6 motivi perché ti senti intrappolato nel tuo attuale lavoro – parte 1

lavoro che non piace

A volte succede.

Sentirsi ingabbiati nel nostro attuale lavoro.

Sentirsi inadeguati, in balia degli eventi, non saper decidere, pentirsi delle proprie scelte,
credere che l’infelicità sia un destino, rendersi conto di non riuscire a cambiare la propria vita,
avere la sensazione di costrizione … “sentirsi in trappola”.

Ci chiediamo cosa diavolo stiamo facendo, tratteniamo la voglia di spaccare tutto (una volta si lanciavano in aria i fogli, e adesso?
Si lancia la tastiera nello schermo del pc?
) e di tornartene a casa.
Ci ritroviamo con le spalle al muro e non vediamo nessuna via d’uscita.

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Vorremmo urlare, scappare, spaccare tutto,
ma questa situazione c’inchioda e non ci permette di muoverci.

Cosa ci tiene legati al lavoro che non piace?

L’obbligo, il dovere, la forza delle cose, lo stipendio fisso, la paura,
la codardia, la comodità?

Il fatto che restiamo paralizzati e non si riusciamo a far neppure un passo,
nonostante un lavoro che non piace.

Di qualunque natura sia la prigionia in cui siamo finiti,
l’importante è non mollare e trovare il modo per uscirne il prima possibile!

Sentirsi intrappolati in un lavoro che non piace, può creare un danno considerevole.
Fa vacillare la sicurezza e logora l’autostima.

Se non vedi un futuro nel tuo lavoro, forse è tempo di ripensare il tuo percorso. Con il coaching, puoi pianificare il prossimo passo verso il successo.

Non mi piace l’idea che qualcuno possa sentirsi intrappolato …
quindi cerchiamo di far luce sui pensieri e sui motivi che t’imprigionano al tuo attuale lavoro:

1. Sei convinto che tutti sono migliori di te

Vedere tutti gli altri come più abili, più capaci o con più talento è uno dei modi perfetti ed efficaci per sentirsi davvero (ma davvero) una nullità … e non muoversi.

Confrontarsi con gli altri può essere frustrante,
ma anche stimolante, ci spinge alla sfida, a provarci per migliorare …
ma se sei convinto che tutti (proprio tutti) siano migliori di te allora ti stai costruendo,
forse anche inconsciamente un muro, un alibi (oltremodo facilmente smontabile)
per proteggerti dai riflettori, evitare le critiche e non gettarti nella mischia.

 


 

Ma così ti stai mettendo da solo in trappola!

Il confronto è sempre eccessivo.
Ognuno è meglio e peggio degli altri su un numero illimitato di scale di valori.

Marco ha un dono come broker, Sergio è un venditore eccezionale, Margherita è una creativa brillante …
e allora? Marco forse non è intuitivo come te, Sergio è un bravo venditore ma non ha la tua competenza tecnica,
Margherita è creativa ma non ha la tua concretezza.

Non c’è fine al possibile numero di confronti.
Anche quando si raggiunge il successo,
ci sarà sempre qualcosa o qualcuno su cui concentrarsi.

2. Sei convinto che “là fuori” è difficile

Non sono d’accordo.
Là fuori” non è difficile.
Là fuori” è molto difficile.
È tosta tosta.

Ma scusa, cosa ti aspettavi?
Un tappeto rosso?
La coda che si “apre” quando arrivi, stile invitato VIP,
davanti ad un locale all’01.00 di notte?

Basta leggere un giornale o sentire le news,
per vedere quanto è difficile là fuori e quanto sei già fortunato solo ad avere un lavoro (bello o brutto che sia).

Se c’è un momento sbagliato per essere nuovamente sul mercato del lavoro …
è questo, non c’è dubbio!

Quindi per favore, non discutiamo neppure di quanto sia dura e difficile.
Parlarne in questi termini ci porta solo l’ansia e perdiamo energie preziose.

È vero, alcuni settori sono più duri di altri ma è così da sempre.
Sarà sempre così.

Ogni grande crisi porta con sé la mancanza di speranza eppure ne siamo sempre usciti,
fin dai tempi della rivoluzione industriale.

È una questione di “credo”.

Se credi che non ci sia alcuna possibilità “là fuori”, ogni porta si chiude e l’unica possibilità che hai è quella di stare fermo e sentirti in trappola.
Ma, se credi che avere una possibilità “là fuori”, puoi prepararti, lanciarti, lavorare sodo per riuscirci.
Per tirarti fuori da un lavoro che non piace!

Se insisti, alla fine ce la fai.


“Il cambiamento fa paura, ma è anche il motore della crescita. Il coaching per la carriera ti aiuta a superare i blocchi e a scoprire nuove possibilità.”

3. Hai paura di lasciare la sicurezza del tuo attuale lavoro

Il lavoro attuale, non è così stimolante ma almeno, conosci già tutto-e-tutti e non è così stressante?
Perché lasciare la tua confortevole routine familiare?
E se poi non vai d’accordo con il nuovo capo o i nuovi colleghi?
Sai che casini! Ma chi te lo fa fare!

È naturale aver paura del cambiamento e dell’ignoto e queste domande (con la conseguente “botta d’ansia”) sono normali.

Ci stanno.

Anche se l’ignoto può spesso apparire inizialmente minaccioso,
può essere un fattore accelerante per andare incontro alle soddisfazioni nella vita,
tra cui una carriera piacevole e gratificante.

 


 

Che cosa farai per gestire l’incertezza e l’imprevisto?

Il pericolo è diventare troppo esitanti e titubanti oppure, al contrario,
di buttarsi con troppa foga senza calcolare rischi e conseguenze.

La verità è che la paura dell’ignoto ci accompagnerà sempre.

Avremo sempre timore di sbagliare, di non conoscere a priori quale sia la scelta giusta e quella sbagliata.
Dobbiamo accettare la paura come un dato di fatto e considerarla come parte integrante del nostro percorso personale.
Accettare la paura, non significa essere paurosi, rassegnati o irresponsabili.
Vuol dire, semplicemente, essere più saggi e concreti.

E poi scusa, come puoi programmare un cambiamento in questi tempi così complessi e incerti?
Anche se ti organizzi e pianifichi con cura, ci saranno sempre imprevisti, calcoli sbagliati,
ritardi e cambi di programma.

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2.

13 cose che deve fare un manager il primo giorno di lavoro – parte 2

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LEGGI ANCHE > la parte 1.

7. Non essere se stesso (non ancora)

La parola d’ordine per il tuo primo giorno di lavoro è moderazione.
Non gettarti subito a capofitto nella mischia.

È il tuo primo giorno di lavoro.
Calma … ragioniamoci sopra un attimo.

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Sei un tipo frizzante che sprizza energia da tutti i pori? Bene, abbassa l’intensità altrimenti rischi di spaventare le persone.

Oppure sei una persona pacata, tranquilla e riflessiva? Alza i toni di una tacca. Prendi una tazza in più di caffè e sfoggia tuo miglior sorriso (anche se di circostanza, per oggi).

Se hai il senso dell’umorismo, questo è il momento giusto di tirarlo fuori. Se non c’è hai, lascia stare … non c’è niente di peggio per inguaiarsi subito con una battuta logora che non fa ridere nessuno!

8. Parlare poco e ascoltare di più

Ascoltare è il modo migliore per conquistare la fiducia delle persone.

Imparare ad ascoltare è il segreto per avere una comunicazione davvero efficace. Se non ascolti, come puoi pretendere di farti ascoltare e di comunicare efficacemente con il tuo nuovo team?

Non dare per scontata quest’abilità per il solo fatto di sentire quello che la persona sta dicendo. Ascoltare va oltre il semplice “sentire”: è empatia. La capacità di entrare in empatia ci permette di capire il messaggio nel suo giusto contesto, dimostrando sincero interesse per gli altri.

Nei prossimi giorni, ascolta i bisogni dei tuoi collaboratori, le loro perplessità, i loro dubbi, senti cosa vorrebbero cambiare. Mostra rispetto per le loro opinioni e chiedi feedback sulle tue idee … poi agisci di conseguenza, mantenendo la tua autonomia di pensiero e d’azione (guai a perderla!).

Se sai ascoltare gli altri vuol dire che sei una persona sicura di te e non hai paura del confronto. Vuol dire che sei … un vero leader!

9. Conoscere il prima possibile la cultura aziendale

È fondamentale prestare attenzione ai segni non detti che definiscono la cultura aziendale di un’organizzazione (grande o piccola che sia).

Il personale ha orari flessibili? È un ambiente discreto o chiacchierone? I collaboratori socializzano insieme o ognuno si fa i fatti suoi? I dipendenti si sentono parte dell’azienda oppure “tirano” semplicemente fino a sera?

 


 

Saper riconoscere questo ti permetterà di entrare rapidamente in sintonia con la cultura della tua nuova organizzazione e di evitare autogol i “primi minuti di gioco”.

10. Prestare attenzione all’istinto

Lasciati guidare dall’istinto … che si tratti di un processo, di una singola persona o di una serie di priorità.

Ascoltare l’istinto significa fare silenzio interiormente. Ascoltare l’istinto vuol dire placare il nostro chiacchiericcio interno, prestare la nostra più totale attenzione e “sentire”.
Se qualcosa non ti torna, fai attenzione. Non sarai mai più vicino alla verità (e alla realtà) come i primi giorni di lavoro. Il tuo sguardo è pulito, puro, non ancora condizionato, stai guardando (più o meno) con gli occhi di un bambino.

Tutto appare come è. Tutto si mostra come è.

L’istinto va oltre le frasi di rito, i sorrisi di circostanza, le strette di mano, gli inchini e i salamelecchi che accompagnano l’arrivo di ogni nuovo capo o manager.

È una visione pura, vergine, primaria, … poi sarai subito calato nel frastuono di riunioni, target, budget, urgenze, ansia e stress e questa percezione diventerà via via sempre più sfuggente e poi sparirà.

Per sempre.

Prendi carta e penna e annota di getto (sensazioni sulle persone, sui compiti, ecc.) tutto quello che ti passa dalla mente i primi giorni di lavoro ….

Ti tornerà utile.

11. Evitare proclami e critiche ai predecessori

“Da oggi finalmente si cambia”
“Da oggi aria nuova …”
“Non mi chiamo mica XXXX io, vedrete …”

È facile essere critici con chi non c’è più.
È un bersaglio facile.

Non farlo. Così facendo darai l’impressione che tu sei il tipo che incolpa gli altri e, soprattutto, poco sincero. Sono già tanti i buffoni e gli arroganti nel mondo del lavoro!

Se proprio devi farlo, riconosci le possibili carenze del passato ma fallo con cura e prudenza, senza giudizio personale. Parla solo di fatti concreti.


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12. Non partire subito con i cambiamenti

Molti capi nuovi si presentano in azienda e spingono subito per il cambiamento … pensando che questo sia il miglior biglietto da visita per presentarsi al nuovo team o ai nuovi proprietari.

