Ti hanno promosso ma non ti senti all’altezza? Come superare l’insicurezza del nuovo ruolo

superare l'insicurezza del nuovo ruolo

Ti hanno promosso. Bene, benissimo. Dovrebbe essere un momento di soddisfazione, eppure nella tua testa si affollano dubbi:

La notte diventa un vortice di pensieri, incertezze, paure indefinite. Ti senti bloccato, inadatto, come se avessi “imbrogliato il sistema”. Prima o poi qualcuno se ne accorgerà.

Questa è la sindrome dell’impostore, un meccanismo psicologico molto più diffuso di quanto pensi.
Colpisce anche (e soprattutto) chi è capace, sensibile, attento.

Se ti hanno scelto, non è un caso

I processi di selezione oggi sono lunghi, strutturati, approfonditi. Ti hanno esaminato, “passato ai raggi X”. Hanno analizzato competenze, potenziale, attitudine.

Se sei stato promosso o assunto per un nuovo ruolo, è perché credono in te.

Non si tratta di fortuna. È fiducia reale, basata su elementi concreti.

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La sindrome dell’impostore ti spinge a minimizzare i tuoi successi e a sopravvalutare le difficoltà. Ti fa dubitare di tutto, soprattutto di te stesso. Ma non è la verità.

È solo una voce interna che, se lasciata libera, può sabotarti.

Ecco spunti pratici per superare l’insicurezza del nuovo ruolo. Costruire fiducia in te stesso nel nuovo ruolo:

Riconosci la voce interiore negativa
Quel continuo “non sei abbastanza” non sei tu. È solo una “parte di te”. Non ha il diritto di guidarti.

Accetta che non sarai perfetto
La perfezione non è una condizione per il successo. È un ostacolo, spesso paralizzante.
Mira al miglior risultato possibile, non al risultato “perfetto”.

Hai il diritto di imparare
Nessuno nasce già imparato. Anche i migliori hanno dovuto ambientarsi, sbagliare, adattarsi. Concediti questo tempo.

 


 

Smetti di pensare che ti “scopriranno”
Non c’è nulla da scoprire. Non stai fingendo. Stai crescendo. E chi cresce fa errori, prova insicurezza. Si mette in gioco.

Non isolarti, chiedi supporto
Non devi dimostrare di sapere tutto da solo. Cerca confronti, alleati, colleghi con cui parlare apertamente.

Riformula la paura come energia
La paura di fallire può essere usata come energia. Ti spinge a prepararti meglio, ad ascoltare di più, a dare il massimo.

Cambia le domande che ti fai
Da “Sarò capace?” a “Cosa posso imparare oggi?”. Le domande giuste ti aprono possibilità, non sono trappole mentali.

 


 

Coltiva consapevolezza dei tuoi punti di forza
Fai un elenco concreto di ciò che sai fare bene. Rileggilo ogni volta che ti senti non all’altezza.

Non far dipendere il tuo valore da quello che pensano gli altri
I giudizi altrui non definiscono la tua competenza. Concentrati su ciò che controlli: impegno, crescita, presenza.

Accetta il disagio iniziale
Ogni cambiamento comporta una fase di disorientamento. È naturale. Non dura per sempre.

Fermati, respira, guardati indietro
Quante volte hai pensato di non farcela… e poi ce l’hai fatta?
Questa volta non è diversa. Anche questa volta ce la farai.

 


 

Superare l’insicurezza del nuovo ruolo

La sindrome dell’impostore ti fa credere di essere sbagliato. Ma è solo paura mascherata da razionalità. In realtà sei in un percorso, e ogni passo avanti è una dimostrazione di fiducia: da parte degli altri, ma soprattutto da parte tua.

Non sei un impostore. Sei una persona che si sta evolvendo.

Non sei solo. Siamo in tanti a sentirci così… prima di capire di valere molto più di quanto pensiamo. Contattami per una sessione conoscitiva.

Collaboratore in crisi? Supportare senza compromettere i risultati

collaboratore in crisi

Il tuo collaboratore, sempre puntuale alle riunioni, preciso nelle scadenze, proattivo nel risolvere i problemi, da un po’ di tempo … sembra un altro!

Fino a poco tempo fa era impegnato, propositivo, sempre attento ai dettagli.
Ora invece appare distratto, meno motivato. A tratti assente.

Durante una presentazione, ha perfino dimenticato di aggiornare il cliente su un aspetto critico del progetto. Prima non sarebbe mai successo!

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Pur rispettando la sua privacy, sai che qualcosa non va. Provi a indagare, la risposta è vaga: “È un periodo un po’ complicato, ma passerà.”

Decidi di parlargli in privato e lui/lei, con un mezzo sorriso imbarazzato, ammette: “Sto attraversando un momento difficile in famiglia. Ci sto provando, ma faccio fatica a concentrarmi.”

A questo punto, come leader, cosa farai?

  • Lasci andare, sperando che si riprenda da solo?
  • Gli concedi più tempo, rischiando però di creare squilibri nel team?
  • Intervieni subito, ma con il rischio di sembrare troppo duro?

Da una parte hai il dovere di supportare il tuo collaboratore in crisi, ma dall’altra devi garantire che il team continui a funzionare.

Dovresti bilanciare empatia e produttività. Non avere paura di essere troppo comprensivo o, al contrario, troppo rigido.

Qual è il confine tra l’empatia e la responsabilità?

Lo capisci. Ti metti nei suoi panni. Sai che chiunque può attraversare una fase complicata.

Ma nel frattempo, qualche collega inizia a lamentarsi: “Perché si prende tutto questo tempo in più?” e “Perché dobbiamo coprire i suoi ritardi?”

E ora? Come trovi il giusto equilibrio tra aiutarlo e non creare un problema per il resto del team?

Come affrontare la situazione con intelligenza? Leadership?

