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Approcciare (senza mal di testa) una persona logorroica al lavoro

persona logorroica

Che sia il capo, un collega, un collaboratore, un cliente …
poco importa … tutti abbiamo già conosciuto una persona logorroica e prolissa nel nostro luogo di lavoro …
e ce la ricordiamo bene!

Si perde in storie che non hanno alcuna importanza.
Approfondisce ogni dettaglio di ogni argomento con pedanteria.

Salta da soggetto a soggetto, argomento per argomento;
non è difficile che inizi la conversazione con considerazioni sul tempo o di carattere personale.

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La persona logorroica ama solo il suono della sua voce

“La prolissità non è un eccesso di parole,
ma una carenza di idee.”

Nicolás Gómez Dávila

Ti sommerge sotto una valanga di parole perché ha un intimo bisogno di piacere e ha paura di non essere accettato.
Non si rende conto (o forse si?) che ti sta facendo perdere un sacco di tempo.

Purtroppo non possiamo semplicemente ignorarli e nemmeno evitare di rispondere …
soprattutto se è un cliente o il capo.

La persona prolissa non ti ascolta, mai, nemmeno quando ti fa una domanda: la risposta non la interessa e se rispondi, ti parlerà sopra!
Te ne sarai accorto anche tu.
Non molla mai la presa. Almeno non spontaneamente.

La persona chiacchierone trova, in ogni singola frase,
un appiglio per imbastire un nuovo discorso, in maniera tale da poter parlare,
almeno potenzialmente, per ore e ore.
Bisogna fermarlo prima.

Se la conversazione è impostata male, tutto quello che potrai ottenere, è … e un gran mal di testa.
Se sarai fermo ma gentile, invece, non ci sarà nessun rancore.

Non lasciarti trascinare in discussioni improduttive

Non incoraggiare la conversazione.
Evita (come il fuoco) argomenti controversi e problematici tipo sport, la crisi, la politica o la religione che potrebbero innescare discussioni interminabili quanto improduttive.

Nel caso di un cliente logorroico cerca di condurlo sempre verso gli argomenti che ti interessano (l’argomento dell’incontro, il tuo prodotto/servizio, ecc…). Se comincia il dialogo parlando del tempo, rispondi in modo gentile ma fermo ”Sì, in effetti fa molto caldo. Come posso esserle d’aiuto?”.



Non stringere subito i tempi

Dai a questo tipo di persona un po’ di tempo per “sfogarsi” e per parlare di sé.

Non interromperlo durante i suoi soliloqui, ma utilizza ogni suo pensiero, ogni frase,
per cercare un aggancio logico al motivo dell’incontro, i tuoi prodotti o servizi.

Quando prendere il controllo della conversazione?
Usa il buon senso per decidere quando questo punto è stato raggiunto.

Prendi il controllo della conversazione

Poni domande che invitano a una risposta chiusa (con SI e con NO) e se partono di nuovo per la tangente,
resta fermo e ripeti la domanda fino a ottenere la risposta.

Nel caso di una vendita, per indicare che hai il tempo contato,
usa frasi tipo “Prima di occuparmi anche degli altri clienti voglio assicurarmi che lei …” oppure
Stiamo chiudendo … come le posso essere utile in questi ultimi minuti?”.



Riformula quanto ascoltato

Le persone logorroiche continuano a ripetere i concetti perché non sono sicuri che hai capito la loro necessità. Il modo più semplice per abbreviare i tempi è di fare un breve riassunto di quanto hanno detto.

Riassumendo quello che hai ascoltato,
hai la sicurezza di aver compreso davvero la loro esigenza e la persona ha la conferma di essere stato realmente ascoltato.

Quando la persona logorroica fa un commento o fornisce alcune informazioni di carattere personale, gentilmente fai notare che non è necessario e che non vorresti intrometterti nella sua vita privata.

È necessario guidare la conversazione e “mantenere la rotta”

Non devi permettergli d’impostare la direzione della discussione,
perché sarà sicuramente deviata dal suo percorso.

Parla poco,
ma educatamente e offri una minima opportunità per avviare una nuova conversazione. Non incoraggiarlo ponendo domande aperte, non offrire il tuo commento, non rilanciare o partecipare attivamente alla discussione.


LA TUA COMUNICAZIONE AUTOREVOLE &gt:

trovi spunti interessanti nei miei libri Autorevolezza e Prima volta Leader.

Quando senti di aver provato di tutto e la persona non ha ancora cambiato il suo atteggiamento, sii sincero.
Digli che capisci le sue intenzioni e necessità e che capirà senza dubbio che devi occuparti anche di altre mansioni.

Se sei cortese e gentile,
non c’è alcun motivo che questa persona possa sentirsi offesa.

Se aspetti (e speri) che sia la persona logorroica a terminare la conversazione (“Prima o poi si stuferà e smetterà di parlare …) stai sbagliando di grosso perché queste persone sembra che abbiano tutto il tempo del mondo e quando parlano, stanno godendo della conversazione.

Un percorso di coaching senza la paura di mettersi in gioco

percorso di coaching

Se le cose ti sono sempre arrivate con poco sforzo,
se hai sempre “vinto facile”, potresti non aver allenato i “muscoli” caratteriali,
necessari quando la strada diventa in salita.

Ti sei già chiesto …
cosa farai quando troverai (perché li troverai) sulla tua strada difficoltà,
insidie, ostacoli, impedimenti?

La routine dà un senso di sicurezza e di protezione.
Difficilmente (o con difficoltà) facciamo un passo fuori dal conosciuto,
dalla certezza,
dalla zona di comfort.

Se fai quello che hai sempre fatto, otterrai gli stessi risultati

“Quelli che vogliono vincere vincono, quelli che hanno paura di perdere perdono:
tendiamo a conseguire ciò su cui ci concentriamo.

Se temiamo di fallire, vuol dire che siamo concentrati sul fallimento,
ed è proprio quello a cui andremo incontro.”
John Whitmore

Se fai quello che hai sempre fatto,
ti comporti o reagisci come sempre …
otterrai sempre gli stessi risultati.

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Se non usci allo scoperto,
non succederà mai niente di stimolante,
di vitale o di esaltante.
Non hai bisogno della sfera magica per sapere che è così.

Sei disposti a correre rischi e a sentirti un po’ a disagio?
All’inizio non ti sentirai mai completamente pronto perché stai andando oltre la tua abituale zona di comfort,
stai prendendo una strada stimolante e affascinante ma anche ignota e (forse) piena d’insidie.

Il disagio fa parte della nostra crescita personale.
Il disagio è il prezzo che paghiamo per la nostra crescita.
La crescita pretende un disagio temporaneo.

Il disagio è il segnale di cambiamento

Per cambiare e crescere devi sentirti infastidito, disturbato …
disagiato.

Sviluppare una sana fiducia in se stessi,
quella che ci dà la certezza di essere in grado di gestire l’imprevisto.
L’ignoto.

Senza disagio, non c’è crescita.
È così.
Il disagio “spinge” per la crescita.
Devi “allenarti” al disagio.
Il coaching è basato sull’azione.

Un percorso di coaching è un’opportunità di crescita

Ecco il coaching,
per vivere i cambiamenti come incentivi e opportunità per la tua crescita (professionale e non) e non come minacce alla tua sicurezza e stabilità.

Dopo aver fatto il percorso di base,
decidi se continuare il potenziamento con percorso di coaching più avanzato e articolato,
per potenziare al massimo il tuo approccio,
il tuo “modo di proporti” e di comunicare.

Poi viaggi da solo …
 

10 frasi che ti fanno apparire subito insicuro al lavoro (anche se non lo sei)

frasi apparire insicuro

Come ho sottolineato più volte nel mio libro “Autorevolezza strategie e tecniche per diventare il riferimento carismatico dei tuoi collaboratori e colleghi” … dovremmo parlare molto meno.
Tutti.

Parlare troppo e male è forse l’errore più comune che facciamo.

Quando parliamo troppo, oppure vogliamo fare i brillanti,
dobbiamo prestare molta attenzione a tutte quelle espressioni, frasi o parole che possono,
a livello inconscio,
essere interpretate negativamente dai colleghi, dal capo o dai collaboratori.

Se poi, utilizziamo queste frasi nei momenti più delicati e cruciali,
quando siamo anche emozionati o nervosi,
il rischio di sembrare insicuri, incapaci e impacciati è molto alto.

Ecco 10 frasi che ti fanno apparire subito insicuro al lavoro e poco disinvolto (anche se non lo sei):

1. “Non lo so

“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.”
Lucio Anneo Seneca

Certamente non devi avere tutte le risposte.
Nessuno di noi le ha.
Ma rispondere regolarmente alle domande con un arrendevole “Non lo so” (accompagnato da uno sguardo vuoto) può farti sembrare non all’altezza del tuo compito.

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Ammettere di non conoscere la risposta non è una tragedia,
un passo falso e neppure un segno d’incompetenza (anzi spesso è una dimostrazione di forza)
ma dire spesso “non lo so” ti costa credibilità e influenza.

Se vuoi essere preso sul serio,
e non fare la figura di quello insicuro al lavoro,
dovresti abbandonare questa frase e sperimentare cosa dicono i leader di successo quando non conoscono la risposta.

2. “Devo chiedere (al capo) ”

Non importa quale livello occupi nell’organigramma dell’azienda.
Tutti abbiamo un capo.
Anche gli amministratori delegati devono chiedere l’approvazione su questioni importanti.

È depotenziante, sottolineare tutte le volte,
che non sarai tu a prendere la decisione finale.

3. “Credo che …” – “Penso che …”

Credo di si”
“Penso che vada bene”
“Credo che riusciamo a stare nei tempi

Queste parole di riempimento non infondono fiducia.
Anzi.
Diminuiscono l’importanza della tua dichiarazione.

Così dicendo getti ombre sulla tua affidabilità e la tua autorevolezza.
Non essere titubante (almeno non darne l’idea) ma piuttosto chiaro e deciso.

Esprimi subito il tuo pensiero, senza troppi preamboli.
Perché gli altri dovrebbero sentirsi sicuri delle tue scelte, se usi parole così piene d’incertezza?

4. “Vero?” – “ Ho ragione?”

“Ha senso?”
“Che cosa ne pensi”
“Che cosa faresti?”
“Pensi che sia una buona idea?”
“È OK?”

Perché tutte queste richieste di rassicurazione?
Così sembri davvero insicuro al lavoro.

 


 

Se sei sicuro di te,
non hai bisogno di chiedere regolarmente conferma delle tue scelte o approvazione per le tue azioni.

5. “Follemente” – “estremamente”

“Sono incredibilmente ansioso di iniziare,
ma sono estremamente occupato questa settimana – potremo sentirci settimana prossima?”

Queste “paroloni” sono riempitivi e tendono ad aggiungere emozioni (che in realtà non c’entrano proprio nulla con il contesto) in qualcosa che dovrebbe essere in verità molto semplice.

La comunicazione deve essere basata naturalmente sui fatti.