A volte è così. Spesso no.

Cambiamenti a “razzo” ti si possono ritorcere contro e causare errori costosi che possono minare, fin da subito, la tua credibilità.

Il cambiamento si farà ma prima di spingere sull’acceleratore devi studiare (bene) il tuo l’ambiente lavorativo. Come sono prese le decisioni? Quali saranno gli impatti operativi e finanziari? Come la prenderanno le persone coinvolte? Saranno contente, resisteranno oppure “remeranno” contro?

Resisti alla tentazione di cambiare subito in modo compulsivo. Porti queste domande ti permetterà di evitare trappole e resistenze che accompagnano ogni cambiamento (piccolo o grande che sia) nel tuo nuovo luogo di lavoro.

13. Salutare il team personalmente

Ma non l’avevamo già detto?

Si, il mattino, adesso però siamo alla fine della tua (prima) giornata di lavoro.

Cosa c’è? Sei così stanco?

Questo non vale solo il primo giorno ma per sempre.

Passa in tutto l’ufficio, store o centro a dare la buonasera e l’arrivederci a tutto il personale. Non è necessario stringere la mano a ogni singola persona. Questo piccolo gesto ti servirà a costruire relazioni durature.

 


 

Primo giorno di lavoro? In bocca al lupo!

Prendi in considerazione questi spunti come semplici linee guida e non come regole da applicare rigidamente. Se ti serve un supporto mirato e personalizzato per cominciare con il piede giusto il tuo nuovo posto di lavoro … ecco il personal coaching!

L’importante comunque è partire bene il primo giorno di lavoro.
Buona fortuna!

13 cose che deve fare un manager il primo giorno di lavoro – parte 1

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Che tu sia prossimo a lavorare per un’innovativa startup, una piccola impresa a conduzione familiare,
un lussuoso store del centro oppure un grande progetto per una multinazionale il tuo approccio iniziale farà una notevole differenza,
tra il successo e il fallimento nella tua permanenza in quest’azienda.

Come comportarsi il primo giorno di lavoro?

Chi ben comincia … dice il detto.
E quale migliore inizio ci può essere, se non quello del primo giorno di lavoro!

Ti stanno aspettando.

Sarai stimolato ed emozionato. Sarai di fronte a difficoltà e opportunità, e il tuo obiettivo dovrebbe essere quello di sfruttare al meglio tutte le situazioni … a partire dal tuo primo giorno di lavoro.

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Ecco 13 suggerimenti che spero ti diano spunti e la direzione giusta per avvicinarti con successo al tuo nuovo lavoro. Potresti trovare spunti interessanti anche nel mio libro “Autorevolezza strategie e tecniche per diventare il riferimento carismatico dei tuoi collaboratori e colleghi“:

1. Dormire bene

Se vuoi, i primi giorni di lavoro, essere già incisivo, aver l’occhio sveglio ed essere reattivo mentre incontri decine di persone nuove, “prendi a carico” un bel pieno d’informazioni nuove, devi essere riposato.

Se ti manca il ritmo lavorativo non pensare che se vai a dormire presto la notte prima hai risolto il problema. Gli esperti dicono che per di ri-formare il tuo corpo a mantenere regolari ore di lavoro hai bisogno di un certo periodo di “riallineamento”.

Tradotto, vuol dire andare a dormire non troppo tardi e svegliarsi presto almeno due settimane prima dell’inizio (anche se immagino, ti sembra poco ragionevole).

2. Controllare il tragitto casa-lavoro

Arrivare in ritardo il primo giorno è imperdonabile.

Non è possibile. Non c’è scusa che regga!

Se sei bicicletta, in auto, in autobus o devi camminare per il tuo nuovo lavoro, è consigliatissimo provare il percorso prima del “grande giorno”. Ricordati di calcolare l’effetto “ora di punta”, che raddoppierà automaticamente il tempo degli spostamenti quotidiani.

Hai già gli orari d’arrivo e di partenza di treni, metro o bus?

Meglio avere un piano B per ogni evenienza (scioperi, mal tempo, ecc.).

Una volta che sai esattamente quanto tempo ci vuole dalla tua porta alla tua scrivania, durante l’ora di punta, “attacca” altri 10 minuti, così per-non-saper-ne-leggere-ne-scrivere. Non è un dramma se arrivi in po’ in anticipo il tuo primo giorno di lavoro.

 


 

3. Vestirsi professionalmente

Non si dovrebbe mai sottovalutare l’importanza di vestire professionalmente perché svolge un ruolo enorme nel modo in cui si sarà trattati inizialmente.

Presentarsi il primo giorno di lavoro “perfettamente curati” significa trasmettere efficienza e affidabilità; essere “trasandati” significa invece disorganizzazione e inaffidabilità. Dopo un po’, ci si può rendere conto che queste cose non corrispondono necessariamente alla realtà, ma inizialmente, sono il tuo aspetto e il tuo abbigliamento a parlare per te.

Il tuo aspetto la dice lunga.
Ti piaccia o no, sarai giudicato (anche) in base a questo.

Vestire in modo professionale non comprende solo l’abbigliamento ma anche l’aspetto personale: capelli, viso, mani, l’alito deve sapere di fresco, profumo o dopobarba (non troppo invasivi) devono creare una significativa immagine positiva di te.

4. Avere un atteggiamento positivo

Niente funziona meglio, ancor di più il primo giorno di lavoro, come trasmettere ai nuovi collaboratori un atteggiamento positivo. Fai in modo che il tuo atteggiamento di fiducia contagi tutto l’ambiente.

Una postura dritta, un passo deciso, una stretta di mano schietta accompagnata da un bel sorriso sincero (che non deve essere frivolo o ancora peggio da-scemo)!

Lascia da parte … entrata da star, camminata impettita o accompagnata da slogan e proclami.

Fare qualche battuta (pochissime e appropriate) ti può servire a “rompere il ghiaccio” e scaldare un po’ il rapporto. Se non te la senti o non sei il tipo … lascia perdere, meglio non rischiare il primo giorno di lavoro.

5. Salutare il team personalmente

Spesso questo è sottovalutato.

Se riconosci ogni componente del tuo team come persona degna di un saluto personale, metti una base fondamentale nella relazione, nei primi momenti della tua gestione.

Ogni singolo collaboratore del tuo team, a qualsiasi livello di contributo che darà, ha bisogno di sapere che sei interessato a lui/lei anche come persone e che hai la capacità e la motivazione di andare oltre i numeri e la produttività.


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6. Imparare i nomi dei collaboratori

Nessuno si aspetta che lo farai entro la fine del primo giorno o della settimana.

È consigliato però, nel più breve tempo possibile, imparare i nomi di tutti i membri del tuo team.
Imparare, ricordare e pronunciare correttamente rapidamente i nomi di altre persone (soprattutto dei tuoi nuovi collaboratori) è molto più di una questione di educazione, è una questione di team leadership.

Perché? Cosa c’è in un nome?
Tutto!
Il nome è la nostra identità.

In un periodo in cui si parla tanto di team building e troppo spesso ci dimentichiamo che ogni persona vuole essere trattata come un individuo, vuole sentirsi unico e speciale.
Quando usiamo il nome (oltre ad essere educati e gentili) stiamo creando un legame, perché riconosciamo il valore e l’unicità della persona. Questa semplice cortesia ti aiuterà a costruire rapporti duraturi.

Quando fai subito riferimento a un tuo collaboratore con il suo nome, gli stai dando tutto il tuo rispetto!

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2.

Elimina queste 7 parole se vuoi salvare la tua credibilità sul lavoro – 2

parole da evitare

Leggi anche la parte 1.

4. “Credo”

Esprimi subito il tuo pensiero senza troppi preamboli.

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“Credo, secondo me, dal mio punto di vista” … non infondono fiducia. Così dicendo getti ombre sulla tua affidabilità e la tua autorevolezza. Non essere titubante (almeno non darne l’idea) ma piuttosto chiaro e deciso.

“Credo di si”
“Credo di riuscire”
“Penso che vada bene”
“Credo che riusciamo a stare nei tempi”

5. “Potrei – vorrei”

Perché gli altri dovrebbero sentirsi sicuri delle tue scelte se usi parole così piene d’incertezza?

Decidere riguardo carriera, soldi o persone è difficile, lo sappiamo. Ma questo non ci deve dare la scusa per andare in giro a dire che noi “potremmo” fare questo o “vorremmo” fare quest’altro per poi cambiare idea subito dopo. Quando ciondoliamo tra varie scelte e indecisione, la nostra credibilità (ahinoi) cola a picco.

Per esempio tra queste frasi “Vorrei diventare un formatore” e “Voglio diventare un formatore” quale trasmette più volontà e decisione d’agire?

6. “Fidati”

La sincerità non si proclama.

Punto.
Non so te, ma tutte le volte che qualcuno mi dice di fidarmi di lui … il mio istinto mi dice “Non fidarti!”.

 


 

“Fidati”, è degradante sia per la nostra professionalità sia per la nostra serietà. Se sono sicuro della mia parola e della mia integrità, l’ultima (ma proprio l’ultima) cosa che penso di fare è di affermare o “mettere sul piatto” la mia serietà.

Non proclamare la tua correttezza, lascia che parli di te attraverso le tue azioni, i tuoi gesti e le tue parole. Se proprio devi dimostrarla, porta esempi concreti di situazioni realmente accadute che mostrino in che modo ti sei comportato o come hai reagito.

7. “Ad essere onesto”

Seguito dai suoi 3 fratellastri “A dire la verità … “, e “A dire il vero” oppure “Onestamente, …”

Queste frasi da evitare suonano totalmente vuote e così … poco sincere.

Come può qualcuno fidarsi della tua sincerità solo adesso … allora non sei stato onesto prima?
Chi mi assicura che adesso lo sarai veramente?

Se devi iniziare alcune frasi con la parola “onestamente”, implica che sei stato poco onesto in altri momenti. Dietro un onestamente o una dichiarazione di sincerità si nasconde spesso una bugia altrimenti non avremmo il bisogno di “addolcire” il nostro discorso con queste parole.

Non rifugiamoci dietro queste espressioni fumose che ci danno solo l’illusione di trasmettere rassicurazione e tranquillità.
Non mercanteggiare la tua onestà e sincerità.

So che stai anche pensando … usi questa espressione quando hai bisogno di rispondere a una domanda (davvero) difficile in modo (davvero) onesto. Devi dichiarare una verità profonda, scomoda, spiacevole e anche imbarazzante e questo “onestamente” ti serve come preambolo e a “preparare il campo” prima del botto.

Ok ci sta.
Ma è meglio non dirlo lo stesso.