 


 

Mostra empatia senza essere invadente

Il tuo collaboratore in crisi ha bisogno di sentirsi ascoltato, non interrogato. Non ha bisogno di risposte aziendali perfettamente elaborate, ma una connessione umana.

Puoi iniziare con una frase neutrale e di apertura:

  • “Ho notato che ultimamente sei meno presente. Se c’è qualcosa che posso fare per aiutarti? Parliamone.”

Lascia spazio al dialogo, senza forzarlo.
Alcuni collaboratori si aprono facilmente, altri no.

Dai priorità a una comunicazione chiara, empatica e frequente.

I tuoi dipendenti devono sapere di essere supportati, sia a livello personale che professionale; quindi, il tuo contatto regolare può avere un impatto significativo.

Chiama, invia messaggi, chiedi come sta, non per parlare di lavoro, ma semplicemente per chiedere: “Come stai veramente?”. Poi, ascolta. Lascia spazio alle paure.

Non devi diventare il suo confidente, ma fargli sapere che sei disponibile.


Sostenere un collaboratore senza perdere di vista gli obiettivi è una vera competenza di leadership. Contattami per sviluppare strategie efficaci di gestione e supporto.

Fissa aspettative chiare e realistiche

Capire il momento difficile del tuo collaboratore in crisi non significa abbassare completamente le richieste. Il tuo compito è garantire che il team funzioni, quindi è importante trovare un compromesso:

  • “Capisco che sia un periodo complicato, ma il team conta su di te. Come possiamo organizzare il lavoro in modo che tu possa gestire meglio la situazione?”

Questa frase sposta il focus dalla difficoltà alla soluzione.

Evita un atteggiamento passivo e responsabilizza la persona nel trovare un modo per affrontare il problema senza che il team ne risenta troppo.

 


 

Offri flessibilità, ma con limiti chiari

Se tuo collaboratore in crisi ha bisogno di più tempo per gestire la sua situazione, puoi valutare soluzioni concrete:

  • Un orario di lavoro più flessibile
  • Una ridistribuzione temporanea dei suoi compiti
  • Un confronto con HR per esplorare soluzioni come il congedo temporaneo
  • Un invito, se lo desidera, a rivolgersi al servizio di supporto psicologico aziendale.

Ma attenzione: ogni concessione deve avere un limite di tempo e un obiettivo chiaro. Altrimenti, si rischia di trascinare il problema senza soluzione.

  • “Per le prossime due settimane, possiamo alleggerire il tuo carico su questi progetti. Nel frattempo, vediamo insieme se questa situazione migliora e quali passi possiamo fare.”

In questo modo, offri supporto senza creare un precedente pericoloso in cui chiunque può approfittare della situazione.


Vuoi approfondire?
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Proteggi il team dall’effetto domino

Quando un collaboratore rallenta, il carico di lavoro si sposta sugli altri. Questo genera tensioni, frustrazione e, nel tempo, potrebbe erodere il morale e la motivazione del gruppo.

Se gli altri iniziano a lamentarsi, è importante anticipare il problema con una comunicazione chiara. Ad esempio, puoi dire al team:

  • “Stefano sta attraversando un momento complicato, stiamo lavorando insieme per trovare la soluzione migliore. Confido nel vostro supporto, ma se notate difficoltà, parliamone!”

Così eviti pettegolezzi e malumori, mantenendo il controllo della situazione. Valuta le esigenze del tuo team. Condividi il piano d’azione con tutta l’organizzazione.

Essere leader significa anche saper trovare il giusto equilibrio

Non puoi risolvere tutti i problemi personali del tuo team, ma puoi creare un ambiente di supporto che favorisca il benessere senza compromettere il lavoro.

Se stai affrontando una situazione simile e vuoi capire come gestirla al meglio, possiamo parlarne insieme. Prenota una sessione di coaching e affrontiamo insieme le sfide della leadership.

Il tuo team lavora solo quando ci sei: leader o controllore?

micromanager

Foto di Keith Johnston da Pixabay

Hai la sensazione di essere l’unico punto di riferimento del tuo team?
Senza la tua supervisione diretta il lavoro rallenta, gli errori aumentano e le decisioni vengano rimandate?
Ti aspetti di tornare e trovare progressi, invece scopri che tutto è rimasto fermo?

Stavano aspettando te.
Nessuno ha preso iniziative, le decisioni sono state rimandate e la produttività è crollata.

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Chiedi spiegazioni, ottieni risposte vaghe: “Aspettavamo il tuo ok”, “Non eravamo sicuri di cosa fare” o peggio ancora “Abbiamo preferito aspettarti”.

Eppure, il lavoro da fare era chiaro. Le direttive anche.
Le competenze le avevano. Gli strumenti anche.

Quindi, perché si sono bloccati tutti?
La risposta è semplice: si sono abituati a dipendere da te.

Se ti riconoscessi in questa situazione di micromanager, potresti essere intrappolato in un modello di leadership che genera dipendenza invece che autonomia.

Prenota una sessione di coaching e scopri come migliorare la tua leadership in modo efficace e sostenibile.

Come si crea questa dipendenza da micromanager?

Sei sempre disponibile: rispondi a ogni domanda, approvi ogni decisione, correggi ogni errore. All’inizio, può essere necessario, ma con il tempo il team si rivolgerà a te anche per le scelte più banali. Non riuscendo a prendere decisioni da solo.

Vuoi assicurarti che tutto venga fatto alla perfezione, quindi intervieni. Spesso. Troppo. Il team lavora solo se percepisce che sei lì a controllare. Un micromanager. Il tuo team ha paura di sbagliare perché percepisce che ogni errore viene subito corretto e penalizzato.

Questo può generare paura di sbagliare. Bloccare l’iniziativa. Il tuo team lavora più per evitare problemi con te che per raggiungere un obiettivo.