6. “Sono disponibile a qualsiasi ora”

Davvero?
Anche se ti propongono un appuntamento alle 06:30 di giovedì mattina?
Sono sicuro che non sarai così d’accordo.
E poi sembra che non hai null’altro da fare.

Meglio dire “Martedì e giovedì pomeriggio potrebbero andare bene, anche se sono flessibile
che suona più gradevole e mostra che disponi (anche tu) di un importante programma professionale.

7. “Mi dispiace disturbarti …”

In realtà,
non ci si dovrebbe scusare troppo per il disturbo …
quando c’è qualcosa d’importante che non può aspettare.

Inoltre,
questa frase mette il controllo nelle mani dell’altra persona.
Questa frase toglie potere, a chi la dice.

Se sei incerto sul tempismo,
puoi dire semplicemente:
“Quando hai un minuto,
mi piacerebbe discutere qualcosa con te.”

 
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8. “Scusa …” – ti fa sembrare subito insicuro al lavoro

“Scusa il disturbo”
“Mi dispiace …”
“Scusa, era solo un’idea”
“Scusa, spero di non aver sbagliato”

potrebbero mettere in cattiva luce il tuo lavoro o far emergere un senso d’inferiorità.

Ci scusiamo troppo in fretta e troppo spesso.
Chiediamo scusa anche quando non è nemmeno giustificato.

Sei veramente dispiaciuto?
Hai fatto qualcosa di sbagliato?
Nella maggior parte dei casi, no,
non l’hai fatto.

C’è bisogno di chiedere scusa per condividere i tuoi pensieri?
Prima di usare queste parole,
prendi in considerazione se sono necessarie.

Le persone forti,
fiduciose, sono disposte ad ammettere l’errore,
ma utilizzare sempre queste frasi è fuori luogo.

9. “Cercherò di farlo” – “Spero di riuscire”

Ecco un modo perfetto per comunicare che ti senti poco convinto,
insicuro e inaffidabile.
Insicuro al lavoro.

Le espressioni negative e dubbiose hanno il potere di condizionare negativamente chi ascolta.
Se poi le usi spesso ….
il negativo e il dubbioso diventi tu!

Se “speri”,
significa che sei tu il primo poco convinto di quello che stai dicendo o proponendo.

Assicurati di essere assolutamente certo di quello che dici o esponi anche (e soprattutto) quando devi esprimere difficoltà o perplessità.

Se hai bisogno che siano soddisfatte certe condizioni prima di sbilanciarti su un impegno,
esponile chiaramente “Se riceverò i report del secondo trimestre entro metà luglio ,
sarò in grado di finire il rapporto finale.

 
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10. “Posso avere un minuto del tuo tempo?”

Spesso chiediamo “qualche secondo” o “un minuto” quando (in realtà) desideriamo un incontro consistente.

Un minuto non basta per esprimere pienamente le tue considerazioni;
il collega o il capo si aspetta un discorso breve che termina in pochi minuti,
e si sentono spinti e pressati in un lasso limitato di tempo.

Assicurati che le tue domande, le tue preoccupazioni,
e le tue idee abbiano un valore.
I tuoi pensieri meritano più che “qualche secondo”

Non è solo un modo di dire …
è una questione di approccio!

La prossima volta che desideri incontrare qualcuno,
chiedi un incontro,
non un minuto.

Per sradicare l’abitudine di queste frasi ci vuole molta pratica.
Non sarà così facile.
Hai “sempre detto così” e ti diventa difficile cambiare,
migliorare.

Da domani, presta attenzione a cosa dici, conta quante volte usi “scusa, credo, vero, ecc…”
e comincia a invertire la tendenza.
Vedrai che, giorno dopo giorno, diventerà naturale.
E qualcosa di grande sta cambiando.

6 segnali che indicano che vuoi davvero lavorare per affermarti sul lavoro

cambiamento

“Troppa gente si occupa dei sensi unici e dei sensi vietati,
senza mai mettersi in cammino.”
Fabrizio Caramagna

Poco importa quanto abbiamo ricevuto dalla vita,
abbiamo un costante desiderio di miglioramento.
Desideriamo di più.
Vogliamo di più.
Più successo, più soldi, più felicità, rapporti più solidi e …
pensiamo, sogniamo e lottiamo per ottenere quello che stiamo cercando.

I grandi manager, politici e atleti hanno un allenatore.
Tutti abbiamo bisogno di un coach.
Il professionista di fiducia che ti “allena” e prepara mentalmente ad affrontare con più fiducia e determinazione i cambiamenti improvvisi,
i problemi quotidiani e la competitività sempre più aggressiva.

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Ecco 6 segnali che indicano che vuoi un cambiamento e desideri mostrare agli altri le tue reali capacità:

1. Hai capito che “pronto” non lo sarai mai

Hai aspettato,
rimandato, rinviato,
hai raccolto tutte le informazioni necessarie …
adesso devi fare il primo passo!

Non aspettare di essere preparato, perfetto o di “saperne di più”.
Non aspettare di essere pronto per iniziare il percorso di coaching.
Perché “veramente pronto”non lo sarai mai.

Non ti sentirai mai completamente pronto perché stai andando oltre la tua abituale zona di comfort,
stai prendendo una strada stimolante e affascinante ma anche ignota e (forse) insidiosa.

Anche se conosci tutta la teoria,
ma non “scendi” nella pratica sei sempre al punto di partenza.

Potresti leggere 1000 libri e informarti per giorni o per anni,
ma non saprai mai tutto quello che c’è da sapere.

A un certo punto dovrai fermarti,
respirare e … lanciarti!

2. Sei disposto a investire tempo ed energia

Il coaching richiede tempo ed energia.
Vero!
 


 

Non guardare solo l’investimento,
prendi in considerazione (piuttosto) il ritorno di questo investimento: centrare i tuoi obiettivi,
migliorare alcuni aspetti della tua leadership,
andare incontro all’opportunità di sentirti ancora più vivo,
più leader, pieno di energia e deciso a mostrare al mondo le tue reali capacità.

Vale la pena investire tempo ed energia?
Certo che si!

E il costo?
Nella mia esperienza,
la spesa non rientra nelle “resistenze”.

Generalmente,
chi è determinato, chi desidera dare una svolta, chi è stufo dei soliti risultati,
chi vuole lavorare su se stesso, il costo lo vede come un investimento e …
vuole cominciare subito!

3. Sei stufo dei soliti risultati.

Per tanto tempo la routine ti ha dato un senso di sicurezza e di protezione?
Difficilmente hai fatto un passo fuori dal conosciuto,
dalla certezza, dalla zona di comfort?

Adesso basta.
Non ne puoi più.
Se fai quello che hai sempre fatto,
se ti comporti/reagisci come sempre … otterrai sempre gli stessi risultati.
Non hai bisogno della sfera magica per sapere che è così.

Adesso,
hai capito che se non esci allo scoperto, non succederà mai niente …
di stimolante, vitale.
Niente di esaltante.

Devi vivere i cambiamenti come incentivi e opportunità per la tua crescita
e non come minacce alla tua sicurezza e stabilità.

4. Hai capito di aver bisogno di una “spinta” per superare un ostacolo

Hai capito che non appena la salita comincia a farsi dura,
anziché prendere l’opportunità per metterti alla prova, tiri fuori un ventaglio di giustificazioni per non continuare (o iniziare) e getti subito la spugna.
Piuttosto che metterti in gioco, te la prendi con la fortuna, il caso o il destino.

Perché ti nascondi dietro queste scuse per non-fare?
Che cosa succederà se continui a rimandare?

Se rispondi onestamente,
ti renderai conto che è importante iniziare subito.
Non importa quale sia il tuo obiettivo.

5. Hai capito che se chiedi aiuto non sei un incapace

Anche se stai lavorando bene, in questi tempi incerti e complessi,
la sfida è essere sempre motivati e determinati nell’affrontare i cambiamenti improvvisi e la competizione organizzata.

Coaching non è un solo un intervento per risolvere problemi o superare limiti.

Iniziare un percorso di coaching non vuol dire essere impreparati,
incompetenti
incapaci.

Coaching non è un atto d’accusa verso la tua competenza o un’indicazione della tua non-capacità.

6. Hai capito che per un reale cambiamento hai bisogno di un supporto professionale

Commercialisti, medici, avvocati ma anche architetti (per interni),
hair stylist e tecnici informatici sono professionisti cui ci rivolgiamo quando abbiamo bisogno di cure specifiche,
consigli tecnici o assistenza pratica.

Di solito si fa così.
Chiedi aiuto e sostegno in caso di bisogno e necessità.

Per il coaching è la stessa cosa perchè è una metodologia all’avanguardia nell’area della formazione.

Il coach non ha la bacchetta magica,
ma ti affianca personalmente per aiutarti a raggiungere obiettivi più ambiziosi e appaganti,
investendo meno tempo, risorse ed energie.

Il coaching è cambiamento.
Un nuovo modo di pensare porta a nuove idee,
nuove strategie e nuove opportunità.

Se sei pronto per il cambiamento positivo,
sei pronto per il coaching (altrimenti segui la mia guida d’introduzione).

Un percorso di coaching? Siii, ma solo se facile e veloce

coaching facile

Se le cose ti sono sempre arrivate con poco sforzo,
se hai sempre “vinto facile”,
potresti non aver allenato i muscoli caratteriali,
quelli necessari quando la strada diventa in salita.

Cosa fai quando trovi sulla tua strada difficoltà,
ostacoli o impedimenti?

Insisti e persisti finché non raggiungi il tuo obiettivo oppure …
getti la spugna al primo intralcio.

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Il successo non è facile.
Questo è il motivo per cui un sacco di gente non raggiunge il livello di successo che (davvero) desidera.
Il successo non è veloce.
Questo è il motivo per cui molte persone mollano troppo presto.

Su certe cose bisognerebbe essere (brutalmente) onesti

Continuo a vedere annunci e slogan in tutto il web che invitano a
Scaricare la guida gratuita per creare un cambiamento facile e veloce” in tutti i settori della tua vita.

Gratuito, facile e veloce!
Che cosa vogliamo di più?

Cambiare vuol dire fare, essere e pensare in modo diverso.
Quanto sia difficile dipende da te e dalla tua situazione,
ma dire che il cambiamento è facile, senza sforzo e rapido è senza dubbio una bugia assoluta.

Il cambiamento è un processo graduale e non è un lavoro di una notte.
Non lasciarti ingannare,
non pensare che cambiare sia così facile.
Perché non lo è.
Non ci sono scorciatoie magiche per cambiare e la maggior parte delle persone ha bisogno di lavorare su se stessa per creare una nuova realtà.

Il cambiamento non è facile ma neanche impossibile

“Quella che il bruco chiama fine del mondo,
il resto del mondo chiama farfalla.”

Lao Tzu

Che succede quando ti stai lanciando in “qualcosa” di nuovo?
Un nuovo lavoro, una nuova relazione, un nuovo ruolo,
un trasferimento in un’altra città oppure un percorso di coaching per potenziare un tuo atteggiamento con il tuo team o il tuo capo?
 