Piuttosto usa qualcosa del tipo “Sai che sono sempre stato onesto e sincero con te/voi e la risposta che darò può essere difficile da sentire … “.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per la tua carriera di successo
 

Frasi da evitare? Non è semplice

“Parlare è la peggiore forma di comunicazione.
L’uomo non si esprime pienamente che attraverso i suoi silenzi.”
Frédéric Dard

Quasi, forse, credo, provo, ecc”.
Il punto non è eliminare queste parole ma solo controllarle e non inserirle in quasi tutte le frasi. Un conto è usarle con gli amici al bar, un altro è utilizzarle sul lavoro quando si discute di un progetto, un compito o un problema.

È vero… hai “sempre detto così” e diventa difficile cambiare e migliorare. Una cattiva abitudine si modifica soltanto con attenzione e costanza. Da domani, presta attenzione a quello che dici, conta quante volte usi queste frasi da evitare … e comincia a invertire la tendenza.

Vedrai che, giorno dopo giorno, diventerà naturale!

Elimina queste 7 parole se vuoi salvare la tua credibilità sul lavoro – 1

parole da evitare

Parlare troppo e male è forse l’errore più comune che facciamo.

Dovremmo parlare molto meno.

Tutti.

Magari pensiamo di fare grandi conversazioni profonde, invece purtroppo la maggioranza delle frasi che diciamo hanno poco senso o non significano addirittura nulla.

Oppure, nel tentativo di rendere i nostri discorsi più autorevoli,
aggiungiamo qua e là delle parole per dare più enfasi e,
ironicamente, produciamo esattamente l’effetto opposto.

Ci sono parole da evitare sul lavoro?

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Certo che si!
Più che parole da evitare direi sono da controllare,
da non utilizzare spesso.

Devi imparare a prestare molta attenzione a tutte quelle espressioni, frasi o parole che possono, a livello inconscio,
essere interpretate negativamente o che rischiano di minare la fiducia del tuo capo,
dei colleghi o dei collaboratori nei tuoi confronti.

Queste tipiche espressioni riempitive, che indeboliscono la comunicazione,
sono entrate talmente in uso comune che oramai non ci accorgiamo neanche più …
perché le diciamo.

E poi c’è dell’altro …
se con (alcune) di queste frasi pensiamo, di essere rassicuranti e trasmettere tranquillità agli altri, ci sbagliamo di grosso.

Al contrario, spesso aumentiamo dubbi e perplessità

Perché?

Sono frasi approssimative,
con le quali pensiamo di colpire favorevolmente il nostro interlocutore,
di solleticare la fiducia della persona oppure (semplicemente) non sappiamo cosa dire,
e allora le utilizziamo solo per darci un pò più di tono.

Prima di iniziare un’altra conversazione con il tuo capo, un collaboratore o un amico,
assicurati di non utilizzare (spesso) queste 7 parole da evitare che compromettono la tua credibilità e trasmettono mancanza d’impegno e di capacità:

1. “Quasi”

Non sono da meno anche “Più o meno” e “Forse”.

Sono parole da evitare, apparentemente innocue,
sono usate quando non si vuole dire qualcosa a titolo definitivo.

 


 

Che danni possono fare?
Usate spesso diventano particolarmente negative perché trasmettono insicurezza e incertezza,
e dai l’idea di uno che è o non sarà in grado di prendere decisioni.

“Ho quasi finito.”
“Sto quasi arrivando”
“Il preventivo è quasi pronto”
“Forse riusciamo …”

Pensaci la prossima volta che stai per dirlo ai tuoi collaboratori, colleghi o capo.
Ogni volta che diciamo che abbiamo “quasi” fatto qualcosa,
la verità è che non l’abbiamo ancora fatta. Non abbiamo ancora finito,
non siamo ancora arrivati, non siamo riusciti, il preventivo non è pronto, ecc …

È meglio invece,
condividere i progressi fatti, dare una stima del tempo restante oppure indicare un termine preciso.
Sto ultimando il paragrafo delle garanzie. Il preventivo sarà pronto per domani alle 9.00”.

2. “Provare”

Preferisci un collaboratore che sta provando a risolvere il problema o l’altro che vuole risolvere il problema?
Quest’ultimo, di sicuro.

Certo … provare è importante per risolvere un problema,
decidere una nuova strategia … ma a un certo punto si deve smettere di cercare e solo iniziare a fare.

In caso contrario, i tuoi collaboratori o colleghi perderanno fiducia nelle tue capacità.

Se ripeti spesso che stai provando, dai quasi per scontato che non ce la farai …
stai solo provando, infatti! È una questione d’approccio … dicendo “sto provando” significa che non sei disposto ad assumerti la piena responsabilità.
Io ci provo ma se non va …”, “Boh! Non lo so se funziona … ci provo”.

Quando si tratta di parlare di progetti o programmi incompiuti meglio evitare quello che si è tentato di fare.
Se è necessario,
presentare l’obiettivo finale evidenziando solo i punti di azione concreti.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per la tua carriera di successo
 

3. “Spero”

Se è vero (e lo è) che “La speranza è l’ultima a morire” altra verità è che “Chi vive sperando muore caxxxxo”.

Le espressioni negative e dubbiose hanno il potere di condizionare negativamente chi ascolta.
Se poi le usi spesso …
il negativo e il dubbioso diventi tu!

Indica poco convinzione e insicurezza.
Se “speri”, significa che sei tu il primo poco convinto di quello che stai dicendo o proponendo.

“Spero vi piaccia”
“Auspico di ricevere la merce in tempo”
“Spero di riuscire a finire il preventivo per venerdì”

Assicurati di essere assolutamente certo di quello che dici o esponi anche (e soprattutto) quando devi esprimere difficoltà o perplessità.

Continua a leggere la parte 2.

Stanco delle scuse dei collaboratori? 9 spunti per neutralizzarle – parte 2

scuse dei collaboratori

Leggi anche la parte 1.

5. Fare domande mirate per capire

Le domande ti permetteranno di approfondire, di chiarire la questione, capire la causa principale del problema e arrivare alla radice della scusa.

Fare domande trasmetterà ai tuoi collaboratori che non sei il tipo che accetta le scuse senza dire una parola. Anche perché quando fai le domande giuste, molto spesso le scuse si rilevano tutt’altro che scusabili.

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La chiave è concentrarsi su domande aperte. Evita risposta con SI/No. Questo costringerà la persona a pensare davvero cosa rispondere e non buttare lì una delle solite frasi di circostanza.

Per esempio, se un collaboratore insiste nel dire che non ha trovato il tempo di portare a termine quanto richiesto, puoi chiedere:
“Quando ti è stato assegnato il progetto/compito?”
“Quando hai iniziato?”
“A cosa hai dato la priorità in tutto questo tempo?”
“Che cosa hai fatto/provato/pensato quando vedevi che eri in ritardo?”
“Cosa ti ha spinto a comunicarmelo solo adesso?”

Come puoi vedere è difficile dare risposte banali o scontate a queste domande.

A volte, può anche accadere che invece alcune scuse siano legittime o giustificabili ma tocca a te, come manager o responsabile, scavare, scoprire e decidere il da farsi.

Mi ricordo di una collaboratrice che continuava ad arrivare in ritardo (anche se di pochi minuti).
La scusa era riferita una volta al treno in ritardo, un’altra al bus che non aspettava la coincidenza, ecc.

Sono stato tentato di respingere malamente le continue scuse ma poi ho deciso di dare un’occhiata più da vicino alla questione. In effetti, il paesino dove abitava era mal servito dai mezzi pubblici. Per arrivare 5 minuti prima sarebbe dovuta partire da casa 1 ora prima, cambiare 3 mezzi e fare un giro più lungo. Mi è bastato darle un piccolo orario flessibile in entrata per risolvere la questione e non sentire le sue continue scuse (che m’innervosivano parecchio).

6. Chiedere al collaboratore di trovare soluzioni

La cosa importante da trasmettere ai collaboratori è non cercare scuse ma trovare piuttosto soluzioni per superare il problema.
Spetta a loro garantire l’efficacia e prevenire futuri problemi.

Cosa gli serve?
Spostare la pausa di mezzogiorno, uscire prima da casa, un parcheggio nelle vicinanze,
un supporto per svolgere quel determinato compito?
 


 

Rimani in attesa delle loro risoluzioni o proposte. Non assumere tu la responsabilità di trovare una soluzione. Evita di cedere alla tentazione di fare il consulente o il papà/mamma (non è il tuo ruolo).

Se ricominciano di nuovo le scuse dei collaboratori,
puoi sempre chiedere il motivo per cui la prima soluzione non ha funzionato.

7. Focus sulle azioni non sulla persona

Esponi il problema in modo oggettivo e senza pregiudizi.

Concentrati solo sulla prestazione. Evita attacchi personali o commenti sulla persona. L’autostima del tuo collaboratore non va toccata! Qui siamo su un terreno minato e molto sensibile. Un passo falso e il rapporto si può danneggiare per sempre.

La critica si deve riferire esclusivamente a un comportamento, un compito o una situazione particolare. Evita di usare parole tipo ogni volta, sempre, mai, che rischiano di trasformare la critica in un rimprovero scoraggiante “Sei sempre in ritardo” oppure “Ogni volta sbagli”.

Evita anche “Sei inaffidabile”, “Sei il solito ritardatario” come pure “Sei un incapace” oppure “Sei uno stupido”.

Se impari a muovere critiche costruttive bilanciando garbo e autorità, aumenterai il tuo rispetto, la tua credibilità e la produttività delle persone che ti circondano.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la gestione del tuo team
 

8. Definire le aspettative per la prossima volta

Dopo aver ordinato per bene spiegazioni, motivazioni e problemi, è il momento di determinare chiare aspettative per il futuro.

Se, per esempio, il collaboratore ha avuto difficoltà a organizzare il suo tempo puoi ripetere le strategie di gestione del tempo che avete stabilito e decidete una serie di controlli periodici, per essere sicuri di mantenere la giusta direzione.

Se invece il collaboratore “non sapeva come fare“, devi assicurarti che adesso è consapevole delle risorse disponibili e che capisca che deve prendere l’iniziativa, invece di aspettare passivamente la scadenza o di incolpare ad altri.

Prova a esprimere un auspicio positivo per il futuro.

Per esempio, anziché dire, “Sei il solito ritardatario” prova con “Sarei molto contento se le prossime volte riuscissi ad arrivare puntuale”.

Anziché criticare la persona, tipo “Non sei bravo per questo compito” molto meglio dire “Per questo compito, penso che potresti procedere in modo diverso”.

9. Riaffermare la fiducia e chiudere la questione

Rinnova la tua fiducia nella persona, nelle sue capacità e poi … smettila di parlarne! Non ripeterti e non fare battutine.

Un leader eccellente non cerca rivincite o vendette, sa che è parte del suo lavoro coinvolgere il personale sulle prestazioni e le scuse o resistenze che inevitabilmente seguono quando si tenta di cambiare o migliorare un comportamento.

E se le scuse dei collaboratori continuano?