Non hai stabilito responsabilità chiare e margini di autonomia, e tutto deve passare da te. Senza accorgertene, potresti aver creato una cultura in cui l’iniziativa personale viene soffocata.

 


 

Come spezzare il tuo essere micromanager e costruire un team più autonomo

Chiediti: il mio team riuscirebbe a portare avanti il lavoro senza di me?
Se la risposta è no, è il momento di lavorare sulla loro autonomia. Non significa che il team sia debole. Incompetente. Significa che il tuo stile di leadership ha ancora margini di miglioramento.

Un vero leader non si misura dalla quantità di decisioni che prende, ma dalla capacità di far crescere persone in grado di prendere decisioni da sole.

1. Evita il micro-management. Se controlli ogni dettaglio, il team smetterà di pensare autonomamente. Quando deleghi, lascia spazio e resisti alla tentazione di correggere tutto.

2. Rispondi con domande. “Tu cosa faresti?” o “Quali opzioni hai valutato?”. Rimanda le risposte (strategicamente) invece di dare subito la soluzione. Questo costringerà i tuoi collaboratori a riflettere prima di cercare la tua approvazione.

3. Definisci obiettivi, non solo compiti. Se ogni attività viene dettagliata nei minimi particolari, il team eseguirà senza pensare. Definisci obiettivi chiari e lascia loro spazio per agire.

 


 

4. Accetta piccoli errori come parte della crescita. Se i tuoi collaboratori hanno paura di sbagliare, preferiranno chiedere piuttosto che rischiare. Mostra che gli errori sono opportunità di apprendimento, non fallimenti.

5. Premia l’iniziativa, anche se comporta errori. Se qualcuno prende un’iniziativa e sbaglia, usa l’errore come un’opportunità di crescita invece di criticarlo duramente. Così facendo, stimolerai la proattività e la sicurezza.

6. Definisci chiaramente chi prende quali decisioni. A volte la dipendenza nasce dall’incertezza. Non basta pensare che sappiano. Devi dirlo chiaramente: “Se non sono disponibile, voglio che prendiate questa decisione da soli”.

7. Diminuisci gradualmente il tuo controllo. Se sei sempre coinvolto in ogni dettaglio, il team continuerà a dipendere da te. Prova a fare un passo indietro in modo graduale, monitorando senza intervenire direttamente.

8. Fai test di autonomia. Prova a lasciare il team da solo su un progetto e osserva cosa accade. Se si bloccano, non è colpa loro. È un segnale che devi lavorare sulla loro autonomia e sulla tua capacità di delegare.


La comunicazione è il cuore dell’autorevolezza. Vuoi migliorare il tuo impatto?

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Il tuo team lavora solo quando ci sei? Leader o sorvegliante?

Se hai la sensazione di essere un micromanager, il motore unico della produttività, fermati un attimo e chiediti: sto guidando un team o solo controllando un gruppo di persone?

Questa dinamica non nasce da sola. Si sviluppa nel tempo, spesso per buone intenzioni che si trasformano in un freno.

Potresti aver sviluppato, senza volerlo, una leadership da “controllore”: il team lavora solo se percepisce che sei lì a controllare.

Ora, pensa a questa situazione da un altro punto di vista

  • E se fosse il tuo capo/CEO/titolare a trattarti così?
  • Se ti controllasse in ogni minimo dettaglio, se correggesse ogni tua mossa, se desse l’impressione che senza di lui/lei non puoi prendere decisioni?

Non ci metteresti molto a smettere di provare. Ad aspettare. A lavorare solo quando lui ti guarda.
Forse, senza rendertene conto, hai costruito proprio questo modello di leadership.

Vuoi trasformare il tuo micromanager in stile di leadership? Avere un team che lavora in autonomia? Prenota una sessione di coaching per scoprire come smettere di essere il controllore e diventare un vero leader.

Periodo di prova: come gestirlo senza sentirti sotto esame continuo

periodo di prova

Iniziare un nuovo lavoro può essere entusiasmante, ma anche fonte di tanta ansia.

Il periodo di prova spesso viene vissuto come se ogni parola, ogni gesto, ogni esitazione vengono analizzati al microscopio e giudicati dal “VAR” dell’azienda.

Ma è davvero così?
E se ci fosse un altro modo per viverlo?

Dimostrare il tuo valore non significa vivere ogni giorno con l’ansia da prestazione. Se vuoi affrontare il periodo di prova con più serenità e sicurezza, prenota una sessione di coaching mirato.

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Ti stai giudicando più di quanto lo facciano gli altri?

Quando iniziamo un nuovo ruolo, ci imponiamo uno standard molto alto. Vogliamo dimostrare di essere la scelta giusta.

Il che è assolutamente normale.

Tuttavia, la tensione interna rischia di farci sembrare insicuri o, al contrario, troppo ansiosi di impressionare.

Per esempio, potresti intervenire in ogni riunione anche quando non hai qualcosa di rilevante da dire, oppure scusarti eccessivamente per piccoli errori, trasmettendo l’idea di non sentirti all’altezza.

Prova a chiederti: sto cercando di dimostrare qualcosa o sto semplicemente imparando a conoscere il mio nuovo ambiente?

La credibilità si costruisce con la coerenza, non con la perfezione

Nei primi giorni, la tentazione di “strafare” è forte: fare sempre la cosa giusta, portare idee brillanti a ogni riunione, essere iper-disponibili.

La tua credibilità non nasce dal fare-tutto-subito: nasce dalla coerenza tra ciò che dici e ciò che fai.

Essere coerenti significa mantenere le promesse, ascoltare prima di parlare: se dici che consegnerai un lavoro entro venerdì, rispetta la scadenza.

In una riunione scegli di ascoltare attentamente prima di intervenire, lascia spazio agli altri, con una presenza solida ma non invadente.