 

Ecco … arriva (almeno un po’) il disagio.
Calma!
Va tutto bene.
Significa che stai entrando in “una zona d’ombra“ alla quale non sei abituato.
Stai spostando la tua zona di comfort un po’ più in là.
Provi fastidio perché non sai cosa accadrà.
È come camminare al buio con la sola luce della luna.

Non spaventarti!
Dì a te stesso:
“È nuovo. Va tutto bene.
Sto crescendo.”

Quando “entriamo” nel nuovo “incontriamo” il disagio

Le cose nuove ci fanno sentire a disagio.
Però …
una volta che “ne esci fuori e ti senti ancora vivo” non ti sentirai più così.
La tua zona di comfort si è ingrandita, si è dilatata.
Ti senti più vivo, più forte.
Fiducioso.

Ecco perché le persone di successo non si aspettano risultati immediati.
Non pensano che i riconoscimenti arriveranno “rapidi” e “facili”.

Sanno che nessuno diventa famoso in una notte o trova il successo senza anni di duro lavoro,
perseveranza e una quantità (pur ridicola) di fortuna.
Sorridono nel vedere persone che cadono in illusioni tipo:
“Arricchirsi rapidamente con il Market online”,
“Un percorso di coaching facile e veloce”,
“Fare un blog di successo in 1 mese”,
“Diventare leader in 4 semplici mosse”.

Le persone di successo sanno che serve applicazione (altro che coaching facile).
Impegno.
Serve mettersi in gioco.

Un percorso di coaching facile facile?

Il coaching funziona solo se sei disposto a “metterci del tuo”.
Il coaching è basato sull’azione, sulla concretezza.
Non si tratta di terapia o consulenza,
dove basta “entrare e parlare”.

Devi entrare in campo …
per questo funziona!

Se sei pronto a rimboccarti le maniche e metterti al lavoro,
puoi prendere in considerazione un percorso di coaching.
E i risultati arriveranno.
Credimi!

5 spunti per esprimere il disaccordo in una riunione (senza fare danni)

esprimere il disaccordo

“Non sono d’accordo.”

Questa breve e semplice frase ha l’effetto di irrigidire e mettere a disagio chiunque.

Infatti,
la maggior parte delle persone prova fastidio quando la sente.

E tu … come sei messo?
Come reagisci?
Ci potrebbe essere un conflitto?

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Nel mio libro “Autorevolezza” (NUOVA edizione 2025) ho riservato un intero capitolo all’organizzazione delle riunioni e all’importanza di esprimere il disaccordo in modo assertivo.

Sei a una riunione con il tuo team, con il “grande-capo”,
con il titolare ed è il momento di valutare le proposte e le soluzioni offerte:
devi esprimere il tuo accordo o il tuo disaccordo.

Se non sai come esprimere il disaccordo, è meglio tacere

“No … è tutto sbagliato.”
“No, si potrebbe … “
“Si dovrebbe …”

Avresti voluto dire,
ma hai lasciato la riunione senza farlo.

Non l’hai fatto.

Forse non sapevi come esprimere il tuo disaccordo durante una riunione.

Non sapevi come esprimere il tuo dissenso in modo produttivo.

Forse hai fatto bene a tacere …

Esprimere il disaccordo con un collega, con il capo/a può essere fonte di problemi:
come reagirà il tuo interlocutore?

Ti ringrazierà?
Farà un sorrisino di circostanza?
Se la legherà al dito?
E (anche tu) non vuoi fare la parte dell’arrogante saputello.

Esprimendo il disaccordo in un meeting potresti essere troppo diretto – o addirittura maleducato o aggressivo, saccente, e potrebbero risentirne i tuoi rapporti professionali.



Sono poche le persone che accettano un contraddittorio

“L’onesto disaccordo è spesso un buon segno di progresso.”
Gandhi

Oggi,
le persone sono più suscettibili che in passato, sono più facili a prendersela e offendersi.

Te ne sei accorto, vero?

Una parola sbagliata, una correzione inappropriata, un gesto di troppo e di colpo …
il rapporto professionale sparisce nel nulla!

I leader eccellenti (davvero pochi) vogliono che le persone che li circondano siano in disaccordo.

Vogliono essere messi in discussione per le loro opinioni.

Desiderano il confronto.
Esigono il contraddittorio.

Come si comporta il tuo capo, il titolare o il big – boss di fronte a un dissenso?

Lo accetta, si confronta oppure appena vede un’espressione accigliata, s’irrigidisce e s’innervosisce.

Ah si? È cosi!
Ahi!
Abbiamo un problema di comunicazione.

È necessario imparare a utilizzare alcuni modi diplomatici e cortesi per dire “no”.

In fondo ti basta un po’ di strategia e un pizzico di diplomazia in più:



1. Esprimere il disaccordo solo in modo parziale

“Sono d’accordo con te fino a un certo punto, ma … ”
“Capisco quello che dici, ma … ”
“Vedo quello che dici, tuttavia … ”

Esempi:

  • “Capisco il tuo punto di vista, tuttavia questi obiettivi di vendita non sono realistici.”
  • “Posso comprendere le tue motivazioni, però la realtà è che questo sistema non funziona quando abbiamo un basso volume di clienti.”
  • “Comprendo quello che vuoi dire, però credo ci sia un modo migliore per ottenere questo.”
  • “Sono d’accordo con te riguardo agli investimenti nella Formazione, ma se investiamo solo sui direttori, saremo scoperti poi con i venditori. Non trovi?”

2. Utilizzare parole o frasi per ammorbidire il tuo disaccordo

“Mi dispiace, ma non sono d’accordo… ”
“Sì, ma non credi che … ?”

Esempi:

  • “OK, ma non credi che, se lo facciamo, creeremo ancora più pressione sul team?”
  • “Mi spiace non essere d’accordo. Dovremmo investire in altre attività di marketing.”
  • “Mi dispiace non essere d’accordo con te, ma l’anno scorso la campagna pubblicitaria non ha funzionato e questo fatto ha colpito la nostra cifra d’affari.”

3. Esprimere il disaccordo utilizzando dubbi di carattere generale

“Mi chiedo se sia vero che … ”
“Hmm, non sono sicuro che possa funzionare in questo modo.”
“Non sono sicuro che sia possibile/fattibile. I dati/le previsioni/il Mercato dicono che …”

Esempi:

  • “Non ne sono così sicuro, i dati di Confcommercio mostrano come il commercio online stia superando di gran lunga quello al dettaglio.”
  • “Non sono certo che possa funzionare. Le previsioni di acquisto per il 2016 non hanno funzionato e questo ha danneggiato le nostre cifre di vendita.”
  • “Ho un’opinione diversa su questo, il Mercato di Natale è storicamente poco idoneo al nostro tipo di prodotto.”


Vuoi comunicare con presenza e sicurezza, lasciando davvero il segno in ogni riunione?

Scopri il percorso di coaching mirato “Come lasciare il segno in meeting e riunioni” e rendi ogni tuo intervento chiaro, incisivo e memorabile.

4. Evitare il negativo

  • “È un’idea pessima!”
    “Non penso sia una buona idea.”
  • “Non sono d’accordo con te!”
    “Non condivido la tua proposta.”
  • “Questa è la peggiore idea!”
    “Non sono sicuro sia l’idea migliore.”
  • “Così non funziona!”
    “È possibile prevedere qualche difficoltà con questa soluzione?”

5. Presta attenzione al tuo linguaggio non-verbale

I nostri corpi hanno una “lingua” propria.

Il linguaggio del corpo è importante tanto quanto le parole che utilizzi.

Quindi quando esprimi il tuo disaccordo in una riunione, presta attenzione al tuo non-verbale:

evita espressioni facciali di stupore o disaccordo, non scuotere la testa, roteare gli occhi, non agitarti in modo irrequieto o nervoso quando qualcuno sta parlando.

Evita di bisbigliare (come un cospiratore) con un’altra persona.

Non fissare in modo intimidatorio o inquisitorio la persona che sta parlando

Quando si tratta di esprimere il disaccordo,
il tuo obiettivo deve essere quello di dimostrare che sei un professionista attendibile.

Un partner lavorativo che non discute (solo per attaccare) ma sa anche ascoltare l’altro e che vuole trovare soluzioni mirate e produttive.

I grandi leader fanno così.

Quando sei in disaccordo con qualcuno,
ricorda che è fondamentale affrontare la questione e non la persona.

Imparare a dire ‘non sono d’accordo’ senza creare problemi è una competenza cruciale. Vuoi svilupparla?

Con il breve percorso mirato “Sviluppare assertività senza perdere empatia” impari a comunicare con chiarezza e rispetto, anche nelle situazioni difficili.

Un caso pratico di coaching: motivazione dei collaboratori

caso pratico di coaching

“Se non dici cosa fare, non fanno niente.”
“Non sono propositivi.”
“Seguono il carro.”
“Motivazione? Entusiasmo? Più facile vincere le olimpiadi”
“Cosa mi aspetto dal coaching? Vorrei vederli più motivati, entusiasti, sono bravini però che facce lunghe …”.

Ecco cosa mi ha risposto Sonia quando le ho chiesto di parlarmi del suo team e delle aspettative nel confronto del coaching.

Ma poi quando le ho chiesto come creava entusiasmo nel suo staff o se lei era motivante nel comportamento e nelle parole …
con aria stupita (di chi sente per la prima volta questo tipo di domanda) mi ha risposto
“In che senso?”.

Un caso pratico di coaching: motivazione del team

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Ecco da dove siamo partiti.

Un percorso di coaching “puro” (pacchetto di base da 6 sessioni) è stato utilizzato per consapevolizzare Sonia del suo ruolo d’imprenditrice (possiede tre saloni di bellezza ben avviati e di successo),
leader e di “trascinatrice” e renderla cosciente che la motivazione non “zampilla spontaneamente” dai suoi collaboratori e non si può nemmeno delegare a un corso,
un formatore o a un coach.

Frequentare un corso motivazionale (a prescindere dalla bravura e la competenza del coach),
non basterà a far diventare la persona,
un bravo motivatore se non prende prima coscienza che deve “scendere in campo” in prima persona.
Ci deve “mettere del suo”.

Sonia adesso ha consapevolizzato che la motivazione del suo personale passa inevitabilmente da lei.
È lei quella che per prima deve motivarsi, entusiasmarsi,
ispirarsi e dopo (solo-dopo) la può pretendere dai suoi dipendenti.

In tema di motivazione non si può essere spettatori

Dopo le prime “resistenze” e riluttanze,
Sonia ha riconosciuto che in tema di motivazione è stata passiva,
“spettatrice” a volte anche indolente (tanto da ammettere che durante un mio corso in uno dei suoi centri -pur essendo presente – non ascoltava pensando che il tema motivazionale fosse di solo appannaggio del suo personale).

Ha anche riconosciuto di non avere alcuna idea sul come motivare i suoi dipendenti e di essersi (fino a quel momento) affidata solo a riconoscimenti economici.

Grazie agli ottimi risultati riportati abbiamo continuato con un altro percorso di coaching di 4 sessioni più “tecnico” focalizzato sulla capacità di dare feedback potenzianti e non critiche demotivanti, condividere le responsabilità e i compiti.
 