A volte, può capitare che il feedback, dato anche a più riprese, non porti ad alcun risultato o cambiamento accettabile.
Se il tuo collaboratore rifiuta di ascoltare il tuo feedback o lo fa con sufficienza, significa che non è capace di accettarlo.

Prendine atto, cambia strategia e trova un’altra soluzione.
E questa è tutta un’altra storia!

Stanco delle scuse dei collaboratori? 9 spunti per neutralizzarle – parte 1

scuse dei collaboratori

Le scuse dei collaboratori ti stanno sfibrando?
Che siano legate a un grande progetto o a una semplice consegna poco importa … la lista sembra non finire mai.


“Non ne ho avuto tempo”
“Ho troppe cose da fare in questo momento”
“Non ho mai imparato a farlo”
“Non ho trovato il parcheggio”
“il treno/bus/metro era in ritardo”
“Non è colpa mia”
“Ero di libero”
“Non ne so niente”
“Boh! Non lo so, chiedete a Luigi”
“Scusa … ma quale progetto?”

Molte volte la scusa inizia alla chetichella, dei piccoli ritardi 1 o 2 volte la settimana per via del traffico o il parcheggio. Ben presto il ritardo si trasformerà in un fatto quotidiano. E quel che è peggio che anche altri dipendenti inizieranno a trarre subito vantaggio da quest’opportunità, che sentono non essere stata affrontata subito e con la dovuta decisione.

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Le persone si accorgono rapidamente quando sono ammesse scuse. Alla fine rischia di diventare un vero e proprio fenomeno morale all’interno di un’azienda perché si è creata una cultura della prevenzione piuttosto che della responsabilità!

E poi ci sono i professionisti.

Quel collaboratore/trice che rifiuta assolutamente di accettare la responsabilità per qualsiasi azione o errori, anche di fronte a prove inconfutabili. Non si assume mai le responsabilità e se ne tira sempre fuori. Non era lì, e se c’era, era occupato a fare altro … ne ha sempre pronta una!

Come sei messo con le scuse dei collaboratori?

Il tuo dipendente ha davvero troppo lavoro? C’è davvero tanto da fare e così poco tempo? O forse sei un capo che-è-facile-da-metter-via? O forse sei uno che si logora per giorni per poi esplodere di botto davanti a quello che (ironia della sorte) arriva in ritardo per la prima volta e di soli 58 secondi? Sai comunicare in modo efficace con il tuo team?

In effetti, la comunicazione è l’ingrediente chiave per cambiare il modo in cui il tuo personale si comporta o lavora. Detto questo, non pensare che solo perché comunichi meglio con il tuo team, le scuse spariranno come d’incanto.

Magari.

La cosa importante da ricordare è che …
manager e gestori spesso falliscono perché permettono ai loro collaboratori o dipendenti di farla franca con le scuse.

La prossima volta che senti scuse o giustificazioni poco accettabili prova ad applicare questi 9 spunti per neutralizzarle:

1. Dare l’esempio

Il buon esempio, sosteneva il pedagogo greco Isocrate, è un dovere per chi comanda.
 


 

Non si può pretendere, infatti, che il popolo sia onesto e permettere a chi governa di non osservare le leggi. Un vero leader deve indicare la direzione e il suo comportamento deve essere irreprensibile.

Non cercare scuse neanche per te stesso.

Assumersi le responsabilità è un mezzo potente per creare rispetto e fiducia e, allo stesso tempo, incoraggia i tuoi collaboratori a fare lo stesso.

(P.S.
Mi domando cosa direbbe il buon Isocrate sentendo oggi il TG delle 20.00?)

2. Agire in fretta per affrontare il problema

Se ti senti sfibrato dalle continue scuse dei collaboratori, vuol dire che ne senti spesso, il fenomeno è già rodato e sta assumendo connotati pericolosi.

Stop.
Adesso.

È il momento di fermare questa escalation e dimostrare a tutti che ci saranno conseguenze, a prescindere delle scuse. Se consenti ancora di giustificare scarse prestazioni autorizzi tutti a fare lo stesso, anche quei dipendenti che rispettano regole e procedure.

3. Smettere di dire “Va bene”

Quando mi capitava di sentire una scusa, ricordo che rispondevo “Va bene”. Mi sembrava una soluzione facile e semplice, mi toglieva dagli impicci e soprattutto mi evitava i confronti con i collaboratori.

Tutto bene allora?
Per niente.
Ho dovuto imparare (anche più che rapidamente) che la conversazione non poteva certo chiudersi lì.

Era necessario trovare il modo di neutralizzare le scuse oppure i collaboratori, ben presto, avrebbero cominciato a camminare (ma anche a correre) sulla mia leadership.

Accettare le scuse fa male alla reputazione e fa male alla produttività del team.

Soprattutto quando sono tutt’altro che accettabili. Accettare scuse passivamente è una delle peggiori cose che un manager possa fare. Questo genera una cultura d’irresponsabilità e un ambiente in cui i collaboratori saranno sempre pronti ad alzare l’asticella della scusa per sviare ogni responsabilità.

 
More: scopri il coaching per potenziare la tua team leadership
 

4. Mostrare delusione e le conseguenze

Permetti alla persona di spiegarsi.

Il focus è sul dipendente se davvero vuoi ascoltare quello che ha da dire. Non interromperlo, non controbattere, attendi fino allo fine e poi replica.

Quando senti una scusa inaccettabile, devi trasmettere un senso di delusione e spiegare esattamente come quello che è stato fatto (o non fatto) porterà conseguenze al team e all’Azienda nel suo complesso.

Evita “Sono così deluso da te ” ma piuttosto qualcosa del tipo “Facevo davvero conto di consegnare al Cliente il preventivo entro venerdì. Adesso siamo costretti tutti ad arrampicarci sugli specchi questo weekend”.

Magari se il tuo collaboratore si renderà conto che la sua mancanza (o errore) avrà ripercussioni su tutto il team,
forse la prossima volta ci penserà meglio.
Forse.

Continua a leggere la parte 2.

Team coaching per apprendere come potenziare l’accoglienza clienti

come fare accoglienza clienti

“Dimmelo e lo dimenticherò,
insegnamelo e (forse) lo ricorderò,
coinvolgimi e lo imparerò”.

Benjamin Franklin

Formazione e Coaching hanno approcci diversi

La formazione si propone di sviluppare le competenze, il Coaching invece lavora per l’auto sviluppo delle competenze e il superamento dei problemi concreti che s’incontrano quotidianamente sul lavoro.

In altre parole, la formazione dice “Adesso ti spiego qual è il modo giusto di farlo”, il coaching invece chiede “Come lo fai adesso? Come lo puoi migliorare?” e lascia al team il piacere e l’onere di “creare” (insieme al coach) la sua risposta personalizzata.
 


 

Ecco un esempio di team coaching con obiettivo “potenziare l’accoglienza clienti”.

In apertura, dopo le presentazioni di rito, chiedo …

Cos’è (davvero) l’accoglienza clienti?

Per fortuna sono molto bravo a “gestire il silenzio” (sono un coach) perché la risposta quasi sempre si fa attendere.

Poi qualcuno … il più temerario (o il più logorato dal silenzio) comincia a dire qualcosa tipo “ Quando entra la gente … dire buongiorno”, “salutare, essere gentili”, seguito da altri partecipanti … “dire arrivederci”, “Dire buongiorno, buonasera e buonanotte”, ecc.

La maggior parte delle volte, per il personale il concetto d’accoglienza non va aldilà di un’idea di buona educazione e riguarda solo i brevissimi momenti nei quali il cliente entra o esce dal punto vendita, centro estetico, fitness, hotel, banca o SPA che sia.

Inoltre, c’è poca consapevolezza degli errori e dei rischi che si corrono con un’accoglienza sbagliata ed è raro che “escano fuori” parole tipo ascolto, riconoscimento, disponibilità, empatia e qualità.

Poi è la volta delle domande su come fare accoglienza clienti …

“Come fare accoglienza clienti oggi?”

Con giochi di ruolo, il team è invitato ad accogliere dei ”finti” clienti. S’identificano errori, ostacoli, aree di miglioramento, ecc…

Una parte (sempre pratica) è dedicata agli errori e ai rischi che si corrono con un’accoglienza sbagliata, in altre parole come fare per evitare di trasmettere al cliente: noia, superiorità, risentimento, effetto “invisibile” o come non aggredire con le offerte, forzare l’acquisto, mostrare poca professionalità, ecc.

Adesso viene messo l’accento sulla domanda …

Come possiamo migliorare l’accoglienza?

Il team è coinvolto attivamente in questa “fase di costruzione”: si sperimentano nuove possibilità o alternative d’accoglienza, si lavora sulle espressioni, si perfeziona la postura, si affinano i gesti e le distanze.
 


 

Io come coach, lascio libera creatività al team per poi indirizzare, stimolare e appassionare. Il mio compito di coach, in questo frangente, è quello di coinvolgere tecnicamente ed emotivamente ogni singolo partecipante e renderlo partecipe su come fare accoglienza clienti del suo store o centro.

Poi è il turno di simulazioni per apprendere come “rispondere” a situazioni pratiche quotidiane tipo …

“Che succede se …?”

… entrano due clienti contemporaneamente? Se si apre la porta e suona il telefono chi-fa-cosa? Se parli con cliente A … come ti disponi per non dare le spalle al cliente B? Se la cliente deve pagare e tutti sono occupati?

Il team coaching è svolto nello store, centro o ufficio proprio per personalizzarlo su misura del cliente. I tuoi collaboratori hanno il bisogno di sapere (in modo chiaro) come possono/devono comportarsi in particolari frangenti.

Un’eccellente accoglienza clienti si basa sulla cura dei piccoli dettagli senza però essere frivola, ampollosa o invadente.

I punti di forza del team coaching sono il coinvolgimento, la personalizzazione e la concretezza. Poca teoria tanta pratica!

Le regole sono poche:
Il team coaching è riservato al personale … titolari, store manager, gerenti sono invitati solo all’eventuale sessione successiva.
Non c’è una durata prestabilita: si finisce “quando il messaggio è passato” per tutti i membri dello staff! Il team coaching è diverso da store a store perché è personalizzato sulle necessità del personale e dei clienti.

I vantaggi:

– Ogni partecipante è coinvolto tecnicamente ed emotivamente
– È un efficace mix di formazione e coaching
– Il team “costruisce” la sua personale risposta
– Ogni partecipante deve reagisce prontamente a domande o situazioni mirate
– Ogni partecipante si muove davanti ai colleghi “rompendo” resistenze, timidezza, ecc..
– Il coinvolgimento e le prove pratiche rendono efficace l’apprendimento

Gli obiettivi

Team coaching si può applicare a diversi obiettivi. Il mio proposito di coach è accompagnare il tuo team passo dopo passo verso l’obiettivo definito:

– Migliorare l’accoglienza e il servizio clienti
– Aumentare l’efficacia durante la fase di trattativa di vendita o consulenza
– Dare un cambio di marcia, di approccio e di produttività
– Formare e istruire il team per una nuova apertura
Massimizzare i risultati

Se desideri approfondire l’argomento – come fare accoglienza clienti-, contattami in assoluta tranquillità e trasparenza.

