personale.

Non devi necessariamente vestirti per impressionare gli altri (potrebbe non essere appropriato al contesto).

In caso di dubbio, scegli la moderazione: meglio essere sobrio ma non ingessato, elegante ma non freddo.
essere vestito “troppo” che “poco”.

Se vuoi approfondire l’argomento leggi il post.

3. Nel colloquio individuale la puntualità è un must

Niente ti farà sembrare poco professionale come il ritardo, anche se sei il capo,
proprio perché sei il capo.

Scusati prontamente se, per qualche motivo, lo sarai.

 
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4. La cortesia è d’obbligo

È fondamentale essere educati con tutte le persone, dall’addetto alla reception, all’assistente del tuo l’amministratore delegato, potenziale cliente e/o chiunque altro con cui interagisci.

Molti rapporti sono naufragati -ancora prima di iniziare- perché qualcuno si è mostrato sprezzante nei confronti dell’altro, che considerava “sotto”.

Ricorda che se vuoi dimostrare a tutti i costi di essere “sopra”, vuol dire che sei ancora “sotto”.

5. Prepara la location

Se stai, per la prima volta, organizzando un qualsiasi tipo di colloquio individuale (collaboratore, cliente ecc.),
chiedi in anticipo l’accesso alla stanza in modo da poterti preparare.

Prendere queste precauzioni allevierà lo stress (così sembrerai più sicuro) e ti aiuterà a evitare problemi imbarazzanti.

Vai all’incontro concentrato e impegnato.
Non programmare, se possibile, più di un colloquio individuale di seguito.
Prenditi una pausa.

6. Alzati in piedi (quando l’interlocutore entra)

Assicurati di alzarti in piedi quando la persona entra nella stanza.

Non solo sembrerai più sicuro e accogliente, ma anche la tua voce suonerà più ferma e sicura.

In piedi i tuoi polmoni possono espandersi liberamente. Hai bisogno di respirare bene per “suonare” più sicuro di te.

Se vuoi approfondire l’argomento leggi il post.

 


 

7. Mantieni il contatto visivo

Reggere il contatto visivo mostra equilibrio e forza. Leadership.

Quando stabilisci un contatto visivo si deduce che quello che hai da dire è importante.
E lo è anche la persona che hai davanti.

Quando guardi le persone negli occhi, stai creando un rapporto.
Riconoscendo la sua presenza, stai mostrando interesse e rispetto.

Detto questo, ricorda che fissare troppo la persona può sembrare inquietante.

Se vuoi approfondire l’argomento leggi il post.

8. Annuisci e sorridi durante il colloquio individuale con il collaboratore

Reagire (senza esagerare) ai commenti del tuo interlocutore lo farà sentire gratificato.

Per esempio, quando coglie il punto, annuisci con la testa per mostrare il tuo accordo.
Quando fa una battuta, ridi. Se ti fa un complimento, sorridi.
Quando discutete di problemi, cattive notizie, aggrotta la fronte.

Sembra semplice, ma a volte quando siamo stressati adottiamo una faccia da poker.
Un atteggiamento che può sembrare freddo o ostile.

9. Inizia con “leggerezza”

Anche se sei lì per parlare di lavoro, assicurati di avere qualche minuto di conversazione leggera, prima di tuffarti nel “nocciolo” della questione.

Parlare di cose extra-lavorative crea un rapporto e ti dà la possibilità di farti conoscere come persona.

Prima del colloquio individuale con un collaboratore,
cerca punti in comune o aspetti interessanti che puoi sollevare.

 
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10. Prendi appunti

Il tuo collaboratore sarà sempre lusingato se prenderai appunti durante il colloquio individuale.

Penserà che la sua opinione sia importante,
altrimenti non ti preoccuperesti di scriverla.

Prendere appunti ti aiuta anche a conservare le tue percezioni su come è andata la conversazione e su cosa ha detto il tuo collaboratore.

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2.

Parlare come un leader: l’approccio che fa tutta la differenza

parlare come un leader

Foto di Moose Photos da Pexels

Parlare come un leader.
La mentalità conta. Fa la differenza.

Le parole sono importanti.

Come ho scritto nel mio libro “Autorevolezza” le parole possono attrarre, ispirare e convincere ma anche allontanare, disorientare o annoiare. Rendere il lavoro difficile o piacevole. Elevare il tuo status o danneggiare la tua reputazione.

Dipende da ciò che dici. Da come lo dici.
Spesso, le parole che utilizzi o che non utilizzi la dicono lunga su di te. Leggi il post.

A meno che tu non sia un comunicatore particolarmente brillante,
limita la quantità delle tue parole.

Potresti non essere così interessante come pensi

Non appena comprendi il reale potere delle parole, cominci a prestare sempre maggiore attenzione al loro peso.

Poche parole ben indirizzate possono dare speranza dopo una sconfitta.
Alcune parole maldestre possono rovinare una vittoria.

Se dici “Avresti potuto fare di più” dopo che la persona ha dato il massimo, togli forza e causi scoramento.
Non puoi dare energia con parole negative.
Non puoi raggiungere il massimo potenziale se parli di debolezza.

La comunicazione efficace (parlare come un leader) è il primo passo verso il tuo successo:

“È difficile”

“È un’opportunità”

“Come hai potuto farlo!”

“Come possiamo farlo meglio?”

“Ignoralo!”

“Affrontiamolo!”

“È difficile, non raggiungeremo mai questo obiettivo”

“È un’opportunità stimolante, chi è con me?”

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“Non lo so”

“Chi lo sa?”

“Non hai ancora finito il progetto?”

“A che punto siamo con il progetto?”

“Hai un problema?”

“Come posso aiutarti?”

“Perché hai fatto quell’errore?”

“Parlami di quell’errore?”


 
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“Perché non hai fatto …?”

“Quali altri approcci potresti prendere la prossima volta?”

“Perché sei sempre così oberato di lavoro?”

“Cosa puoi delegare ai tuoi colleghi?”

“Non possiamo, perché …”

“Che cosa possiamo fare?”

“Abbiamo sempre fatto in questo modo”

“Come possiamo semplificare?”


 
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“Non ha importanza!”

“Quanto è importante?”

“Abbiamo sempre fatto in questo modo”

“Possiamo affrontarlo da una prospettiva diversa?”

“Mettiamolo nel cassetto”

“I tempi non sono ancora maturi. Mettiamolo in agenda tra un trimestre”

“È contro la nostra politica aziendale.”

“È contro la nostra politica aziendale. Puoi riformularlo in modo diverso?”


 

 

“È inutile. Ci abbiamo già provato”

“Ci abbiamo già provato. Come potremo riuscirci questa volta?”

“Non posso farlo”

“Penso che la soluzione migliore sia …”

” Non ti preoccupare” – “Stai tranquillo”

“Ti spiego perché non devi preoccuparti …” (esponendo fatti concreti)

“Non lo so”

“Dammi il tempo di controllare/verificare e ti ricontatto”

“(tu) Non lo hai spiegato bene”

“Faccio fatica (io) a comprendere completamente l’idea che stai condividendo”

“Capisci anche tu, adesso …”

“Mi sono spiegato bene?”