 

L’accento è stato messo sul fatto che quando un responsabile, un manager o un titolare di azienda (piccola o grande che sia) condivide le responsabilità,
i compiti e le informazioni crea un grande atto di fiducia e un riconoscimento molto gradito a tutti i suoi collaboratori o dipendenti (siano 2 o 200, poco importa).

Un percorso di coaching? Nessuna teoria, solo pratica

Ci siamo concentrati proprio su quest’aspetto con compiti ed esercizi pratici.
Nessuna teoria.
Solo pratica.
Sonia doveva… prepararsi, (letteralmente scrivere) prima di andare da un collaboratore e dare il suo feedback.
Abbiamo creato un calendario (dove a rotazione) incontrava (anche per pochi minuti) uno-a-uno ogni singolo componente del suo staff per riconoscerlo, complimentarsi, coinvolgerlo e incoraggiarlo a contribuire con nuove idee.

Inoltre a casa doveva esercitarsi su alcuni particolari esercizi di autocoaching,
utili per la sua auto motivazione.

La riuscita di questo 2° percorso è stato possibile solo grazie alla “nuova “ consapevolezza di Sonia.

I risultati sono stati davvero ottimi.
Adesso Sonia ha preso “in mano” la motivazione del suo team,
è consapevole della sua leadership, si sente più sicura e fiduciosa.
Soprattutto si sente davvero motivatrice.
E i risultati (sentendo lei) si vedono.
Eccome!

Incontro Sonia una volta il mese dove si confronta con me su situazioni particolari che li succedono e trova velocemente le sue risposte strategiche. “Conoscendo entrambi il coaching” ci mettiamo veramente poco ad arrivare al nocciolo della questione.

 

“Coaching? Siiii. Comincio lunedi.. no, il prossimo mese.. meglio dopo l’estate”

iniziare coaching

In questo periodo sono stressato”.
“Quando sarà passato questo periodo, lo faccio”
“Non sono ancora pronto”
“Non è il momento giusto.”
“Dal 1° gennaio comincio.”
“Dopo le vacanze comincio.

E anche

Lo farò …
quando troverò lavoro,
quando mi promuovono,
se divento capo

Sì, sì. Come no!

Nella mia esperienza,
ho notato diversi motivi ricorrenti per cui alcune persone (pur interessate alla loro crescita professionale e affascinate dal coaching) esitano e “resistono” a intraprendere un percorso di coaching.

Uno di questi è la (presunta) mancanza di tempo.

Il tempo giusto per l’azione è oggi

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Abbiamo paure che ci impediscono di passare subito all’azione.
Camuffiamo i nostri timori parlando senza sosta di ciò che faremo.
Un giorno.
Parliamo spesso al futuro o al condizionale: “Farò” o “Vorrei”,

Cambiare lavoro, mettersi in proprio, iniziare un percorso di coaching, andare a visitare la Patagonia, ecc…
Quando lo farai? Un giorno.

Non lasciarti immobilizzare dalla sindrome di “domani”, “da lunedì”, “dal mese prossimo”.
Il tempo giusto per l’azione è “oggi”.
altrimenti … non comincerai mai!

Veramente non hai tempo?
Perché le nostre giornate sembrano più corte rispetto a quelle di altre persone?
Eppure per tutti una giornata è di 24 ore!

Molto probabilmente usi il tempo per fare altro e non te ne accorgi, abbiamo sempre tempo per gli aperitivi e per discutere su Facebook …
oppure a leggere mail non importanti o a navigare (ma spesso a cazzeggiare) su Internet perdendosi negli “ultimi aggiornamenti” di gossip.

Spesso il non avere tempo è solo una scusa per non agire ( e non iniziare coaching)

In pratica,
quante ore passiamo su cose poco importanti e quanto tempo dedichiamo al nostro miglioramento e al nostro progresso?
Se diamo priorità alle cose veramente importanti,
scopriamo di avere tantissimo tempo (anche perché le cose realmente importanti sono poche!).

A volte,
il non-avere-tempo diventa una scusa per non fare qualcosa e riempire, in qualche modo, la nostra giornata o semplicemente perché abbiamo paura di affrontare una certa situazione o di lanciarci in una nuova impresa.
 


 

Per esempio,
una cliente che lamentava pochissimo tempo libero per se stessa (in effetti fissare le sessioni di coaching con lei era diventata un’impresa) è rimasta spiazzata nel vedere nero-su-bianco la sua giornata tipo piena di azioni irrisorie che potevano essere evitate o delegate facilmente.
Ha realizzato così che la sua mancanza di tempo era solo una “scusa” per non mettersi in gioco.

L’importante è fare il primo passo, evitando di accampare scuse:
solo allora l’azione sostituirà la procrastinazione.

L’azione come antidoto alla procrastinazione

Quando farai coaching?
Dopo una lunga e meditata riflessione?
Dopo averci dormito sopra?
Aspettando il segnale dal cielo o da un sogno?
Oppure semplicemente aspettando un altro “domani”?

Devi fare il primo passo.
Fallo adesso, subito.
Perché non esiste il giorno o l’ora giusta per iniziare a fare qualcosa.
E non sarai mai pronto (davvero).

Non hai ancora deciso se iniziare un percorso di coaching?
Lascia che ti spieghi cos’è (per me) il coaching e come lavoro ogni giorno,
scopri la mia guida di benvenuto facendo click qui.

“Un percorso di coaching? Per me? Ma per favore …”

percorso di coaching

“La presunzione può gonfiare un uomo,
ma non lo farà mai volare.”

JOHN RUSKIN

Molti tendono a pensare che devono agire come se avessero tutte le risposte …
e se non le hanno … dovrebbero agire come se l’avessero!
A volte funziona, spesso no!
Hai pensato alle conseguenze?
È come guidare la notte con le sole luci di posizione.

“Un percorso di coaching? Per me? Ma figuriamoci …”

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Sei competente, preparato e credi di essere esperto-di-tutto?
Perché hai smesso di crescere e imparare?
Di ascoltare?
Pensi che non ti serva più?

Ti senti più intelligente e capace di tutti,
in particolare del tuo capo, vero?
Sei abile e veloce ma anche arrogante, supponente e non ammetti mai di aver sbagliato.
Hai “già tutte le risposte”, basta chiedere e “illumini” con la luce del tuo sapere.

Sei davvero un duro o fai solo lo spaccone?

Se hai smesso di ascoltare, di chiedere, di crescere potrebbe essere è un cattivo segnale.
Essere intelligente e capace non sempre significa avere una carriera appagante.

Non sono poche le persone che lamentano una carriera poco soddisfacente causa comportamenti “sbagliati” che hanno pregiudicato il rapporto con il capo, il team, i colleghi, oppure non si sono più riprese da “trombate” che hanno creato dubbi e perplessità sulle proprie (reali) capacità.

Un comportamento eccessivo ed esagerato è tipico delle persone insicure che cercano di nascondere con atteggiamenti altezzosi un profondo complesso d’inferiorità.
Basta poco per mandarli in crisi.

Cominciare un percorso di coaching non vuol dire non essere capace

Iniziare un percorso di coaching non vuol dire essere impreparati,
incompetenti
incapaci.
 


 

Coaching non è un atto d’accusa verso la tua competenza o un’indicazione della tua non-capacità di raggiungere gli obiettivi.
Anzi.

Pensaci …
nessuna grande azienda o multinazionale investirebbe nel coaching se credesse che i propri collaboratori non siano in grado di trasformare e migliorare le loro prestazioni.

Le aziende non investono in coaching per i loro dipendenti mediocri; lo fanno solo per quelli ad alta potenzialità.
I budget limitati sono solo per le persone che vogliono “coltivare” e far crescere;
per collaboratori con problemi gravi di performance … ci sono alternative molto più convenienti.

Dobbiamo tirar fuori il meglio in tempi sempre più ristretti

E poi, forse non ti rendi conto che …
non abbiamo più tempo per lunghi percorsi di apprendimento,
i problemi non si possono più rinviare,
gli errori hanno conseguenze e costi importanti.
Dobbiamo tirar fuori il meglio di noi in tempi sempre più ristretti.
L’apprendimento di nuove competenze può essere incredibilmente stimolante e sfidante ma anche preoccupante e scoraggiante.

Iniziare un percorso di coaching non vuol dire avere un problema,
un limite, una difficoltà,
significa semplicemente che …
grazie al supporto di un coach professionista puoi migliorare la performance e raggiungere gli obiettivi, in meno tempo e con meno dispendio di energie.

Coaching non è negativo.
Tutt’altro.
È positivo.

Riconosci il coaching per quello che è …

Invece,
di preoccuparti di vedere il coaching come un “misuratore” delle tue competenze,
riconoscilo semplicemente per quello che è:
una fantastica opportunità per la crescita,
lo sviluppo, l’auto-comprensione e
l’avanzamento di carriera.

“Ammettere” di aver bisogno di un coach è accettare di non essere perfetto.
Di non avere tutte le competenze.
Di voler ancora imparare.

“Ammettere” di aver bisogno di un supporto professionale è il primo passo verso il tuo successo.

Forse hai bisogno di maggiori informazioni?
Non hai ancora deciso se iniziare un percorso di coaching?
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9 frasi che non sentirai mai durante le mie sessioni coaching

sessioni di coaching

Le parole sono importanti.

Nella mia professione di coach durante le sessioni di coaching,
le parole devono stimolare, ispirare e spronare
ma possono anche scostare, confondere o stancare.

Ci vuole attenzione, moderazione e competenza.

Una cosa è certa …
ecco 9 frasi che sicuramente non mi sentirai mai dire durante le sessioni di coaching:

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1. “Mi raccomando … fai questo e non fare quello

Se c’è una cosa che (come coach) evito, accuratamente nelle sessioni di coaching è …
dirti cosa-fare, cosa-scegliere, dove-andare.

La responsabilità è tutta tua.
Solo tua.

Non è mia la responsabilità di risolvere i tuoi problemi oppure raggiungere i tuoi obiettivi per te.

Il mio obiettivo è sostenerti, sfidarti, ascoltarti, stimolarti, incoraggiarti,
condividere feedback e offrirti qualsiasi altra cosa nel mio kit-di-strumenti per aiutarti a raggiungere gli obiettivi che sono importanti per te.

2. “Ecco le risposte che cercavi

Coaching non è consulenza.
A differenza di un consulente, che è assunto per fornire le risposte,
non è nel ruolo del coach conoscere tutte le risposte e risolvere i problemi del cliente.

Il mio obiettivo di coach non è darti le risposte ma aiutarti a “scoprire le tue risposte”.
Sei tu che devi rispondere alle domande.
Non io.

Sei tu che devi dare le risposte a domande che sembrano facili, ma (in realtà) non lo sono, per niente.
C’è un mondo dentro.
Il tuo.
Provaci, dai, eccone alcune:
Dimmi chi vuoi diventare?”
“Cosa ti aspetti da te stesso?”

“Che cosa stai aspettando?”
“Dimmi, dove stai andando?”
“Che cosa posso fare (veramente) per te?”