Senza alcun impegno, potremo definire il preventivo su misura, comprensivo di una panoramica delle attività che andremo a coprire e dei risultati che potremo ottenere.

Capo per la prima volta? 8 atteggiamenti da evitare se non vuoi bruciarti subito il team – 2

prima volta capo

Leggi anche la parte 1.

5. Pensare che solo perché non hai vita privata non la devono avere neanche gli altri

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Lo so che sei uno che lavora sodo, un panzer che non ci pensa su due volte se li chiedono di lavorare fino a tardi o nel fine settimana …
ma ti sei preso la briga di chiederti se per gli altri è lo stesso?

Ah! No?

Perché sgrani così gli occhi quando la tua collaboratrice ti chiama per dirti che il suo bambino è ancora malato.
Davvero non sai che i bambini si ammalano così spesso?

Ah! Non ne hai.

Per molti dei tuoi collaboratori l’equilibrio lavoro-privato è una sfida sfiancante che molto spesso li vede uscire perdenti.
Questo è quello che fa la gente per andare avanti.

Non ti nascondere dietro “Cosa ci posso fare? Non posso decidere diversamente!“.

A volte,
basta solo un po’ più di comprensione e un pizzico di simpatia.

6. Essere un amico piuttosto che essere il capo

L’amicizia sul lavoro è uno dei temi più delicati da affrontare.

Avere amici sul posto di lavoro ci dà più carica,
motivazione e una spalla cui poggiarsi in caso di difficoltà.

 


 

Ma tu sei il capo adesso … te lo sei scordato?

Il tuo ruolo è dare valutazioni per migliorare le prestazioni ma se temi che facendole,
qualcuno potrebbe prendere questo feedback personalmente, tanto da rovinare l’amicizia,
allora è meglio che rivedi il tuo concetto di amicizia sul lavoro.

La cosa migliore è mantenere un atteggiamento professionale e un comportamento equilibrato con tutti.
Leggi questo post per approfondire.

7. Essere un micro-manager

Non ti fidi dei tuoi collaboratori e il tuo desiderio di controllo è così da pretendere di verificare la corrispondenza e le e-mail,
di bloccare tutto finché non dai il tuo “OK” all’ultima proposta da inviare al cliente.

Perché tutto deve passare da te?
Vuoi veramente avere il controllo su tutto?

Lo sai che così facendo limiti la capacità delle persone, scoraggi l’iniziativa,
blocchi la motivazione, la crescita professionale e l’assunzione di responsabilità?

Se sei riluttante a delegare,
ti concentri sui dettagli e scoraggi il tuo staff nel prendere l’iniziativa è facile che diventi “il collo di bottiglia” della tua attività.

 
LA TUA CARRIERA DI SUCCESSO > scopri il percorso di coaching ideale per te
 

8. Partire a “razzo” con i cambiamenti

Molti persone (prima volta capo) si presentano in azienda e spingono subito per il cambiamento …
pensando che questo sia il modo migliore per proporsi al team,
mettersi in mostra e dimostrare il proprio valore.

A volte è così.
Spesso no.

Prima di partire come un siluro ricorda che … questo ti si può ritorcere contro,
creare nemici, minare la tua credibilità e causare errori costosi per l’azienda.

Che cosa fare allora?
Resisti alla tentazione compulsiva di agire subito.

Il cambiamento si farà ma prima di spingere sull’acceleratore devi studiare (bene) l’ambiente lavorativo.
Come sono prese le decisioni?
Quali saranno gli impatti operativi e finanziari?
Come la prenderanno le persone coinvolte?
Saranno contente del cambiamento o preferiscono lo status quo?

Porti queste domande ti permetterà di evitare trappole e resistenze che accompagnano ogni cambiamento (piccolo o grande che sia).

Prima volta capo? Mica facile!

Non dimenticare che il tuo lavoro richiede molto più che un’attività gestionale.

Quando sei per la prima volta capo sei entusiasta,
e vuoi essere sicuro di fare tutto bene per avere successo ma se pensi che, secondo le statistiche,
quasi la metà dei neopromossi fallisce nel primo anno e mezzo capisci quanto sia importante investire tempo ed energie nello sviluppo della tua leadership.

Il coaching può fare la differenza nel tuo sviluppo, quando sei un giovane imprenditore, manager o quadro, prima volta capo … approfondisci l’argomento!

Forse hai bisogno di maggiori informazioni?
Non sai ancora bene cosa sia il coaching e non hai ancora deciso se iniziare un percorso?
Lascia che ti spieghi cos’è (per me) e come lavoro ogni giorno,
scopri la mia guida di benvenuto facendo click qui.

Capo per la prima volta? 8 atteggiamenti da evitare se non vuoi bruciarti subito il team – 1

capo per la prima volta

Come ho scritto (proprio nell’introduzione) nel mio nuovo libro “Prima volta Leader – Se non nasci leader, lo puoi diventare” ti sei preparato e hai lavorato duramente per arrivare fin qui.

Te lo meriti.

Capo per la prima volta? Adesso ci siamo!

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L’agognata promozione è finalmente arrivata.

Sei eccitato, apprensivo, smani dalla voglia d’iniziare e …
ma questo non significa necessariamente che sarà facile.
Riuscire ad ottenere la promozione è solo il primo passo.

Essere un buon capo è un’altra cosa e … se inciampi appena fuori dal cancelletto di partenza non potrai mai avere questa possibilità.

Mettiamola così: le intenzioni sono buone ma come siamo messi con i nervi,
l’ego e la mancanza di esperienza?

Capo per la prima volta?
Ecco 8 atteggiamenti da evitare se non vuoi giocarti subito il team:

1. Essere un so-tutto-io

Quando sei giovane e rampante, pensi di essere l’unica persona che può fare bene le cose.

Certo, sei bravo e capace!

 


 

Il punto debole è che ti credi onnipotente ma anche onnisciente.

Assegni un compito impossibile ed esigi che sia sulla tua scrivania entro la fine della settimana.
Dai istruzioni vaghe e ti aspetti che i tuoi collaboratori capiscano al volo cosa deve esser fatto.

Non hai bisogno di spingere al limite per dimostrare che sei più intelligente dei tuoi collaboratori.
O forse si?

Credi di sapere tutto semplicemente perché ti è stato dato un titolo o l’ufficio più grande?

2. Essere accondiscendente per paura del giudizio

Se hai bisogno continuamente del giudizio positivo degli altri,
è un chiaro segno che hai paura di essere rifiutato o emarginato dal resto del gruppo.

È uno schema mentale che ti porta ben presto a fare di tutto per compiacere i tuoi collaboratori,
pur di ottenere la loro stima e il loro rispetto.

Pensi davvero che diventando una sorta di burattino otterrai più rispetto?
Nessuno apprezza realmente chi asseconda sempre gli altri, come un cagnolino.

Tanto meno un capo.
Soprattutto un capo.

3. Essere concentrato solo su te stesso

Un collaboratore ti chiede un favore, prometti di aiutarlo e di andarli incontro …
ma poi non se ne fa niente.

Un dipendente ti comunica un suo problema personale,
e pensi di essergli utili con semplici e spicciole frasi di circostanza.

Hai notato quanto desideriamo che gli altri ci ascoltino con attenzione ma quando è il nostro turno,
non sappiamo, non riusciamo o non vogliamo fare altrettanto?

La verità è che siamo distratti,
poco interessati sugli altri ma concentrati su noi stessi e sui nostri interessi.

Per trasmettere più empatia sul lavoro (e non solo) occorre uno sforzo d’interesse,
di concentrazione e d’attenzione
.

Occorrono disponibilità,
sano e sincero interesse verso gli altri.

Fallo e diventerai,
per i tuoi collaboratori un punto di riferimento importante e irrinunciabile,
anche se sei capo per la prima volta.

Un vero leader.

 


 

4. Scimmiottare un leader forte

L’hai visto fare in TV, al cinema o nei reality e allora perché non “trasportarlo paro-paro” anche sul lavoro?

Braccia conserte, sguardo truce da “capo-che-non-deve-chiedere-mai” o da “donna-manager-in-carriera”, sorriso sprezzante.

Sei critico,
usi il sarcasmo e le battute per svalutare gli altri e ogni occasione è buona per mettere in difficoltà i tuoi collaboratori
(proprio come hai visto fare in TV).

Scusa ma non è che stai scambiando arroganza e prepotenza per grinta e carattere?
Non cadere, per favore, in questo equivoco!

Sei consapevole che se alla prima-curva-vai-dritto
laggiù nel fosso non ti verrà a cercare nessuno?

Spesso se siamo aggressivi, prepotenti o arroganti è in genere un tentativo,
peraltro vano, di nascondere un profondo complesso d’inferiorità.

La fiducia più profonda è quella che si manifesta in modo tranquillo,
calmo e contenuto.

Quindi … sorridi di più e non prenderti troppo sul serio (proprio come non hai visto fare in TV).

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2

15 suggerimenti per gestire al meglio lo stress quotidiano- 2

stress quotidiano

Foto di MabelAmber

Leggi anche la parte 1.

8. Concentrarsi solo su ciò che puoi controllare

Prendi le distanze dalle cose che non puoi controllare.
Non farlo, ti porterà solo ansia e frustrazione!

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Viviamo in tempi complessi e incerti.
Per quanto tu possa organizzare e pianificare, ci saranno sempre imprevisti, appuntamenti cancellati, ritardi,
emergenze e cambi di programma.

Non sprecare la tua energia e le tue capacità su cose e fatti che non dipendono da te.
Non puoi controllare gli altri ma puoi solo gestire la tua reazione, il tuo atteggiamento, non lamentarti o demoralizzarti,
accetta quello-che-ti-passa-il-momento e focalizzati solo sulle prossime azioni da compiere.

9. Impegnarsi in almeno uno o due hobby

Gli hobby sono un ottimo modo per rilassarsi e dimenticarsi un po’ dello stress quotidiano.

Se hai sempre desiderato andare a cavallo o volare in parapendio, fallo ora!
Non è mai troppo tardi per imparare! Imparare qualcosa di nuovo distrarrà la mente dalle preoccupazioni,
facilitando il processo di rilassamento.

10. Occhio alle vacanze lampo

Ogni pausa di lavoro, anche se breve, rappresenta un riposo e un’occasione per una “ricarica energetica”.
Vacanze brevi (weekend, ponti, 2-giorni-mordi-e-fuggi) spesso non sono sufficienti a ripristinare completamente l’equilibrio psico-fisico usurato dallo stress quotidiano.