 


 

Puoi farti rispettare senza metterti su un piedistallo

Autorevolezza da periodo di prova non significa rigidità o competizione.

Invece di non chiedere aiuto per paura di sembrare incompetente, inventarti una risposta che non sai, potresti coinvolgere un collega in un confronto costruttivo, mostrando apertura. Voglia di crescere.

Significa essere riconosciuto come affidabile, anche se stai ancora imparando.

Non devi sapere tutto: devi mostrare che sai come apprendere, come fare domande intelligenti, come affrontare le sfide con umiltà.

Domanda per te: che tipo di presenza vuoi avere in questo nuovo contesto?
Quali valori vuoi incarnare, indipendentemente dal ruolo che ricopri?

Evita la trappola dell’iper-performance

Durante il periodo di prova, potresti sentirti spinto a dire sempre “sì”.
Essere sempre disponibile, accettare un carico extra, fingendo entusiasmo anche quando ti senti stanco morto.

È un’immagine non sostenibile nel lungo periodo.

Potresti finire col creare aspettative irrealistiche che, a lungo andare, ti metteranno sotto pressione e alimenteranno stress e frustrazione. Come, per esempio, proporti per ogni nuova attività anche quando non hai ancora avuto il tempo di consolidare le competenze di base. E fallire miseramente.

Stai creando aspettative realistiche su chi sei e su cosa puoi offrire.

Il tuo benessere non è in opposizione alla tua professionalità. Anzi, è profondamente collegato.

 


 

Nel periodo di prova la chiave è la presenza, non la performance

Nel periodo di prova, più che dimostrare qualcosa, è utile esserci.

Esserci significa, non solo svolgere i propri compiti, ma essere mentalmente ed emotivamente coinvolto. Essere presente nelle conversazioni, curioso, disponibile a osservare e comprendere, cogliere le dinamiche. Costruire relazioni.

Fare domande per capire davvero come funzionano le cose, ricordare il nome di un collega e chiedergli come sta.

È questa l’attenzione che ti fa notare, non perché stai cercando di impressionare, ma perché stai veramente partecipando.

In conclusione:

Se ti senti sotto esame continuo, chiediti: da chi proviene questo giudizio? È davvero fondato?
Il periodo di prova non è solo un test per te, ma anche un momento in cui tu valuti se l’azienda è adatta a te.

  • Ti senti ascoltato nelle riunioni?
  • C’è spazio per esprimere opinioni?
  • I tuoi valori trovano risonanza nella cultura aziendale?

Se, ad esempio, ti accorgi che viene premiata solo la disponibilità a lavorare oltre l’orario, o che le nuove idee vengono sistematicamente ignorate, forse non è l’ambiente più adatto per crescere.

Hai il diritto di essere te stesso, e non una versione potenziata di ciò che pensi gli altri vogliano vedere.

Non sei sotto esame, sei in “costruzione”. Se vuoi affrontare il periodo di prova con equilibrio, determinazione e consapevolezza, prenota una sessione di coaching personalizzato: possiamo farcela insieme!

Troppa confidenza con il team? Trova il giusto equilibrio tra leadership e amicizia

confidenza con il team Foto di Sebastian Sørensen

Hai la sensazione di essere visto come “uno del gruppo” piuttosto che il leader?
Ti capita di dover sollecitare continuamente il completamento di un compito perché i tuoi collaboratori non sentono l’urgenza?

Hai notato che, quando proponi un cambiamento importante, il team lo prende come un suggerimento invece che come una direttiva?
Ti capita di assecondare richieste, che in realtà non condividi, solo per non creare tensioni nel gruppo?

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Dire sì a tutti è il modo più veloce per perdere credibilità. Infatti, l’autorevolezza si guadagna anche con decisioni scomode, purché coerenti e giuste.

All’inizio la confidenza con il team potrebbe sembrarti una conquista: un team affiatato, un clima disteso, battute e familiarità che rendono la giornata lavorative più leggere.

Ma poi, poco alla volta, iniziano a cambiare le dinamiche

Le tue decisioni vengono messe in discussione, le scadenze non sono più prioritarie e, quando chiedi maggiore impegno, la risposta è un sorriso: “Ok, tra di noi!”

L’accessibilità è confusa con l’essere “troppo amico”. Si supera il limite, si rischia di compromettere l’autorevolezza (la tua!) e la capacità di prendere decisioni difficili.

Dove è il confine tra una leadership empatica e una leadership troppo permissiva?
Se hai risposto SI alle domande iniziali vuol dire che il confine tra leadership e amicizia si è sfumato troppo.

Essere un leader accessibile e umano è un valore importante, ma l’equilibrio è fondamentale. Non devi evitare la confidenza, ma gestirla in modo che non comprometta la tua autorevolezza e la tua capacità di guidare il team.

L’empatia e la chiarezza sono le tue migliori alleate. Come trovare l’equilibrio per mantenere autorevolezza senza rinunciare all’empatia? Senza rompere il legame con il tuo team?

 


 

Quando il rispetto si confonde con la confidenza

Un leader accessibile è un valore aggiunto, ma essere troppo “alla pari” può trasformarsi in un’arma a doppio taglio.

Un’eccessiva familiarità può portare a perdita di rispetto professionale. Quando il tuo ruolo di leader si confonde con quello di amico, il rispetto ne risente.

L’amicizia può rendere difficile esprimere critiche costruttive, feedback negativi o prendere decisioni impopolari.

Relazioni troppo strette con alcuni membri possono generare tensioni e malumori nel resto del team. Favoritismi (percepiti o reali poco cambia)

Il rispetto è l’equilibrio tra fiducia e autorevolezza. Il rischio è che la confidenza prenda il sopravvento sulla disciplina e sulla responsabilità.

Se il tuo team ti percepisce più come amicone che come riferimento, sarà difficile ottenere il loro massimo impegno e rispetto.