3. “Cercherò di essere breve, ti spiego …

Non mi dilungo in lunghe e fumose teorie.
Anzi di teoria c’è né molto poca.
Quasi niente.

La teoria è controproducente in questi casi.
Cercheresti di approcciare tutti i problemi in modo meccanico tentando di applicare quello che hai sentito.
 


 

I problemi che incontri nel lavoro non hanno niente a che fare con quello che hai studiato.
Te ne sei accorto, vero?

4. “Fai come se fossi un amico

Chi ha un amico ha trovato un tesoro.
Inestimabile, aggiungo io.

Coaching non è amicizia.
Un caro amico/a (pur con la buona volontà e la buona fede) non ti farà le domande difficili che devono essere fatte,
non sarà imparziale e non riuscirà a portare l’efficace prospettiva di un professionista.
Non coinvolto e non giudicante.
E per questo più efficiente.

5. “Scaviamo nel tuo passato per capire meglio

Coaching non è terapia.
Non si concentra sul passato, guarigione di profonde ferite emotive o risolvere i sintomi quali ansia o depressione,
ad appannaggio di specialisti del settore.

Il coaching si basa prevalentemente sul presente e ciò che sarà il futuro.

6. Nelle sessioni di coaching non sentirai frasi da pseudo-guru per “pompare” la motivazione

Nessuna sessione di coaching improntata solo su slogan motivazionale,
facili frasi a effetto o teorie sulla motivazione.

Come perchè?
Se anche tu hai avuto,
come tutti,
problemi di motivazione, sai perfettamente che se qualcuno ti dà una pacca sulla spalla e ti dice: “Dai, forza motivati!” non ti sarà di grande aiuto.

7. “Scusa … rispondo un attimo a un’altra telefonata e poi continuiamo

Quando sono con te in una sessione di coaching,
sei l’unica persona con la quale interagisco.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la gestione del tuo team
 

Sono completamente focalizzato su di te.
Il tempo (che hai pagando) nelle sessioni di coaching è esclusivamente per te.

8. “Ecco una dritta miracolosa

Mi spiace … nessuna soffiata miracolosa o trovata geniale.

Non esistono.
Almeno secondo me.

Serve impegno e “fatica”.
Mettersi in gioco.
Altro che dritta miracolosa!

Ecco perché, nonostante la grande offerta di corsi, seminari, libri e blog imbattersi in grandi personalità è così difficile.

9. “Fidati di me” – “Credi in me

L’onestà e la correttezza non si dichiarano a parole,
ma solo attraverso fatti concreti.

Che cosa è tutto questo prodigarsi di annunci e proclami riguardo sincerità e integrità?

Essendo sicuro della mia proposta formativa, l’ultima cosa che penso è proclamare,
annunciare e “mettere sul piatto” la mia correttezza e la mia professionalità.

Ho fiducia che trapeli attraverso i miei gesti, le mie parole,
i fatti o la mia consulenza.

Se c’è qualcosa che deve cambiare nel tuo “modo” di lavorare, prendi provvedimenti.
Investi su te stesso.
Passa all’azione.
“Fai” coaching.

Che cosa si fa davvero in una sessione di coaching? Un esempio reale

sessione di coaching

Spesso ricevo dai miei contatti la domanda …
“Michele, che cosa si fa in una sessione di coaching?
Cosa devo dire? Che cosa devo fare?”

Le sessioni di coaching sono “conversazioni”.
“Dialoghi” strutturati e lineari che hanno un inizio ben definito,
una parte centrale e una finale che permette di stabilire chiaramente obiettivi, scopi e risultati.

Una sessione di coaching non è una “chiacchierata”

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Per evitare che la sessione di coaching diventi “una piacevole chiacchierata” il dialogo segue un modello di “conversazione”.

Personalmente mi baso sul “modello di conversazione” Coach U International (elaborato in oltre 20 anni di presenza e di attività in più di 20 Paesi nel mondo) che garantisce un approccio strutturato e coerente nelle sessioni di coaching.

Il modello di conversazione non contempla nessun riferimento a tecniche legate ad attività terapeutiche,
non utilizza tecniche di Programmazione Neurolinguistica (PNL), Analisi Transazionale o Gestalt.

Il modello si sviluppa attraverso specifiche fasi consequenziali che consistono nel:
• Focalizzare e definire l’obiettivo;
• Esplorare e valutare nuove alternative e possibilità;
• Stabilire il piano d’azione definendo tempi e modi;
• Individuare e rimuovendo possibili ostacoli all’esecuzione delle azioni;
• Assumere l’impegno entro una data e riportare al coach l’azione specifica compiuta;

Ecco una riproduzione sintetizzata di una sessione di coaching

Come puoi ben immaginare per concretezza l’ho schematizzata e ridotta a scopo dimostrativo.

Ovviamente la sessione di coaching include altri elementi fondamentali quali ascolto attivo, linguaggio interventistico, domande esplorative, feedback diretti e onesti ecc… ma lo scopo è darti l’idea di massima su come si svolge una sessione di coaching.

Michele: Benvenuta Roberta. Come stai e cosa è successo dall’ultima volta che ci siamo visti?
Roberta: Sto benissimo, grazie (e aggiorna sugli sviluppi della passata sessione).

Michele: Ottimo! Ora, cosa vorresti ottenere nella sessione dioggi?
Roberta: Vorrei parlare del mio nuovo collaboratore che ha cominciato la settimana scorsa.

 


 

Michele: Di quale particolare aspetto vuoi parlare?
Roberta: Vorrei trovato un modo per andare maggiormente d’accordo con lui. Perché l’inizio non è stato dei migliori …

Michele: Cos’è che non funziona nel vostro rapporto?
Roberta: Niente di tragico. Almeno fino ad ora. È un giovane competente ma … ogni volta che inizio a parlare, alla prima pausa lui “entra” e finisce le mie frasi … come se non vedesse l’ora dir potere dire la sua.

Michele: Che cosa senti?
Roberta: Sento fastidio, irritazione, mancanza di rispetto (anche se no, non mi manca di rispetto!)

Michele
: Dimmi di più?
Roberta: Ho quasi la sensazione di essere noiosa, lenta, di non piacere come capo, leader … forse faccio troppe pause … mentre parlo?

Michele: (silenzio)
Roberta: … Sì, in effetti, mi “fermo” spesso quando parlo. Nel senso che ho bisogno di pensare bene prima di parlare e queste pause potrebbero farmi sembrare insicura o “lenta”? Tu cosa ne dici?

Michele: Secondo te?
Roberta: Beh è come se non avessi mai il tempo necessario per portare a termine il mio discorso prima che intervenga qualcun altro. Si effetti sì, potrei sembrare lenta e insicura!

Michele: Si comportano tutti così con te, oppure lo fa solo questa persona?
Roberta: Uhm … ora che mi ci fai pensare, lo fa anche un’altra mia collaboratrice e … mio marito!

 
More: scopri il servizio di coaching ideale per potenziare la tua team leadership
 

Michele: Mi pare che per te sia importante completare i tuoi pensieri affinché tutti possano sapere come la pensi. Che cosa deve succedere perché la gente non t’interrompa o finisca le frasi?
Roberta: Mi piacerebbe essere rilassata, sentirmi fiduciosa di me stessa. Non mi danno abbastanza tempo. Ho bisogno di pensare … prima di parlare ma non vorrei aspettare così.

Michele: Prova a riformulare l’obiettivo?
Roberta: sì, ecco…. Vorrei imparare a parlare senza troppe pause, in modo più diretto e chiaro quando do le direttive ai miei collaboratori. Come posso fare?

Michele: Durante le due settimane che passeranno prima del nostro prossimo incontro cosa ne dici di esercitarti tutti i giorni a trasformare le tue disposizioni. Sei disposta a farlo?
Roberta: Sì, lo farò.

Michele: Ogni volta che devi dare una disposizione o una direttiva a un tuo collaboratore … preparati.
Prenditi qualche minuto. Prima.
Sintetizza il tuo intervento, anche se breve, in punti chiave.
Scrivi cosa devi dire.
Cerca di formulare frasi brevi. Una frase eccessivamente lunga può ostacolare la comprensione e può far sì che il tuo messaggio perda incisività.
Qual è il messaggio che vuoi far passare.
Chiediti:
“Qual è il punto?”
“Che cosa deve passare assolutamente?’”
“Che cosa posso evitare?”
… … …
( e continuo la spiegazione di questo piano d’azione per raggiungere l’obiettivo di formulare direttive chiare e dirette)
Roberta: OK, lo farò, mi piace l’idea.

Michele: Tieni un diario e tutte le volte che qualcuno t’interromperà, annota i concetti che stavi esprimendo. Porta le tue annotazioni al prossimo incontro in modo da verificarlo insieme.
Roberta: Ok.

Michele: C’è qualcosa che può ostacolarti?
Roberta: No, non vedo problemi. E poi è qualcosa che va fatto. Ne va della mia leadership!

Michele: Ottimo! Che cosa hai imparato e cosa farai prima del nostro prossimo incontro?
Roberta: Ho imparato che posso acquisire la capacità di esporre i miei pensieri in modo più succinto e diretto. Come ho detto, mi eserciterò durante le prossime due settimane e annoterò tutto su un diario.

Michele: Bene! Credo che questo ti consentirà di comunicare meglio col tuo team. La prossima volta che ci vediamo, il 15 marzo alle 10, mi aggiorni sui tuoi progressi.
Roberta: Ok, grazie 1000! Se mi vengono dubbi, ti aggiorno (in modo sintetico, lo so) via email.
Ciao Michele.

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Hai sentito “parlare di coaching” ma non hai mai davvero fatto il primo passo?
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Coaching per giovani leader – investi su te stesso

coaching per giovani leader

“Come posso sperare di comandare sugli altri,
se non ho il pieno controllo su me stesso?

François Rabelais

Quanto tempo ti ci è voluto?
Pochi anni?
Diversi mesi oppure neanche il tempo di finire la prova lavoro?

Ti è bastato poco.
Molto poco … per capire che tutti i libri che hai letto, i diplomi e la laurea che (faticosamente) hai ottenuto, i corsi che hai frequentato, la capacità lavorativa che hai … non sono le uniche chiavi per aprirti le porte del successo.

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Le qualità personali non si sviluppano seguendo un corso o leggendo un libro

L’attitudine, il giusto approccio con le persone,
la gestione dei collaboratori (non userò mai la parola risorse),
le relazioni extra lavorative,
il saper reggere l’attesa e la pressione,
saper gestire l’ansia, lo stress,
l’insuccesso,
difficilmente si sviluppano seguendo un corso, un workshop, un video tutorial o leggendo un libro (pur validi che siano).

Se non è cambiato niente.
Oppure è cambiato poco,
significa che non è quello di cui hai bisogno.

E allora cosa fai?
Continui a cercare, ovvio.

Continui a cercare le risposte.
Si dice che “chi-cerca-trova”.
Google è perfetto per darti le risposte che cercavi.

E infatti ne trovi tante.
Tantissime.