Personalmente,
con le vacanze-lampo ho chiuso da qualche tempo.
 


 

Non fanno per me!
Non riesco a staccare dallo stress quotidiano in così poco tempo.

Mi occorre più tempo, almeno una settimana.
Ho bisogno di almeno tutta la prima metà della vacanza per smaltire la tensione o per trovare energia e soltanto dalla seconda metà in poi il mio organismo comincia a riacquistare il suo equilibrio e inizio a beneficiare degli effetti procurati dal riposo.

Anche restare comodamente a casa,
può essere un modo efficace per ricaricare le pile.

11. “Scollegarsi” la sera e nei fine settimana ti aiuta a gestire lo stress quotidiano

Semplice ed efficace.

Scollega il tuo Smartphone la sera e il weekend.
Scollegati da questa connessione costante, concediti il permesso di non rispondere e di non essere disponibile.
Concediti il lusso di ricaricare le pile!

12. Controllare la posta a orari definiti

Controllare continuamente la posta elettronica vuol dire interrompere costantemente il flusso di lavoro,
distogliere assiduamente l’attenzione e sprecare, di conseguenza, un sacco di energia.

Come fare a resistere al bip sullo smartphone?
Ecco lo stress quotidiano!

Personalmente ho preso l’abitudine di controllare la posta elettronica a orari (più o meno) prestabiliti nell’arco della giornata: 3 volte il giorno (mattino-pranzo-tardo pomeriggio).
Si, esatto … un po’ come prendere le medicine.

È estremamente raro che un cliente, un problema non possa aspettare un paio d’ore.
Poco smart? No. Meno stress? Sicuro!

Con un amico si scherzava sull’apertura mail della pausa-pranzo.
Nel caso di mail-magagna, imprevisti o problemi.
Meglio aprirla prima o dopo pranzo? Meglio rovinare l’appetito o bloccare la digestione?

 
More: scopri il coaching per potenziare la tua team leadership
 

13. Non esagerare con WhatsApp e Facebook

Hai in mente i cinepanettoni?

Tutti li criticano, nessuno li guarda, poi a ogni Natale, costi quel che costi, tutti si riversano nei cinema.

Whats up e Facebook sono un po’ come i cinepanettoni.
Molti li criticano, altri li snobbano, chi dice “Io? Ci butto un occhio ogni tanto“, nessuno li usa e poi scopri che Fb e compagnia ogni mese aumenta il numero degli iscritti.

Niente di male per carità ma personalmente i social non mi entusiasmano.

Però leggo che sempre più persone cominciano a manifestare sintomi di vera e propria dipendenza, con tutto la conseguente ansia, stress … quindi?
Social si ma senza esagerare!

14. Non rimandare le cose difficili

“Ora non è il momento”
“Lo farò quando sarò più tranquillo”
“Lo faccio domani”
“Tanto non c’è fretta

Un problema o un compito non affrontato tende di solito a diventare ancora più ostico.

Se rimandiamo, per esempio, di telefonare a una persona/cliente/collega/capo perchè proviamo disagio,
quando poi saremo costretti a farlo proveremo più disagio e saremo ancor più logorati da questo stillicidio di attese, ansia e stress.

15. Il benessere è una conquista

Troppe persone tendono a pensare al benessere come ad un colpo di fortuna, qualcosa che scende dal cielo,
che è legato alla fortuna oppure ad un regalo della vita.

Qui regali non ce ne sono.

Il benessere personale è il risultato (anche) di uno sforzo personale.

Non basta desiderarlo. Dobbiamo lavorare, insistere, perseverare per raggiungerlo.
Ma mi raccomando … non diventare maniacale o rigido nelle tue azioni perchè altrimenti rischi di diventare …
ancora più stressato!

15 suggerimenti per gestire al meglio lo stress quotidiano – 1

stress

Foto di MabelAmber

1. Mettere “in agenda” l’imprevisto

Organizzati la giornata e pianifica con metodo ma non farlo in modo maniacale e dettagliato!

Lascia uno spazio per l’imprevisto.

Sempre.

Quando accetti l’imprevedibilità e l’incertezza non significa che sei diventato incosciente, rassegnato o irresponsabile, ignorando tutto quello che ti circonda.
Vuol dire che scegli di essere saggio e concreto,
prendi coscienza di un dato di fatto.

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Prima lo consapevolizzi meglio è!

2. Ridere

Un cliente mi ha detto “Hai ragione … ma quando sono stressato, proprio non riesco a ridere”.

Se aspettiamo di essere tranquilli e rilassati per ridere rischiamo di aspettare una vita.

Sforzati di sorridere e ridere di più anche quando non-sei-in-vena,
ti senti stanco o nervoso.

Impara vedere il lato comico e divertente delle situazioni, prendi la vita con più gusto.
All’inizio, può sembrare difficile ma vale la pena di provare. Lasciati andare … e rilassati.

Non sai come fare? Prendi lezione da bambini …
sono i migliori maestri!

3. Non lamentarsi

Lamentarsi dell’economia, la società, della crisi, la concorrenza, del capo, dei colleghi, i politici, …
è un lavoro a tempo pieno per alcune persone.

Spero non per te.
Non facciamoci imbrigliare in questo comportamento negativo.

 


 

4. Frequentare persone positive

Evita le persone negative … ti succhiano l’energia (proprio come i vampiri).

Ascoltando i loro problemi ti sentirai stanco e logoro.

L’energia è contagiosa.

Frequenta regolarmente (o almeno una volta la settimana) persone che hanno un atteggiamento mentale positivo.
Una conversazione intelligente con qualcuno al di fuori del tuo settore o che non conosce la tua storia/attività può darti una prospettiva nuova e una spinta positiva.

5. Concentrarsi solo sul futuro

Non si può cambiare il passato.

Però si possono influenzare i risultati futuri.
Invece di focalizzarti su quello che dovevi fare (e non hai fatto) concentrati solo su ciò che puoi fare (da adesso in poi) …
e vai avanti!

6. Limitare l’esposizione alle news

Crisi, disoccupazioni, attentati, omicidi …
Oramai vedere i TG è diventato un vero scempio per le nostre risorse mentali.

Ne abbiamo già così poche!
Vuoi dire di no?

Abbiamo veramente bisogno di conoscere nel dettaglio tutto quello che sta succedendo?
Entrare in sintonia con le news è assolutamente necessario?

Lo sapevi che …
guardare notizie violente può causare sintomi simili al disturbo post traumatico da stress?.

La conclusione arriva da uno studio su 189 persone presentato alla conferenza annuale della società psicoanalitica inglese, tenutasi a Liverpool.

Il dott. Pam Ramsden presentando la ricerca ha detto:
… I social media hanno reso disponibili al pubblico storie violente e immagini con orribili dettagli inediti. Guardare questi eventi e sentire l’angoscia di coloro che li sperimentano, può avere impatto sulla nostra quotidianità. ….”. Leggi per approfondire.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per la tua carriera di successo
 

7. Fare esercizio fisico, mangiare correttamente e bere molta acqua riduce lo stress

I classici.

Mantenersi in forma con attività fisica è uno dei modi più utili per scaricare le tensioni e lo stress quotidiano.
L’attività fisica stimola la produzione delle endorfine, migliora i movimenti, ci mantiene elastici, ci rimette in forma. … insomma è proprio un toccasana.

Anche la corretta dieta può giocare un fattore importante per aiutare a diminuire lo stress.
Evita cibi grassi, mangia tanta frutta e verdura, combinata con la giusta attività fisica,
ridurranno notevolmente il livello di stress.

L’acqua fa bene all’organismo perché aiuta a “scovare e neutralizzare” le tossine causate dallo stress.
Sarai sorpreso di quanta energia ti darà questa semplice strategia.

Continua a leggere la parte 2.

Quanto ne sa il tuo personale di accoglienza clienti?

accoglienza dei clienti

Ti sei già chiesto quanto ne sa (davvero) il tuo personale di accoglienza clienti?
Puoi tranquillamente affermare che i tuoi collaboratori sono dei professionisti dell’accoglienza e si distinguono nettamente dalla concorrenza?

L’accoglienza è l’elemento cui il cliente fa riferimento nella sua valutazione complessiva del servizio. Migliorare quest’approccio significa soddisfare e fidelizzare il cliente già in partenza.

Non è forse vero che se c’è una cosa che ci fa piacere (e ci fa tornare) in un negozio, centro estetico, bar, hotel, banca o assicurazione … è la qualità dell’accoglienza?

Per tornare alla domanda iniziale, posso risponderti sulla base della mia personale esperienza fatta in questi anni con il team coaching con obiettivo “potenziare l’accoglienza clienti”.

Accoglienza dei clienti. Basta dire buongiorno?

Di solito dopo le presentazioni di rito, chiedo al team di vendita di rispondere alla domanda “Cos’è davvero l’accoglienza clienti?”.

Per fortuna sono bravo a gestire il silenzio perché la risposta quasi sempre si fa attendere.

 


 

Il copione è di solito lo stesso …
… chi si guarda attorno, chi fa finta di niente, chi spera che risponda quello a fianco, chi pensa “Oddio, ma questo che vuole?” e “Che domanda … così a bruciapelo” oppure “… e diccelo tu, non vedi che qui non parla nessuno … ” e chi prende tempo con la classica “Scusi, accoglienza … in che senso?”.

Dopo un po’, qualcuno … il più temerario (o il più logorato dal silenzio) rompe il ghiaccio e comincia a mormorare qualcosa tipo “ Quando entra … la gente … dire buongiorno”.

E via di seguito …
“Dire arrivederci”,
“Salutare, essere gentili”
“Dire buongiorno, buonasera e buonanotte”, ecc.

Frasi in verità abbastanza superficiali e un pò banalotte.

Per arrivare subito al punto,
per mia esperienza, la maggior parte del personale il concetto d’accoglienza è legato esclusivamente a un’idea di buona educazioneDire buongiorno, buonasera e sorridere” … e riguarda solo i brevissimi momenti nel quale il cliente entra o esce dal punto vendita, centro estetico, fitness, hotel, banca o SPA che sia.

Inoltre, c’è poca consapevolezza degli errori e dei rischi che si corrono con un’accoglienza sbagliata: trasmettere noia, superiorità, risentimento, ignorare o rendere “invisibili”, aggredire subito con le offerte, forzare l’acquisto, mostrare poca professionalità e scarsa conoscenza del prodotto o servizio.

È raro sentire parole tipo ascolto, riconoscimento, disponibilità, apprezzamento, empatia e qualità.

Dare un valore aggiunto al tuo servizio

Le accortezze di una buona accoglienza dei clienti sembrano semplici e facilmente applicabili proprio per il fatto di essere così elementari, spesso diventano banali, scontate e sono eseguite dal personale con superficialità e leggerezza.