Nel mio libro “Prima volta leader” ho dedicato un capitolo alle difficoltà incontrate da Sarah che voleva essere più friendly con il suo team senza perdere autorevolezza.

Ritrova il giusto equilibrio

Se hai la sensazione di aver perso autorevolezza, non è troppo tardi per riequilibrare le cose. Ricorda però che: il rispetto non si impone, si costruisce.

Stabilisci confini chiari che non significa erigere barriere, ma definire con trasparenza il tuo ruolo e le aspettative reciproche.

Coltiva l’empatia professionale. Ascolta il tuo team, mostra comprensione, ma non perdere di vista i tuoi obiettivi e responsabilità. Approfondisci.

Comunica in modo autentico: la fiducia si costruisce anche attraverso la trasparenza. Non aver paura di essere diretto quando necessario. Approfondisci.

Evita favoritismi: tratta tutti i membri del team con lo stesso livello di rispetto e considerazione.

 


 

Confidenza con il team: com’è la tua comunicazione?

Le parole che usi rafforzano o sminuiscono il tuo ruolo? Non hai bisogno di alzare la voce per farti ascoltare, ma nemmeno di scusarti per ogni richiesta.

Prova a osservarti: come ti esprimi quando dai un’indicazione? Senti il bisogno di giustificarti o di minimizzare? Forse è il momento di ricalibrare il tuo approccio.

Il tuo team ti vede davvero come un leader?

Fermati un momento e chiediti:

  • Il mio team segue le mie indicazioni perché mi vede come guida o solo perché “gli sto simpatico”?
  • Riesco a trovare un equilibrio tra empatia e autorevolezza? O sto sacrificando uno dei due?
  • Ho paura di perdere il legame con il team se inizio a essere più fermo e diretto nelle mie decisioni?

La leadership non è (solo) un ruolo, ma un equilibrio costante tra ascolto e direzione, tra empatia e fermezza.

Se senti che questo equilibrio si è inclinato, è il momento di fare un passo indietro e ridefinire il tuo modo di guidare.

Se vuoi approfondire e trovare il tuo stile di leadership ideale, parliamone insieme. Contattami per una sessione di coaching personalizzata e costruisci la tua autorevolezza su basi solide!

È troppo tardi per cambiare strada? Riflessioni e consigli per una nuova direzione

cambiare strada

Spesso, nelle mie sessioni di coaching, incontro persone che dicono di essere infelici del loro percorso professionale.

Hanno investito tanto (tempo e risorse) nella loro carriera attuale per provare a reinventarsi. Si sentono in dovere di andare avanti anche perché “è troppo tardi per cambiare”.

Oppure hanno paura di cambiare, di danneggiare la propria reputazione (a breve o lungo termine) o semplicemente di “fare brutta figura”.

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Restano bloccati dalla convinzione che ormai non c’è più spazio per il cambiamento.

Non è mai troppo tardi per fare ciò che è possibile, per fare ciò che ancora ti entusiasma,
ti motiva e ti fa sentire realizzato.

Il punto è scegliere consapevolmente come muoverti nel futuro, senza lanciarti a capofitto, basandoti sulle risorse e le possibilità che hai a disposizione, in questo momento.

Contattami e scopri i miei servizi se desideri esplorare come fare il primo passo verso una nuova direzione, partendo da dove sei ora.

Perché hai paura di cambiare strada?

La paura del cambiamento è naturale.
Un cambiamento drastico può essere spaventoso.

Hai paura dell’ignoto, di perdere ciò che hai costruito fino a quel momento. Hai paura del fallimento. Di cosa pensano gli altri.

Tuttavia … non ci sono regole che ti obbligano di rimanere sul tuo percorso per sempre, se decidi di seguire ciò che ti fa sentire bene.

A cosa stai rinunciando restando dove sei?

Fermati un momento e rifletti:

  • Che emozione ti suscita la tua attuale situazione lavorativa?
  • Ti senti soddisfatto, ispirato, motivato?
  • Oppure ti sembra che la routine quotidiana ti stia inghiottendo lentamente?

 


 

È il momento di fare una riflessione profonda.
Cosa stai perdendo restando nel tuo attuale lavoro o settore?

Stai rinunciando al tempo che potresti dedicare a qualcosa che ti appassiona di più, a sviluppare nuove competenze, a esplorare opportunità che ti stimolino veramente?

Se non cambi ora, tra cinque o dieci anni, dove ti troverai? Sarai felice di aver seguito la stessa strada, o ti pentirai di non aver fatto nulla per cambiare?

Non è mai troppo tardi per reinventarsi

Spesso la percezione che “è troppo tardi” deriva dal pensiero che ci siano scadenze prestabilite per la realizzazione personale.

La verità è che non esistono scadenze.
Ogni giorno è una nuova opportunità per ripensare alla tua carriera, rivedere le tue priorità. Decidere di perseguire nuove strade.

La tua carriera e la tua vita non sono statiche; sono in continua evoluzione. Ciò che ha senso a 20 anni non necessariamente ne avrà a 30 anni oppure a 50 anni.

Un cambiamento può sembrare destabilizzante (non ti dirò di no!), ma ciò che conta è come scegli di affrontarlo. Non c’è età per reinventarsi. Alcuni dei più grandi imprenditori, artisti e professionisti hanno cambiato direzione molto più tardi nella vita.

Cosa accadrebbe se, invece di aver paura del cambiamento, decidessi di accoglierlo con curiosità e coraggio?

Piccoli step per un grande cambiamento

Entrare in un nuovo settore professionale può essere emozionante ma anche rischioso.

Durante le sessioni di coaching, stabiliamo con i miei clienti di fare piccoli passi, non lanciarsi a capofitto, esplorare la nuova direzione senza sentirsi sopraffatti. Rischiare tutto.