Purtroppo … le conosci già.
Chissà quante volte le hai lette.
Quante volte le hai già sentite.

Le risposte che trovi sono generiche e tutt’altro che incisive

Il problema che (spesso) sono risposte standard e poco personalizzate.
Generiche e tutt’altro che incisive.
 


 

E allora continui a cercare.
Ancora.
Inseguire, bramare, tentare.

E non guardi nell’unico posto, dove troveresti le risposte che stai cercando.
Dentro di te.

Il mio obiettivo di coach non è darti le risposte ma aiutarti a “scoprire le tue risposte”.
Sei tu che devi rispondere alle domande. Non io.
Possono sembrarti domande facili ma (in realtà) non lo sono, per niente.
C’è un mondo dentro.
Il tuo.

Provaci, dai:

Dimmi chi vuoi diventare?”
“Cosa ti aspetti da te stesso?”
“Dimmi, dove stai andando?”
“Come farai a sapere quando sei arrivato?”
“Che cosa posso fare (veramente) per te?

Lo sai che i leader più esperti pensano che i giovani desiderano il successo su un piatto d’argento.
Senza lottare.
Ah no?

Dimostra che si sbagliano.
Alza i tuoi standard personali.
Bassi standard portano alla mediocrità.

Se non ce la fai, riprova.
Riprova ancora.
Fai le cose difficili.
La facilità, la comodità ti fa diventare molliccio, arrendevole, fragile.
O forse molliccio lo sei già?

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la tua autostima sul lavoro
 

Sviluppa la tua capacità di “attraversare” la delusione e la frustrazione

Le lotte di oggi,
ti porteranno da qualche altra parte … domani.

Non lasciare che i leader più esperti raccolgano al posto tuo.
Smettila di parlare.
Smettila di sognare.
Fantasticare.
Entra nel concreto.
Fai qualcosa.
Non piagnucolare. Risolvi i problemi.

Non essere tu il collo di bottiglia

Perché non stai chiedendo feedback?
Non smettere di farti domande.
Persegui la chiarezza, fai più domande.

Sei consapevole dei tuoi punti di forza e di debolezza?
Sai gestire le tue reazioni … e quelle degli altri?
Le attese, la frustrazione?
Quanto riesci a reggere l’insuccesso?

È qui che devi concentrare i tuoi sforzi.
Se non vuoi entrare (anche tu) nella statistica dei fallimenti da giovane leadership.

Che fregatura!
Cercavi risposte e invece sono io a farti domande,
e le risposte le devi dare tu.
Provaci ancora dai …

Ti senti un modello per il tuo team?
Sai creare entusiasmo nel tuo staff?
Sei sempre motivante nel comportamento e nelle parole?
Hai una personalità dinamica che coinvolge chi ti sta intorno?
C’è qualcuno nella tua squadra che hai lasciato fuori, ignorato, deluso?

“Fare” coaching per giovani leader,
vuol dire diventare consapevole che la motivazione del tuo staff passa inevitabilmente (e inesorabilmente) da te.

Investi su te stesso: coaching per giovani leader

Che cosa stai aspettando?
Qual è il tuo prossimo passo?
Che cosa stai imparando?
Dimmi che cosa farai, in modo diverso, la prossima volta?
Hai capito cos’è il coaching per giovani leader?

Se c’è qualcosa che deve cambiare nel tuo “modo” di lavorare, prendi provvedimenti.
Investi su te stesso.
Passa all’azione. Coaching per giovani leader.

Forse hai bisogno di maggiori informazioni?
Hai sentito “parlare di coaching” ma non hai mai davvero fatto il primo passo?
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Vuoi iniziare il coaching? 11 cose che non ti direi mai

iniziare il coaching

Le parole sono importanti.
Parlare troppo e male è forse l’errore più comune che facciamo.

Nella mia professione di coach,
parlare poi è come … camminare sulle uova!

Le parole possono stimolare, ispirare e convincere
ma anche allontanare, disorientare o annoiare.

Dipende da ciò che diciamo.
E soprattutto da come lo diciamo.

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Ci vuole attenzione, moderazione e competenza.

Una cosa è certa …
ecco 11 cose che sicuramente non mi sentirai mai dire se tu fossi un mio potenziale cliente (cliente privato) e desideri iniziare il coaching:

1. “Vedrai, sarai leader in un paio di sessioni

Potenziare l’approccio, aumentare la leadership, rafforzare la tua sicurezza, riflettere personalità e stile … non è cosa da poco!

Non scherziamo.
È irragionevole proporre miglioramenti così importanti in un paio sessioni di coaching!

Per un obiettivo così ampio e complesso è necessario discuterne insieme la durata e la pianificazione.
Mediamente, dopo il primo step di base costituito da 5-6 sessioni di coaching, decidi se proseguire, incontrarci mensilmente (per essere sicuro di mantenere la direzione) oppure continuare il tuo potenziamento con percorsi di coaching sempre più avanzati.

2. “Sarà una passeggiata

Mi spiace … nessuna dritta miracolosa o pillolina magica.

Non esistono.
Almeno secondo me.

Altro che passeggiata!
Quelle si fanno nei boschi.

 


 

Serve applicazione. Impegno.
Mettersi in gioco.

Se trovi difficile e faticoso tutto questo, hai perfettamente ragione!
Ecco perché, nonostante la grande offerta di corsi, seminari, libri e blog imbattersi in persone che “trasudano” vera leadership è una rarità.

3. Frasi motivazionali

Nessuno slogan motivazionale,
frasi a effetto o teorie sulla motivazione, lanciate qua e là per creare effetto.

Se anche tu hai avuto, come tutti, problemi di motivazione sai perfettamente che se anche ti dò una pacca sulla spalla e ti dico: “Eddai, forza motivati!” non ti sarà di grande aiuto.

4. Nomi e dati dei miei clienti

La riservatezza è un elemento estremamente importante nella relazione di coaching, perché costituisce la base per l’indispensabile rapporto di fiducia e di trasparenza.

Il contenuto delle conversazioni di coaching, come pure i tuoi dati e quelli dell’azienda per la quale lavori, sono quindi strettamente confidenziali e riservati.

Non dirò nomi di persone, aziende, nel mio sito non c’è la sezione “I miei clienti” (anche se mi farebbe davvero comodo).
Così sei sicuro che non dirò neanche il tuo.

5. “Che ne dici di una sessione di prova?”

Il coaching non si prova.
O lo fai o non lo fai.

Provare vuol dire tentare, sperimentare, testare.
Essendo una prova c’è meno coinvolgimento, in compenso molta più razionalità ed eccessiva attenzione sul risultato (“funziona o non funziona sto’ coccing?”).

No, così non funziona.

Preferisco iniziare il coaching e se poi ti accorgi che non è quello che ti aspettavi o non è l’approccio giusto per te, ti rimborso tutto il pacchetto, compresa la sessione che hai fatto.
Se continuiamo (senza piacere) ci perdiamo entrambi.

 
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6. Pareri o giudizi su altri coach

Piuttosto che fare una scala di meriti di altri formatori e coach, desidero valorizzare i miei servizi e far percepire il reale valore aggiunto che posso offrire.

Ho fiducia che si parli di me attraverso i miei servizi, il mio blog o la mia consulenza.

Anche se ricevo mail che mi chiedono un consiglio sulla scuola o corso migliore o un parere personale l’ultima cosa che mi interessa è “gossippare” sulla preparazione e competenza di questo formatore o quel coach.

7. Insistere, pressare o convincere all’acquisto

Se c’è una cosa che non faccio durante il primo contatto (ma in definitiva sempre) con un potenziale cliente che desidera iniziare il coaching è … vendere.

Chi è determinato, chi desidera dare una svolta, chi è stufo dei soliti risultati, chi vuole lavorare su se stesso non ha bisogno di “spinte” all’acquisto.

Vuole iniziare il coaching e basta!
Non chiede troppo, non si dilunga su particolari e dettagli, scalpita, ha solo voglia di iniziare.

Per tutti gli altri (chi vuol prendere ancora altre informazioni, chi non è ancora pronto, chi sta semplicemente perdendo tempo, ecc.) cerco di dare il maggior numero di info e spiegazioni ma senza mai forzare o cercare di convincere all’eventuale acquisto.

Anzi.
Indecisione ed esitazione sono i segnali che la persona non è ancora pronta.
Preferisco io stesso consigliare di aspettare.

La relazione di coaching non può essere imposta, né venduta, tanto meno mercanteggiata … deve essere “consapevolmente volontaria”!

8. “Sono completamente a tua disposizione

Non posso,
Non riesco.
Anche volendo.

Come te, ho il tempo contro.
Esattamente come te, ho i miei impegni e le mie incombenze.

Se fissare una sessione di coaching diventa (per entrambi) un incubo per la poca disponibilità, riprogrammazioni dell’ultimo minuto, e-mail di scuse, ritardi e rilanci di date e orari … meglio rinunciare.

Decidiamo (insieme) una programmazione e ci atteniamo a quella.
Semplicemente.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la tua autostima sul lavoro
 

9. “Ci vediamo sui social”

Anche qua, stesso discorso.
Non riesco.
Ho poco tempo a disposizione.

Ecco perchè la mia attività social è pari-allo-zero.
Non riuscirei a rispondere (personalmente) a eventuali commenti, twittare qualche spunto interessante o postare un articolo su fb.

Potrei risolvere il tutto delegando tutto questo (come mi hanno proposto) a qualche agenzia di web marketing ma … non mi interessa.
Non vorrei aggiungere altro blah-blah inutile e standardizzato a quello già esistente in Rete.

10. “Devi firmare il contratto

Come cliente privato acquisti semplicemente una sessione o un pacchetto di sessioni di personal coaching.

Una volta esaurita decidi se acquistare altre sessioni di personal.
Come cliente privato non devi firmare nessun contratto o vincolo.

11. “Fidati di me” – “Credi in me

La correttezza non si proclama.

Ho fiducia che la mia professionalità parli attraverso i miei gesti, le mie parole, i fatti o la mia consulenza. Se proprio devo dimostrarla, porto esempi concreti di situazioni realmente accadute che mostrino in che modo mi sono comportato o come ho reagito.

Essendo sicuro della mia proposta formativa, l’ultima cosa che penso è proclamare, mercanteggiare o “mettere sul piatto” la mia correttezza e la mia professionalità.

Vuoi iniziare il coaching? Ecco le 11 cose che non ti direi mai

Se c’è qualcosa che deve cambiare nel tuo “modo” di lavorare, prendi provvedimenti.
Investi su te stesso.
Passa all’azione.
“Fai” coaching.

Se invece hai solo sentito “parlare di coaching” ma non hai mai fatto il primo passo,
lascia che ti spieghi cos’è (per me) il coaching e come lavoro ogni giorno,
scopri la mia guida di benvenuto gratuita facendo click qui.

10 qualità di successo che non richiedono nè talento nè fortuna

talento

“Faccio una cosa molto bene, ma il talento non basta.
E’ il primo insegnamento che mi ha trasmesso il coach.
Puoi aver talento, ma se non lavori duramente non diventi un campione.”