Purtroppo quest’approssimazione mal si lega ai clienti di oggi che è sempre più esigenti e suscettibili, sono facili a risentirci e offenderci! Pretendono di essere considerati diversi dagli altri, esigono essere riconosciuti e trattati in un modo unico e particolare.

Se operi a contatto con le persone, devi dare un valore aggiunto al tuo servizio, devi prendere coscienza dei cambiamenti del mercato e del comportamento dei tuoi clienti, adattarti a questi cambiamenti e chiederti come migliorare, accogliere e approcciare i clienti di oggi.

Per fare la differenza oggi è fondamentale avere un approccio corretto attraverso la comunicazione, i gesti e i comportamenti (consci e inconsci).

Considera l’accoglienza dei clienti, un valore o un’area strategica su cui investire.

Vedrai i risultati.

Come approcciare l’amico di famiglia profittatore

cliente difficile

Questo tipo di cliente difficile è facilissimo da riconoscere.

Come perché? Lo conosci già!

Che fosse un amico di famiglia lo sapevi da anni (per l’interazione con qualche tuo familiare) ma che fosse anche calcolatore e profittatore l’hai scoperto col tempo … e questo rapporto un po’ alla volta è diventato un vero e proprio tormento.

Come si comporta il cliente amico calcolatore

In nome del legame familiare (non ti sorprendere … può anche essere che non sia amico di nessun tuo familiare ma si presenta e si spaccia come tale) si aspetta da te (non si capisce bene perché) un trattamento di favore, un prezzo speciale, uno sconto o un trattamento gratuito.

 


 

Pensa o finge di credere che tutto li sia dovuto o se lo merita per quel legame personale che vi lega (tanto siamo quasi parenti).

Spesso ha proprio una gran faccia tosta e l’abilità di coglierti di sorpresa, così che non riesci proprio a dire di no.

Le sue frasi più celebri sono:
“Ma mi chiedi tutti questi soldi?”
“Ti volevo chiedere se potevi …”
“Puoi farmi un favore?”
“Non voglio che pensi che ti chiedo un favore/sconto solo perché sono amico/a del tuo familiare”

A Natale si presenta con un bel pensierino (niente di speciale e oltretutto di basso costo!) … ecco quel regalino diventerà merce di scambio per future richieste di sconti, favori, cambi, garanzie speciali, ecc.

Pensaci bene prima di accettarlo la prossima volta!

Cosa non fare

Non accettare regali (lo so che è difficile) ma altrimenti sarai sempre più legato;

Non chiederli favori (anche piccoli) altrimenti avrà il motivo di chiederti di contraccambiare;

Non darli la massima disponibilità altrimenti non te lo scrollerai più da dosso;

Non commiserarti se non sei riuscito a “bloccarlo” per l’ennesima volta. Se sei uno che ha problemi a dire “NO” alle persone (soprattutto a parenti, amici e conoscenti) ti sarà difficile interagire con lui/lei. Leggi questo post per prendere alcuni spunti.

Non considerare questa persona come un amico. Un vero amico non si comporta così;

Cosa fare

Un approccio onesto potrebbe salvare il rapporto. Spiega chiaramente che apprezzi la sua compagnia ma non accetti quel particolare comportamento. Cerca di separare la conoscenza dal rapporto di lavoro;

Parla chiaro con quel cliente amico profittatore. Se sei il titolare, spiega con fermezza le tue ragioni. Se sei un dipendente, è più facile: ti puoi appellare alle policy aziendali, alle norme e alle regole. Della serie “Vorrei ma non posso”;

Rimani calmo, sempre cortese e non lasciarti coinvolgere troppo emotivamente;

Se vuoi mantenere sia l’amicizia, sia la tua salute (potrebbe benissimo diventare un incubo) devi importi dei limiti duri ma precisi per fermare questi comportamenti;

L’errore TOP che devi evitare con questo cliente difficile

Se aspetti (e speri) che sia il cliente difficile -amico profittatore- a smetterla con le richieste (“Alla fine lo capirà da solo”) stai sbagliando di grosso.

Non lo farà.

Non hai grandi scelte. Questo è opportunismo e va bloccato sul nascere.

Decidi se ne vale la pena.

Sta diventando una questione personale? Il modo di trattare con questo cliente amico dipende da quanto valore dai al rapporto con lui/lei. Ma ricorda che chiunque approfitta di un tale rapporto non può (e non deve) essere considerato un amico.

Parlare male della concorrenza vuol dire fare autogoal

parlare male della concorrenza

Pensi di convincere la gente ad acquistare il tuo prodotto o servizio parlando male della concorrenza?

Quando ascolti critiche dirette ai tuoi rivali di business non vedi l’ora di “cavalcare l’onda” e di rincarare la dose con sorrisini, smorfie o frasi sarcastiche?

Oppure
… con la scusa della trasparenza e dell’interesse del cliente cogli l’occasione per scaricare sugli altri una serie di scelleratezze e di cattiverie?

Parlare male della concorrenza conviene?

La prossima volta che ti sarà difficile tenere la bocca chiusa quando si parla di un tuo concorrente, ti sarà sufficiente ricordare che quando parli negativamente di un concorrente ottieni esattamente l’effetto l’opposto.

 


 

Ah, si!
Davvero? Non lo sapevi?
Gli psicologi americani chiamano questo fenomeno Spontaneous trait inference.

Significa che ogni volta che dici cose sconvenienti su qualcun altro, la gente non può fare a meno di associare a te questi stessi tratti. Quindi, se dici di un concorrente che è inaffidabile, il tuo potenziale cliente in realtà sta collegando l’inaffidabilità a te.
Il boomerang ti torna indietro … con gli interessi!

Adesso che lo sai, come ti comporti?

Puoi sempre dire che “ … loro lo fanno bene ma tu lo fai meglio!”.

Parlare male dei concorrenti è un boomerang

E poi c’è la questione etica professionale.

Parlare male dei tuoi concorrenti ti svaluta e ti fa fare brutta figura. Nel momento in cui poi passi a nomi e cognomi, la tua credibilità va in cenere.

Così facendo dimostri poca professionalità e scarsa autostima!

Quando sei sicuro della tua proposta, prodotto o servizio, l’ultima cosa che pensi è di “gossippare”, screditare i rivali o parlare male della concorrenza. Lascia che si parli di te attraverso i tuoi prodotti, le tue parole o la tua consulenza.

Piuttosto che denigrare la concorrenza, valorizza i tuoi servizi e fai percepire il reale valore aggiunto che puoi offrire rispetto gli altri.

E non metterla solo sulla questione di prezzo perché ci sarà sempre qualcun altro disposto a fare pagare il suo prodotto o servizio 5 euro meno del tuo.
Sei d’accordo vero?

Come fare una candidatura via mail efficace -2

candidatura via mail

Leggi anche la parte 1 del post “Come fare una candidatura via mail efficace

A chi indirizzare la candidatura via mail?

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Se hai una mail generica (ad esempio: info@ …) è importante precisare il destinatario o l’ufficio di destinazione della mail (esempio: “Alla c. a. del Responsabile del Personale” oppure e “Alla c. a. del titolare” o anche “Alla c. a. del signor/dott Marco Rossi” (nel caso conosci il nome del responsabile ma non hai il suo indirizzo mail).

Se hai la mail diretta di un selezionatore o del responsabile del personale,
indirizzala direttamente a loro: tipo “Gent.ma Dott.ssa / Egr. Dott. Marco Rossi”.

L’indirizzo della persona alla quale inviare la candidatura via mail può essere ottenuto per telefono (contattando direttamente chi si occupa della selezione),
consultando il sito dell’azienda in questione o tramite anche una ricerca su Linkedin.

Utilizza un indirizzo mail professionale

Invia la candidatura via mail da un indirizzo credibile.

Il tuo indirizzo mail deve essere subito riconoscibile e comunicare professionalità (ad esempio: ferrarelli.coaching@…) e deve essere composto preferibilmente dal tuo nome e cognome (es. michele.ferrarelli@…).

Non utilizzare nomignoli e soprannomi poco convenienti (stile supercoach101@…) o indirizzi di posta elettronica di genitori,
partner o amici.

Fai prima un invio di prova a te stesso:
in tal modo potrai testare la formattazione e notare subito eventuali problemi (testo piccolo/grande, lunghezza della mail, divisione sbagliata della parola a fine riga, ecc.).

Assegna un nome ai tuoi documenti

Ciò permette al selezionatore di ritrovare più facilmente i tuoi documenti …
te ne sarà grato quando dovrà districarsi tra le decine di dossier che riceve giornalmente.

 

 

Per esempio:
michele_ferrarelli_CV;
_michele_ferrarelli_lettera_candidatura;
michele_ferrarelli _certificati_lavoro;

Non dimenticare firma e dati personali

A termine del testo della mail, firma con nome e cognome.

Sotto la firma scrivi anche l’indirizzo,
il cellulare e la tua e-mail così i tuoi contatti saranno immediatamente a disposizione.
Può essere una buona idea indicare anche il tuo recapito Skype ed eventualmente linkare i tuoi profili Social, tipo LinkedIn.

Evita Dott./Dott.ssa prima del nome.

Differenziare per differenziarsi

Ultimo spunto davvero importante …
evita le e-mail standard!

Non puoi creare una singola candidatura via mail e inviarla a tante aziende pensando di risparmiare tempo e fatica.
Un selezionatore esperto si accorge in pochi secondi se ha davanti un candidato che ha personalizzato la sua presentazione oppure se deve leggere una candidatura generica, inviata in massa con il più classico dei copia-incolla.

 


 

Ogni annuncio di lavoro è diverso … anche la risposta all’annuncio dev’essere unica e personalizzata.
Per ogni azienda devi creare una lettera di presentazione.

Chiediti.
Come posso trasmettere, in poche righe,
la mia motivatone e il mio entusiasmo?
Come posso spiegare che il mio profilo è adeguato a questa mansione?
Riesco a convincere il selezionatore che, se assume me,
mi dimostrerò la persona giusta per quell’azienda in quel ruolo?

La lettera di presentazione, rispetto al CV,
ha una forma meno schematica e più spontanea …
ti puoi concedere qualche libertà in più e renderla più genuina!

Senza ripetere il contenuto del curriculum allegato,
usa la mail di presentazione come il tuo biglietto da visita,
sfrutta quest’occasione per chiarire e far conoscere, in poche righe,
aspetti del tuo percorso lavorativo o della tua personalità.

Per personalizzare la tua lettera motivazionale e quindi una candidatura,
non è necessario ri-scriverla ogni volta, basta variarne un 25-30%,
tutte le volte, in funzione dell’offerta alla quale si risponde.