Per ridurre al minimo le incognite e massimizzare le possibilità di successo, è essenziale immergersi nel nuovo ambiente prima di prendere decisioni importanti.

È facile appassionarsi a un’idea, ma l’esperienza pratica potrebbe rivelare una realtà diversa. Ricordo un cliente di 50 anni che voleva diventare istruttore di fitness; si è reso conto durante la formazione, che amava fare fitness, ma non insegnarlo.

 


 

Potresti cominciare a investire tempo per sviluppare nuove competenze, partecipare a corsi di aggiornamento. Fare volontariato in un settore che ti interessa.

Inizia a costruire il tuo percorso parallelo, quello che ti porterà lentamente verso il cambiamento che desideri. Ogni piccolo passo che compi ti avvicina alla tua nuova direzione.

  • Quali piccoli passi potresti fare oggi per avvicinarti al lavoro o alla carriera che realmente desideri?
  • Cosa potresti fare, anche se in modo graduale, per sperimentare questa nuova strada?

Parla con quante più persone riesci nel settore in cui vorresti entrare

Partecipa a eventi, conferenze, workshop o gruppi online (Linkedin, forum specializzati ecc.) relativi al settore che desideri esplorare.

Contatta professionisti esperti e chiedili di condividere la propria esperienza. Anche io, talvolta, vengo contattato da persone interessate a scoprire come entrare nel mondo del coaching (quali percorsi formativi seguire, come trovare i primi clienti o semplicemente come muovere i primi passi in questo settore).

Puoi iniziare con domande tipo:

  • Quali sono le sfide principali del settore?
  • Quali competenze sono più richieste?
  • Come posso evitare gli errori comuni dei “nuovi”?

Una volta raccolte tutte le informazioni, sarà più facile prendere una decisione consapevole.


“Un lavoro che ti stressa continuamente può avere conseguenze anche fuori dall’ufficio. Se vuoi trovare una via d’uscita senza scelte impulsive, scopri i miei servizi e vediamo insieme la strategia migliore per te.”

La passione è la tua guida

Quando scegli una nuova direzione, non dimenticare di mettere al centro la tua passione.

La passione è la forza che ti spingerà avanti quando le cose si faranno difficili. La passione non ha un’età. Puoi scoprirla, riscoprirla o anche coltivarla per la prima volta.

Potrebbe essere il momento di ascoltare questo richiamo.

Cosa ti rende davvero felice e ti fa battere il cuore quando ci pensi?
Qual è la tua passione, quella che hai messo da parte perché “non è il momento”?

Conclusione: cambiare strada è possibile

Cambiare strada non è mai facile, ma può essere la scelta che ti consente di riscoprire la tua autenticità, la tua passione e il tuo scopo.

Non è mai troppo tardi per intraprendere una nuova direzione, soprattutto se ciò che fai ora non ti soddisfa più.

Le nostre vite cambiano. Noi cambiamo.
È il momento di agire.

Prenota una sessione con me per aiutarti a fare il primo passo verso il cambiamento che desideri. Durante la sessione:

  • Valuteremo cosa è possibile e cosa no, identificando ostacoli reali e percepiti.
  • Imposteremo un piano d’azione concreto, suddividendo il tuo percorso in passi chiari e realizzabili.

Non lasciare che la paura o l’incertezza blocchino il tuo potenziale. Il cambiamento è a portata di mano: prendilo ora.

Un collaboratore scontento minaccia di andarsene: come gestire la pressione

collaboratore scontento
Foto di MART PRODUCTION


Hai un collaboratore scontento che minaccia di licenziarsi?

Si presenta alla porta del tuo ufficio e con tono brusco ti dice:
“Se non ottengo un aumento o una promozione, sono pronto a lasciare l’azienda.”

Forse è uno dei tuoi migliori elementi.
È pronto a cogliere al volo uno stipendio più alto, più responsabilità, un Mercato più vasto. E non è la prima volta …

Magari ha un “caratterino” (non può essere gestito nel senso tradizionale) ma possiede competenze chiave.

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Come ho scritto nel mio libro “Prima volta leader” nella mia esperienza di coaching, il mondo dell’imprenditoria, soprattutto quella piccola e media, soffre in modo particolare il timore della perdita del collaboratore specializzato (che se ti molla si blocca tutto il processo di produzione o l’intero progetto).

Diverse volte, durante le sessioni di coaching, il titolare dell’azienda mi condivide l’obiettivo di trovare il modo “giusto” di affrontare discussioni difficili con il collaboratore scontento ma prezioso.

Trovare il giusto equilibrio per bilanciare garbo e autorevolezza e non toccare “troppo” la sua suscettibilità, per non spingerlo a cambiare azienda.

In ogni caso, è una situazione che mette pressione. Può spingerti a reagire d’istinto.

Cosa fai? Concedi subito ciò che chiede, per paura di perdere una risorsa importante?
Oppure prendi una posizione ferma e rischi di vederlo andar via?

1. Prima di rispondere, rifletti

Quando qualcuno ti mette davanti una scelta forzata, è facile sentirsi sotto pressione.

Il tuo primo istinto potrebbe essere una reazione contro-aggressiva: “La porta è quella!” oppure accontentarlo subito: “Ecco il tuo aumento.”

Ma fermati un attimo. Qualunque decisione presa in preda alle emozioni rischia di essere sbagliata. La pressione si sente in momenti come questi.

Forse temi che la sua uscita destabilizzi il team. Ti senti quasi “ricattato” e questo ti innervosisce. O forse hai paura che, se concedi qualcosa a lui, poi il resto del team farà lo stesso.

In effetti tutte queste supposizioni sono possibili.

Prendi del tempo per riflettere: “Capisco che questa sia una questione importante per te. Voglio prendermi il tempo necessario per valutarla con attenzione.”

Non c’è nulla di male nel rimandare una risposta.
Anzi, è un segnale di leadership.