Usain Bolt

Il talento contribuisce sicuramente al successo.
Ma da solo non basta.

Eppure è forte la tentazione di credere che solo quelli baciati dalla fortuna saranno premiati … solo quelli che hanno talento arriveranno ai posti più desiderabili e più ambiti.

Il talento non basta per avere successo

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Oltre al talento occorre la capacità di resistere alle distrazioni e alle tentazioni, al fine di raggiungere un obiettivo.
È la capacità di resistenza, di ristrutturare i fallimenti e le sconfitte.
È la capacità di rialzarsi per la centesima volta.
È necessario essere perseveranti nonostante gli ostacoli che incontriamo sulla nostra strada.

Se invidi il talento del tuo collega, del tuo capo, del tuo compagno di squadra, di tuo fratello, ricorda che … il talento da solo non basta occorre tenacia, grinta, duro lavoro quotidiano.

Come twittato da Bill Gross, via Fouad ElNaggar ecco 10 qualità che possiedono le persone di successo (cui tutti noi, e anche tu puoi attingere) che non richiedono né talento né fortuna.

Se anche tu (come me) il talento lo ammiri in TV o al cinema.
Parti da qui.
Inizia da queste 10 qualità.
La prossima volta che desideri far prendere vita ai tuoi sogni, avere successo, ricorda a te stesso che hai già tutto quello che ti serve.

Ecco 10 qualità di successo che non richiedono nè talento nè fortuna:

1. Essere in orario

Essere in ritardo, per qualsiasi motivo, è imperdonabile.
Grida all’inaffidabilità.
Non c’è scusa che esista.
La tua puntualità la dice lunga su di te.

 


 

Essere in orario è la regola n.1.
Non importa se si seguono tutte le altre regole.

2. Lavorare in modo etico

L’etica che dimostri al lavoro “dice” molte cose su chi sei … come professionista e come persona.

Si tratta del tuo atteggiamento, il tuo comportamento, la tua comunicazione e l’interazione.
“Come” fai il tuo lavoro.
Coinvolge caratteristiche come l’onestà, la trasparenza e la responsabilità.

3. Sforzarsi

Il primo tratto nella persona resiliente si esprime con la capacità di dedicarsi completamente
ad un’attività. Impegnarsi per portare a termine un compito senza lasciarsi scoraggiare o spaventare dalla fatica.

4. Linguaggio del corpo adeguato

La ricerca ha dimostrato che, quando si tratta di prime impressioni, abbiamo pochi secondi (non minuti) per lasciare un’impronta positiva.

Che cosa si può fare per avere un buon impatto?
Cominciamo con il modo giusto di usare il nostro corpo.

Essere consapevoli di come si utilizza il corpo non riguarda solo come si è percepiti, ma anche come ci si sente. Camminare con calma, con un sorriso sul tuo viso, forte contatto visivo, la postura “tirata verso l’alto” ti fa apparire rilassato, fiducioso e positivo e in grado di far fronte alle pressioni.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la tua autostima sul lavoro
 

5. Energia

È la capacità di essere attivi.
È la forza fisica o mentale che ti permette di fare le cose.
Energia è entusiasmo e impegno.

6. Attitudine e comportamento

Qual è il tuo atteggiamento nei confronti del lavoro?
Lavori per soldi, per pagare il mutuo o per passione?
Come intendi dare il tuo valore aggiunto?

L’attitudine è il tuo modo di vedere la vita, il tuo modo di pensare, di sentire e di comportarti.

Il tuo atteggiamento è la forma di espressione di se stessi.
Si può scegliere di essere felice, positivo e ottimista oppure si può scegliere di essere pessimista e critico.
La scelta è tutta tua.

7. Passione

“La passione è un po’ come l’amore. È difficile, probabilmente impossibile, da definire in termini precisi, ma facile da vedere e sentire quando è presente.”.

Charles Kovess

La passione è emozione, sentimento, gioia ed entusiasmo.
Eccitazione.
La passione che metti sul lavoro parla della tua determinazione e la fiducia in se stessi.
È fare qualcosa che si ama.

La passione non è un pensiero intellettuale.
Si tratta di un sentimento, un’emozione.
Anima.

8. Essere “allenabile”

Tradotto da “Being coachable”.

Essere “cocciabile”, essere “allenabile”, ovvero …

la capacità d’impegnarsi per il proprio sviluppo, avere “fame” per il feedback da parte degli altri, possedere la volontà di essere corretto e di essere aperto a tutto ciò che può migliorare se stesso.

La disposizione a lasciare agli altri la propria valutazione e rendersi conto che il cammino di sviluppo personale non può essere percorso da solo.

“Allenabilità” richiede fiducia nel coach.
La fiducia si basa su valori e obiettivi condivisi.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per la tua carriera di successo
 

9. Fare l’extra

L’extra è qualcosa che è fatto in aggiunta ai requisiti del contratto.
Fare qualcosa extra è buono, non solo per gli altri ma anche (e soprattutto) per te stesso.
È quel qualcosa in più.

10. Essere preparati

Essere ben preparati è la chiave per affrontare le sfide future della vita e del lavoro.
Sapersi adattare al mondo portando un valore aggiunto tangibile all’azienda, dimostrare le conoscenze acquisite, le abilità raggiunte nel tempo dimostrando il coraggio e il senso di responsabilità.

E adesso che lo sai … che cosa fai?
Quale sarà la tua prossima mossa?

“Per fare una carriera come la mia il talento non basta.
Quando ho debuttato con la Nazionale pensavo fosse sufficiente, poi ho capito che per arrivare dove sono ora dovevo metterci del mio.
In campo serve tanta rabbia, la fortuna ogni tanto aiuta ma la rabbia è un ingrediente fondamentale
“.

Gianluigi Buffon

Investi su te stesso. Passa all’azione. “Fai” coaching.

fare coaching

Le risposte ci sono già.
Sono tante.
Sono dappertutto.
Non hai difficoltà a recuperarle.
Basta digitare.

Le risposte che cerchi sono dappertutto

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Viviamo in una cultura che offre già un numero considerevole di risposte,
pensa a internet,
all’offerta di libri, corsi, seminari, workshop.

Chissà quante volte le hai lette.
Quante volte le hai già sentite.

Se non è servito niente.
Se è cambiato poco.
Significa che (forse) non è quello di cui hai bisogno.

Il problema che (spesso) sono risposte standard e poco personalizzate.
Generiche e tutt’altro che incisive.

Il mio obiettivo di coach non è darti risposte

Il mio proposito di coach non è darti scorciatoie, formule magiche all’ultima-moda, slogan a effetto, consigli o pareri (“Fai questo … non fare quello”), giudicarti, giustificarti oppure consolarti.
E tanto meno darti risposte che conosci già.

Se anche tu hai (o hai avuto) problemi di motivazione o di leadership sai perfettamente che se anche ti dò una pacca sulla spalla dicendo: “Dai, forza motivati!” non ti sarà di grande aiuto.
Se non sei nello stato mentale giusto, questo tipo di consiglio lascia il tempo che trova.

Il mio obiettivo di coach è aiutarti a scoprire le risposte che “possiedi” già, crescere la fiducia in te stesso, allenare i tuoi “muscoli caratteriali” e sbarazzarti delle false credenze e di quei limiti che ti “ancorano al terreno” e non ti permettono di volare verso il tuo reale potenziale.

La tua leadership va “allenata” ogni giorno

 


 

Essere leader richiede coraggio, pratica e fatica.
Motivare un team è un impegno quotidiano.

Non puoi più restare legato a comportamenti oramai sorpassati “Tu fai quello e tu fai quest’altro”.
È necessario coinvolgere le persone che lavorano con te.
Non concentrarti solo sui compiti da eseguire e sulle cose da gestire.

È un “paziente costruire”, giorno per giorno e richiede tutta la tua attenzione e il tuo coinvolgimento.
Ci vuole impegno.
Ti serve consapevolezza.
Ti occorre strategia.
Grinta.

Fare coaching vuol dire passare all’azione

Se c’è qualcosa che deve cambiare nel tuo “modo” di lavorare, prendi provvedimenti.
Investi su te stesso.
Passa all’azione.
Fai coaching.

Fare coaching significa dirsi “È il momento di cambiare. Mettere una marcia in più“.

Se hai sentito “parlare di coaching” ma non ti sei ancora deciso,
lascia che ti spieghi cos’è (per me) il coaching e come lavoro ogni giorno,
scopri la mia guida di benvenuto facendo click qui.

13 motivi perchè la gente non ascolta quello che hai da dire – parte 2

essere ascoltato

LEGGI ANCHE > la parte 1

6. Non sai quello che dici

Tutti noi desideriamo entrare in contatto con persone degne del nostro tempo.

Fai la tua parte.

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Se il tuo contributo è di poco di valore, non otterrai (giustamente) il tempo e l’attenzione degli altri.

Essere l’esperto quando si sa e imparare dagli altri, quando non si sa.

Mostra discrezione.
Se non sai, taci.

7. Parli sempre e solo di te stesso

Sei bravissimo a cogliere ogni occasione per agganciarti al discorso e iniziare a parlare di te,
delle cose che hai fatto, di quello che ti è successo,
i tuoi viaggi, i tuoi hobby.

Sempre e solo di te.
Ego – centrato.

Niente di male, per carità,
ma pensi davvero che riuscirai a impressionare,
sembrare più interessante e intrigante?

Una cosa è certa, alla lunga diventi sicuramente scontato,
pesante e spingi gli altri a evitarti.



8. Trasmetti messaggi ambigui

Persone insicure trasmettono messaggi ambigui.

Leader ambigui gestiscono organizzazioni confuse.

Non aspettarti entusiasmo e passione se la tua comunicazione è ambigua.

9. Non prendi gli altri seriamente

Togliti quel sorrisino ironico dalla faccia mentre qualcuno sta palando.

Smettila di scuotere la testa beffardamente mentre qualcuno sta spiegando il suo punto di vista.

Si può non essere d’accorso con gli altri ma così facendo stai toccando tasti molto sensibili (e pericolosi) delle persone.

Prendi seriamente gli altri se ti aspetti che loro prendano sul serio te.

10. Non tieni fede alle tue parole

La gente ascolta solo le parole di chi-si-fida.

Se dici che farai o non-farai qualcosa e non mantieni la promessa, la gente non avrà alcun motivo di ascoltarti.
Mai più.


La comunicazione è il cuore dell’autorevolezza:

con la NUOVA edizione aggiornata 2025 del mio libro “Autorevolezza” e il volume complementare “Prima volta Leader” hai due strumenti pratici per migliorare il tuo impatto, carisma e leadership.

11. Fai il saputello

Meticoloso.
Perfezionista.
Egocentrico.

Sai tutto tu.
È ovvio.

Non ammetti di essere in errore, non lasci agli altri una parola,
fai impazzire con la sua analisi e la tua esperienza,
sul modo in cui si dovrebbe fare-o-non-fare una certa cosa.

Che palle!

La maggior parte dei so-tutto-io sono molto insicuri,
hanno bisogno dell’approvazione degli altri e possono sentirsi molto frustrati se devono accettare un’idea che non è la loro.