 
COLLOQUIO DI SUCCESSO scopri il tuo percorso di coaching ideale
 

14 errori da evitare nella candidatura via mail:

1. Non utilizzare “Lei”, “Le”, “Vi” con iniziale maiuscola;

2. Evita usare un font poco leggibile (meglio Arial, Verdana o Helvetica);

3. Non utilizzare Emoticon;

4. Evita fondini fantasiosi con fiori, mici, scritte motivazionali o citazioni;

5. NO a errori ortografici, grammaticali o di battitura;

6. Evita il testo poco chiaro e scorrevole (separa i vari paragrafi con uno spazio bianco in modo da agevolare la lettura);

7. Non dimenticare di allegare il CV (capita più spesso di quanto immagini!;)

8. Evita l’allegato troppo pesante (mai superiore a 1Mb, meglio se inferiore ai 500Kb) altrimenti l’email potrebbe non arrivare a destinazione oppure andare nello spam;

9. Evita di inviare documenti in Word. Utilizza il formato .pdf perché è più leggero, più professionale e non è modificabile, mentre un documento Word potrebbe essere modificato da chiunque;

10. Non dimenticare l’oggetto della mail (anche questo capita più spesso di quanto immagini!);

11. Evita frasi del tipo: “Vi prego di contattarmi” e “Vi scrivo per sapere se potrebbe interessarvi la mia figura professionale” perché suona lagnoso e prolisso. Tralascia anche frasi stile “Mi aspetto una risposta da voi” perché irrispettoso e maleducato;

12. Non dare del TU! Anche via mail, occorre rispettare le formule di cortesia. Generalmente ci si rivolge a una persona con “Gentile signora o Egregio signor …”;

13. Evita testo a colori (a meno che non sia per un annuncio creativo);

14. Non scrivere tutto (o quasi) il CV nella mail.

Leggi anche la parte 1 del post “Come fare una candidatura via mail efficace

Probabilmente ti sei reso conto di aver commesso uno o più errori nella redazione della tua candidatura via mail.
Utilizza gli spunti di questa piccola guida per apportare le modifiche necessarie e rendere efficace il testo in modo da inviare candidature elettroniche davvero efficaci.

Come fare una candidatura elettronica efficace – parte 1

candidatura elettronica

Ormai la ricerca di lavoro è online.

Non è certo vietato utilizzare la posta per spedire CV cartacei,
ma questa pratica sta lentamente scivolando nel passato.

I vantaggi della candidatura elettronica sono evidenti.

Per le aziende,
le candidature online possono essere filtrate (secondo determinati parametri),
salvate e archiviate con molta più facilità.

Per i candidati la candidatura elettronica permette di presentare in modo rapido e completo il proprio dossier a un’azienda selezionata.
La velocità del web però non dovrebbe incoraggiare l’invio “a pioggia” di lettere e CV generici.
Meglio inviare 10 candidature ben studiate piuttosto che 100 poco personalizzate.

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Se hai già confidenza con le candidature,
non troverai grandi differenze nella stesura di una candidatura elettronica rispetto a una “normale”.

La composizione della candidatura via mail è la stessa:
la lettera di presentazione, il curriculum vitae e (eventualmente) i certificati richiesti.

Non ci sono grandi variazioni è vero …
ma anche in questo caso è richiesta la massima cura nella preparazione di una candidatura convincente.

Quando utilizzare una candidatura elettronica?

Invia la tua candidatura elettronica in risposta ad un annuncio (online o sul giornale),
per una candidatura spontanea,
se ti candidi per un posto nel settore informatico oppure se devi inserire i tuoi dati nel sito web di un’azienda (nell’apposito spazio riservato alle candidature).

Se non sai bene come muoverti,
prendi contatto l’azienda e chiedi se devi inviare la tua candidatura per e-mail
(giacché ci sei, puoi chiedere anche l’indirizzo mail della persona responsabile/titolare).

In teoria, se non specificato, la candidatura è sempre da inviare per posta.

Lettera di candidatura si o no?

Anche nell’era di Internet,
la lettera di candidatura resta importante.
 

 

È un complemento indispensabile al tuo CV per presentarti e convincere il reclutatore che sei la persona giusta.
Tanto più qualificato è il posto, quanto più è necessaria.

La lettera di presentazione ti permette di distinguerti dagli altri candidati,
può aiutarti a entrare in contatto con l’azienda, catturare l’attenzione del selezionatore (con lo scopo di ottenere un colloquio) e rimarcare la tua professionalità.

Inoltre può dimostrare, in poche righe,
il tuo reale interesse per la posizione:
perché hai scelto quest’azienda, cosa ti ha attirato di più nella posizione oppure il tipo di posto che t’interessa,
perché il reclutatore dovrebbe scegliere proprio te e non un altro, ecc.

Ė fondamentale,
ricordarsi di focalizzare la propria attenzione sui bisogni del destinatario e non sulle nostre aspirazioni.

Lettera di candidatura allegata o nella mail?

Non ci sono regole standard.

Hai due possibilità:
puoi copiare il testo della lettera di presentazione direttamente nel corpo della mail (cercando di mantenere una buona impaginazione)
oppure la invii come allegato, in formato .pdf.

 


 

Personalmente ti consiglio un mix.
Scrivere nel testo della mail 4-5 righe di presentazione: chi sei, titolo di studio, qual è il tuo titolo o la tua figura professionale e allegare comunque la lettera di motivazione.
E-mail e lettera d’accompagnamento devono essere comunque diverse.

Contenuto efficace nel testo della mail

Quando mandi una mail a un’azienda,
è necessario presentarti: nome e cognome, cosa fai, chi sei, titolo di studio, quanti anni hai,
qual è la tua figura professionale e per quale posizione ti stai candidando.

Evita d’inviare la mail solo con il tuo nome,
la lettera di motivazione e il CV della serie: “In allegato, la candidatura e il curriculum” perché dà un’idea di svogliatezza e approssimazione.

Ricorda che dall’altra parte dello schermo c’è pur sempre una persona cui potrebbe far piacere leggere qualcosa in più su di te
altrimenti non sorprenderti se la tua mail non sarà neanche aperta o sarà spostata automaticamente fra la posta indesiderata.

Descrivi (mi raccomando non più di 6 righe) le tue principali esperienze e quali sono le tue principali competenze maturate,
evidenziando quelle che potrebbero essere più utili all’azienda a cui stai scrivendo.

Nel caso di risposta a un annuncio letto sul giornale o sui siti specializzati,
potresti cominciare tipo: “In riferimento al vostro annuncio su … (sito web o giornale),
ho il piacere di inviarvi il mio Curriculum Vitae per la posizione di …” oppure “Con la presente chiedo di poter collaborare in qualità di …” e anche “Sono alla ricerca di una nuova opportunità professionale che mi permetta …”.

Poi continuare con “In attesa di un vostro cortese riscontro,
resto a disposizione per ogni chiarimento e per un eventuale colloquio conoscitivo
”.

Puoi concludere con saluti un po’ meno formali ma comunque sempre cordiali: “Le auguro una buona giornata” o il semplice “Le auguro un buon lavoro”.

Utilizza (senza esagerare) il grassetto per evidenziare le parole più importanti.

 
COLLOQUIO DI SUCCESSO scopri il tuo percorso di coaching ideale
 

Oggetto immediatamente comprensibile

Dall’oggetto deve subito risultare chiaro per quale posto è stata inviata la candidatura.
Precisare l’oggetto della mail è molto importante,
poiché evita che la mail passi inosservata o che finisca nello spam.

Un esempio: “Candidatura di Michele Ferrarelli per il posto di formatore di addetti alla vendita
oppure può essere il riferimento all’annuncio di lavoro “Rif. Selezione per Addetto Vendita”.

Leggi la parte 2 del post “Come fare una candidatura elettronica efficace”.

Coaching: ecco come ti aiuto a gestire un collaboratore difficile

coaching collaboratore difficile

Come reagisci davanti al collaboratore che non ti chiede mai una spiegazione, non partecipa alle discussioni e vuol fare tutto a modo suo?

Come ti comporti con quella collaboratrice talmente sensibile (o forse sarebbe meglio dire suscettibile?) che tutte le volte che gli muovi una critica, pur con delicatezza, va in tilt o mette il broncio per una settimana?

E quell’altra che arriva sempre in ritardo, spesso è svogliata, distratta, e si “imbosca” appena può.

All’inizio, hai sperato che capisse da sola, poi gliel’hai fatto notare, in modo gentile … poi ancora, sei stato più deciso e diretto … si scusa, si giustifica, promette che cambierà, ma poi torna tutto come prima!

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Niente è cambiato! Così ora, che cosa fai?

Sei il leader del tuo team.
Devi trasmettere fiducia e importanza a ogni singolo membro del tuo team ma anche autorevolezza e disciplina.

Allora che fai? … affronti la questione o fai finta di niente?
Meglio agire subito o aspettare il momento opportuno?

Meglio grintosi o diplomatici?

L’ideale è saper equilibrare, a seconda le circostanze, grinta e combattività con diplomazia e affabilità. I dissidi e le divergenze sul luogo di lavoro sono naturali e inevitabili! Non puoi controllare il comportamento del tuo collaboratore difficile ma ci sono tecniche e abilità che puoi apprendere per trasformare contrasti distruttivi in accordi costruttivi.

A volte, vogliamo gestire un rapporto difficile senza implicarci troppo, senza “scendere in campo”, desiderando di controllare le conseguenze delle nostre azioni o sperando che il tempo sistemi, magicamente, le cose.

A volte funziona, spesso purtroppo no.

Coaching per gestire un collaboratore difficile

Nelle sessioni di personal coaching, per prima cosa t’invito a fare un passo indietro per guardare alla situazione con il massimo dell’obiettività:
Ti stai focalizzando troppo sul problema?
Sei stanco e stressato e stai (forse) amplificando fatti, conseguenze e ripercussioni?

 


 

Che cosa facciamo durante le sessioni di personal coaching?

Non applichiamo teorie generali ma insieme cerchiamo di analizzare il tuo caso nel modo più specifico possibile. Il mio compito di coach non è quello di fornirti soluzioni preconfezionate (fai-questo-mi raccomando-non-fare-quello) ma fungere, piuttosto, da cassa di risonanza e da supporto, in modo da permetterti una chiara visione d’insieme e fornirti gli strumenti necessari per creare la tua risposta strategica di successo.

Non possiamo seguire una regola standard, dobbiamo scoprire insieme l’approccio migliore che ti aiuti a gestire in modo propositivo, positivo e costruttivo il tuo rapporto con quel determinato collaboratore difficile.

Quanto dura il percorso di coaching?

Dipende dal tuo obiettivo.

Il numero delle sessioni di coaching le definiamo insieme sulla base delle tue necessità e dalla complessità dell’obiettivo che hai prefissato.

Qual è la tua esigenza?

Una “dritta” veloce, un supporto concreto di qualche ora o un percorso formativo personalizzato ed efficace con test finale?

Mediamente, un percorso di personal coaching varia da 1-2 sessioni per un tema specifico (coaching mirato) a 3-6 sessioni per un obiettivo più complesso (personal coaching). Una volta deciso, partiamo.

Vedrai i risultati!