2. Qual è il vero motivo della richiesta?

Le persone non chiedono un aumento solo per una questione economica. Spesso dietro c’è altro:

  • Si sente poco valorizzato?
  • È insoddisfatto del suo ruolo?
  • Ha ricevuto un’offerta da un’altra azienda?
  • È frustrato per il carico di lavoro o per la gestione del team?

Questa richiesta è davvero solo una questione di stipendio,
o è il sintomo di un problema più grande?

 


 

Se concedi un aumento senza affrontare la causa profonda, il problema non si risolverà. Il rischio è che la persona resti per qualche mese, ma poi se ne vada lo stesso.

  • Conosci realmente il livello di soddisfazione delle persone che lavorano con te?
  • Sai cosa li motiva? Cosa li frustra? Cosa li spinge a restare o a cercare altrove?

Durante l’incontro, è il momento di fare domande, ascoltare, cercare di capire il vero messaggio dietro la richiesta.

Magari ha solo bisogno di sfogarsi.
Potrebbero aver bisogno di qualche consiglio sulla gestione della sua carriera, ma questa è una parte normale di qualsiasi relazione dipendente/manager.

3. È davvero insostituibile?

A questo punto, c’è un’altra riflessione importante da fare: se questa persona se ne andasse, sarebbe un danno o un’opportunità?

È un collaboratore chiave? Se ha competenze speciali e il suo contributo è essenziale, forse vale la pena fare uno sforzo (tappandosi il naso) per trattenerlo.

Il suo atteggiamento è positivo? Un collaboratore competente ma demotivato o negativo potrebbe influenzare il team più di quanto immagini.

Se andasse via, quanto tempo impiegheresti a sostituirlo? Hai già qualcuno pronto?
Spesso ci convinciamo che alcune persone siano insostituibili, ma è davvero così?

 


 

Se lo trattieni per paura e non per scelta, forse il problema non è lui/lei… ma la tua gestione del team.

Tuttavia, se il collaboratore scontento non porta buone ragioni, non riesce a mantenere la calma o usa regolarmente la minaccia allora … lascialo andare.

Questa non è la persona che vuoi sul tuo posto di lavoro. Se il comportamento continua e non lo gestisci, gli altri dipendenti metteranno in dubbio la tua leadership.

4. Cedere o no? Come prendere la decisione giusta

Ritengo che l’approccio giusto sia qualcosa del tipo:

“Se hai bisogno di parlare, sono qui.
Se l’azienda non soddisfa più le tue esigenze, sono qui.
Se senti frustrazione e ci sono mancanze da parte mia/, possiamo provare a risolverle… ma non sempre ci riusciremo! Siamo entrambi onesti: partiamo da qui e vediamo dove ci porta”.

A questo punto hai due strade:
Trattenerlo, ma alle tue condizioni.
Lasciarlo andare, ma con serenità e strategia.


Vuoi approfondire?
Scopri le migliori tecniche di leadership, comunicazione e carisma con il mio primo libro “Autorevolezza” – ora nella NUOVA edizione aggiornata 2025. Acquista ora.

Se decidi di concedere qualcosa, fallo con un piano preciso: un aumento legato a obiettivi misurabili. Un percorso di crescita ben definito. Un miglioramento delle condizioni di lavoro (benefit, smart working, nuovi progetti).

Se invece scegli di non cedere, non viverlo come una sconfitta. Anzi, potrebbe essere una liberazione.

  • Quanto stress ti ha creato questa situazione?
  • Quante energie hai già speso per gestire questa persona?
  • Il team funzionerebbe meglio senza di lui/lei?

Se il collaboratore scontento minaccia di andarsene, forse non è così motivato come pensavi.

Se una persona resta solo per i soldi, quanto sarà coinvolta nel lungo termine?

Se la scelta giusta è lasciarlo andare, accetta la decisione con leadership e usa la sua uscita come un’opportunità per migliorare il team.

Vuoi migliorare il tuo approccio? Se senti che la gestione del team sta diventando una sfida e vuoi confrontarti con un esperto, possiamo parlarne insieme.

Scrivimi per una consulenza di coaching personalizzata. Ti aiuterò a trovare la soluzione migliore, senza pressioni e con la giusta strategia. La tua leadership è una scelta. Falla con consapevolezza.

Il tuo team è diviso in gruppetti? E se il problema fossi tu?

team diviso
Foto di Serkan Göktay

All’inizio sembrano solo affinità naturali tra colleghi: due o tre persone che si capiscono al volo, altri che si ritrovano spesso insieme nelle pause caffè.

Nulla di strano, niente di preoccupante.
Poi, un giorno, realizzi. Te ne accorgi.
A un certo punto lo vedi. Non puoi non vederlo!

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Le e-mail non girano a tutti. Le informazioni restano bloccate tra poche persone.
Le idee non circolano più.

Qualcuno prende decisioni che coinvolgono l’intero team… ma senza avvisare!

Durante le riunioni, alcuni parlano poco, altri dominano il discorso.
C’è chi guarda i colleghi per capire il focus del discorso (è la prima volta che lo sente).

Si sono creati piccoli gruppi ermetici che non comunicano tra di loro

Le pause pranzo e gli apero post-lavoro si fanno in gruppetti chiusi.

Nelle chat di lavoro scrivono sempre agli stessi.
I feedback costruttivi scompaiono, si commenta sussurrando in corridoio.

Il “noi” si è trasformato in un “loro” e “noi”

Qualcuno si sente escluso dalle decisioni chiave.
È convinto che tanto non cambierà nulla: “faccio solo quello che mi chiedono”,
qualcun altro si prende tutto lo spazio, sovrastando gli altri.

Le riunioni diventano una formalità. La creatività si spegne, l’entusiasmo si affievolisce, nessuno si prende rischi o propone soluzioni nuove.