12. Non trasmetti empatia e passione

La verità è che siamo distratti, poco interessati agli altri,
concentrati su noi stessi, prevenuti,
sempre pronti a giudicare e criticare.

Nessun amore.
Se non ti curi della gente cui stai parlando,
perché loro dovrebbero interessarsi a te?

Non ti senti eccitato e appassionato,
perché parlarne?

Se non ti interessa, smettila di parlarne.
Ora.


“Vuoi che le tue idee abbiano più impatto?

Con il breve percorso di coaching mirato “Voce, attitudine, presenza: comunica autorevolezza da Executive” impari a gestire voce, postura e linguaggio del corpo per lasciare il segno.

13. Non ascolti .. ma vuoi essere ascoltato

Cosa c’entra l’ascoltare con il parlare?
C’entra, c’entra.

La comunicazione è un processo reciproco.
È un’interazione tra le persone.

Fai dell’ascolto attivo verso l’altra persona la tua prima priorità.

Sarai sorpreso di vedere quante volte sarai invitato a esporre la tua opinione a un pubblico attento.

Se desideri essere ascoltato,
essere ascoltato davvero,
devi fare uno sforzo d’interesse, di concentrazione e d’attenzione.
Occorrono disponibilità, sano e sincero interesse verso gli altri.

Fallo e diventerai,
per gli altri (colleghi, collaboratori ma anche partner, figli, amici) un punto di riferimento importante e irrinunciabile.

6 cose da fare quando non ti senti abbastanza leader

leader

“Vivere non significa attendere che passi la tempesta,
ma imparare a danzare nella pioggia.”

Mahatma Gandhi

Alcuni giorni sono semplicemente peggio di altri.

Non ci sentiamo “abbastanza”.
Siamo sopraffatti, sfiduciati, ansiosi.
Ci sentiamo piccoli, “non abbastanza buoni” per niente e nessuno.

Sai di cosa sto parlando.
Chiunque ha attraverso momenti in cui si sente inadeguato.

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Ecco 6 cose che devi fare quando non ti senti “abbastanza” leader:

1. Smettere di confrontarsi con gli altri

Confrontarsi con gli altri può essere stimolante, spingerti alla sfida e al miglioramento ma può essere anche molto frustrante e deprimente.

Dal continuo confronto hai poco da guadagnare e molto da perdere. I confronti sono sempre eccessivi perché non c’è mai fine al possibile numero di paragoni. I confronti spesso sfociano in risentimento. Rancore verso gli altri e risentimento verso noi stessi (perché non riusciamo).

La verità è che quando siamo profondamente focalizzati sui nostri limiti e fallimenti, raramente vediamo quelli degli altri. Ti sei accorto che ci confrontiamo solo “quando ci fa comodo”, cioè quando gli altri sono al loro massimo o mentre celebrano successi?

2. Smettere di cercare la perfezione, non esiste

Perché tutto questo bisogno di perfezione?

Se senti un forte desiderio di essere il leader perfetto, il comandante “senza macchia e senza paura” è perché sei preoccupato di ciò che gli altri pensano di te, chiedi loro un riconoscimento, un’approvazione, una conferma delle tue abilità … se sei perfetto sicuramente nessuno potrà criticarti, vero?
 


 

Invece di essere catturato nel ciclo senza fine della perfezione da leadership ricorda che alcuni dei personaggi di maggior successo (proprio gli stessi di cui ammiri carisma e leadership) sono ben lungi dall’essere perfetti.

Hanno trasformato i loro limiti, col tempo e fatica, in trionfi.
Tempo e fatica.

3. Stop soffermarsi sui propri errori

Soffermarsi sul passato è vitale, a volte.

Gli errori del passato possono aiutare a migliorare.

Soffermarsi e indugiare troppo sugli errori e fallimenti può bloccarti nel passato, influenzare il presente e rovinare il futuro. Alcune persone riescono a passare oltre più facilmente mentre altri restano intrappolate nel senso di colpa.

Ma una cosa è cercare le responsabilità, imparare dagli errori e un’altra è commiserarsi e passare anni punendoci per l’errore commesso.

4. Ricordarsi che essere leader non è facile

Chi ha detto che la leadership è semplice?
Chi ha detto che la leadership è per tutti?

Ci vuole tempo.
Ci vuole abnegazione.
La leadership è dedizione, coraggio, rischio.

Essere leader non è facile.
Chi non è leader, non lo sa.

 
More: scopri il percorso di coaching ideale per potenziare la gestione del tuo team
 

5. Accettarsi per quello che si è

Accettarsi non significa piacersi o sentirsi perfetti.

Significa arrendersi alla realtà e cominciare a sentirsi sempre più “in pace” con se stessi.
Vuol dire essere meno critici e severi,
perdonarsi gli errori e accettare i propri limiti.

Accettare il fatto di non essere un leader così coraggioso, carismatico, efficace, forte … è una conquista che richiede un grande sforzo e un lungo lavoro su se stessi.

Questa conquista spingerà per il cambiamento.
Accettarsi è cambiamento.

6. Concedersi il diritto di “sentirsi giù”

Un naturale (e breve) momento di sconforto non è segno di debolezza.

Anzi.

Non ascoltare chi ti sprona con banalità tipo “Ma dai, che cosa vuoi che sia …”, “Ma che te frega …” oppure ti pressa chiedendoti una pronta reazione, una risposta immediata.

Non fingere serenità e produttività, non diventare iperattivo per “non sentire” la sofferenza, smettila di parlarne con tutti o di chiedere supporto a persone non adeguate. Non sentirti in dovere di cacciar l’inadeguatezza il più in fretta possibile.

Dai tempo. Prenditi tempo.
Il tempo per “consolarsi e rimarginare” un momento di scoramento è quello speso meglio.

Non essere troppo critico con te stesso.
Stai facendo il meglio che puoi!

Quando senti che stai per mollare o non ce la fai più … fai ancora un piccolo sforzo per rimanere positivo, paziente e stabile. Le persone più forti sono quelle che non si arrendono mai.

Non mollare. Ce la farai.
Anche questa volta.

Come fare una buona impressione ancor prima di aprire bocca – 2

buona impressione

Foto di Roland Lakis

Leggi anche la parte 1.

Look sempre adeguato alla circostanza

Per andare in ufficio, un meeting di lavoro, a un evento importante, un cocktail con le amiche o per un primo appuntamento galante, il tuo look deve essere adeguato alla situazione.
Sei sicuro che sia quello giusto?

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Meglio un look sobrio (per evitare di dare troppo nell’occhio), un look casual tipo jeans e t-shirt oppure uno classico camicia bianca, tubino nero o blu, tacco medio e qualche accessorio chic?

Anche se il look è sobrio e formale,
un pizzico di personalizzazione può darti un tocco di personalità in più e contribuire alla buona impressione.

Anche i colori sono importanti.
Meglio colori tenui per un incontro/happening/colloquio nel sociale e blu scuro per quel che riguarda una società bancaria, assicurativa o un’azienda di produzione.

Creare il contatto visivo

Gli occhi trasmettono la nostra essenza.

Quando ci concentriamo sugli occhi, siamo in grado di vedere la “vera essenza” della persona,
ci colleghiamo direttamente con il suo sé autentico.

Quando dai la mano a qualcuno, è importante creare “un collegamento” anche con gli occhi …
sorridi,
guarda la persona negli occhi e nota il colore dei suoi occhi.

Notare il colore degli occhi della persona cui stringiamo la mano.

Questa semplice abitudine ti “costringerà” a guardare (davvero) le persone negli occhi e “connetterti” con lui/lei.
 


 

Prova e vedrai la differenza.

Perfezionare la stretta di mano

La stretta di mano la dice lunga su di noi ancor prima di aprire la bocca.

L’intensità della forza impressa alla stretta è legata alla personalità ed è vista come una dimostrazione di carattere e di forza.

La stretta di mano è stata frutto di non pochi studi sul linguaggio del corpo e il carattere della persona.
Nello specifico in base all’indagine effettuata su più di 100 manager italiani è emerso che il 9% eccede nella forza nella stretta di mano e ben il 60% pecca in debolezza.

Una stretta salda e decisa è tipica di una personalità dominante, sicura di sé e razionale;
se la pressione è eccessiva, però è segno di un carattere aggressivo ed esibizionista.
Per contro, persone che danno la mano in modo molle e fiacco sono di solito schive,
timide e diffidenti.

C’è anche chi torce il polso dell’altro (esprime il desiderio di porre l’altro in un ruolo di sudditanza), chi invece offre la mano molle o solo la punta delle dita (non gradisce il contatto con gli altri).

La miglior stretta di mano per fare una buona impressione è verticale, decisa e forte (ma non troppo).
Ad esempio se davanti a noi c’è un ragazzino/a o una persona anziana, la nostra pressione,
se pur decisa deve essere meno forte.

La chiusura a due mani può sembrare troppo intima,
soprattutto quando è la prima volta che incontriamo qualcuno.

 
More: scopri il servizio di coaching ideale per potenziare la tua team leadership
 

Mantenere la giusta distanza

Anche la distanza è molto importante la prima volta che incontri la persona.

Se mantieni troppo le distanze (2-4 metri) mandi segnali di freddezza e di rifiuto.
Al contrario, se sei una persona socievole e affettuosa, che preferisce parlare faccia a faccia a breve distanza ma ti avvicini troppo, prendi il braccio, appoggi la mano sulla spalla, invadi lo spazio dell’altro, ti prendi confidenze senza il permesso,
diventi aggressivo e indisponente.

Per non sbagliare in genere è meglio tenere una distanza di 1-2 metri.
Così sarai abbastanza vicino da interagire, senza fare sentire a disagio le persone.
Distanze inferiori a 1 metro sono di solito riservate per la famiglia e gli amici.

Evita anche di porti di fronte perché posizioni frontali (soprattutto tra uomini) sono assunte in situazione di conflitto.
Meglio porsi di fianco o ad angolo retto.

Trattenere il sorriso per una buona impressione

Regala alle persone che incontri un sorriso sincero.

Se il tuo viso, i tuoi denti e gli occhi non sono parte del sorriso, vuol dire che stai utilizzando un sorriso di circostanza.
E’ il classico tipo di sorriso che utilizzi quando non ti senti veramente a tuo agio,
non hai voglia di sorridere ma lo fai forzatamente solo per apparire cortese.

“Aggancia” gli occhi dell’altra persona, nota il colore dei suoi occhi e poi sorridi.
Attendi che sorrida di nuovo e poi “trattieni” il tuo sorriso per due secondi in più di lui/lei.

Sarai stupito dal legame che si crea.
Le persone non potranno non notare qualcosa di “diverso” e si ricorderanno sicuramente di te.

Ecco 7 suggerimenti per fare una buona impressione ancor prima di aprire bocca.
Per alcuni di noi poi, i problemi iniziano proprio lì … quando devono cominciare a parlare … ma questa è tutta un’altra storia! Se desideri approfondire l’argomento … ecco il personal coaching per potenziare la leadership!

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