Sei il leader di gruppetti separati. Il leader di un team che è sparito!
Hai perso la connessione con i tuoi collaboratori.


Le tue parole e le tue scelte hanno più impatto di quanto immagini. Se vuoi migliorare la tua comunicazione, trovi spunti interessanti nei miei libri Autorevolezza e Prima volta Leader.

Il problema non è nato ieri. È cresciuto lentamente

Potresti pensare che il team diviso sia un problema dei tuoi collaboratori.

E se, invece, fosse il riflesso della tua leadership?
Potresti (anche involontariamente) aver favorito anche tu alla creazione di gruppetti nel tuo team?

Quanto sei davvero presente come leader?

Essere fisicamente sul tuo luogo di lavoro non vuol dire essere “presenti”.

Magari sei troppo preso dalle urgenze quotidiane, hai smesso di investire tempo nell’ascolto attivo,
quando non trasmetti più un senso di direzione… le persone cercano sicurezza altrove.

Un team unito ha bisogno di un punto di riferimento chiaro.
Se manca, spesso, lo trovano nei piccoli gruppi. Dove si sentono protette. Possono sfogarsi, lamentarsi, trovare complicità.

Chi sta guidando davvero la squadra?

Potresti esserti “allontanato” dal tuo team senza accorgertene.

I tuoi collaboratori si sono abituati ad “arrangiarsi da soli”, potrebbero fare semplicemente quello che devono fare.

Se non sei più il fulcro del team, prova a chiederti:

  • Quando è stata l’ultima volta che ho avuto una conversazione sincera con ogni singolo collaboratore?
  • Mi vedono come una guida o solo come qualcuno che assegna compiti?
  • Sto dando a tutti lo stesso spazio per esprimersi o solo a chi parla di più oppure più forte?

 


 

Team diviso? Dai al tuo staff un motivo per non esserlo

Le persone lavorano bene insieme quando sentono di far parte di qualcosa di più grande dei loro piccoli gruppi.

Il tuo team sente davvero un obiettivo comune?
Ogni membro del tuo team sa perché sta facendo quello che fa?
Sente che il suo contributo è importante?
O sta solo cercando di sopravvivere, trovando supporto nel gruppetto?

Se domani entrassi in ufficio e chiedessi:
“Qual è la cosa più importante su cui stiamo lavorando tutti insieme?” otterresti la stessa risposta da tutti?

Se la risposta è no, il problema non è solo nei gruppetti separati.
Non hai ancora dato ai tuoi collaboratori un motivo importante per essere uniti.


Se noti che il tuo team si sta dividendo in fazioni, forse è il momento di rivedere il tuo stile di gestione. Scopri i miei servizi di coaching sulla leadership e impara a creare un ambiente più coeso e collaborativo.

E adesso?

Non basta lamentarsi del team diviso. Dire “siete una squadra”. Predicare unità. Pretendere coesione.
La fiducia non si comanda. Si “costruisce”.

E se si è incrinata, va ricostruita. Pezzo dopo pezzo.

Leggendo queste righe ti sei riconosciuto in alcune situazioni, fermati un attimo e chiediti: cosa posso fare oggi, concretamente, per essere un leader più presente, più equo, più ispirante?

Se senti che il tuo team si sta fratturando e vuoi capire come riportarlo all’unità, parliamone in una sessione di coaching. Spesso, bastano poche azioni mirate per rimettere le cose in equilibrio.

Rendi visibile il problema, ma senza colpevolizzare

Apri il dialogo. Non accusare, non puntare il dito.
Fai emergere la realtà:

  • “Cosa vi sembra che stia succedendo?”
  • “Cosa ci impedisce di collaborare di più?”
  • “Che cosa ci stiamo perdendo?”
  • “Qual è il nostro obiettivo più grande?”
  • “Cosa ci rende squadra?”

Quando le persone possono “nominare” un problema, possono anche risolverlo.

Ricostruisci la fiducia, una conversazione alla volta

Dedica tempo ai tuoi one-to-one.
Ascolta senza interrompere. Chiedi: “Come ti senti nel team? Dove possiamo migliorare insieme?”

Quando le persone si dividono in piccoli gruppi, è perché hanno perso di vista il “perché” sono sul posto di lavoro ogni (santo) giorno.

Spiegalo. E fallo vivere, ogni giorno, con azioni coerenti.

Sii il primo ad ammettere che qualcosa non ha funzionato anche nella tua leadership.

 


 

Team diviso? Rompi le dinamiche

Crea spazi per la connessione vera.

Non solo meeting. Non solo task. Crea occasioni di dialogo informale. Momenti per conoscersi oltre il ruolo. Ascolto autentico, anche fuori dal lavoro.

Mescola i gruppetti di lavoro.
Assegna responsabilità condivise, che costringano a collaborare. Premia i comportamenti collaborativi, non solo i risultati individuali.

Prova a portare il team fuori dal suo ambiente abituale. Uscire dal tipico spazio dove le persone interagiscono di solito farà miracoli.

Contatta un formatore o coach professionista che possa agire in modo obiettivo e confidenziale e organizza un workshop, cene, aperitivi che possano promuovere la connessione.

Se non lo fai tu, chi lo farà?

Se non intervieni, se lasci correre, la distanza si allarga.

Ma se agisci, puoi ricucire. Non subito.
Ma puoi farlo.

La squadra non si costruisce con le parole. Si costruisce nelle scelte di ogni giorno.
E se oggi scegli di ripartire… il primo passo lo stai già facendo.

Vuoi capire da dove ripartire col tuo team?

Scrivimi: possiamo lavorare insieme per ricostruire coesione, fiducia e performance.
Perché senza squadra, non c’è risultato che tenga.

Leader di successo: concentrati sulle persone, non solo sulle strategie

leader di successoFoto di olia danilevich

Chissà quante volte ti sei chiesto: Come raggiungeremo i nostri obiettivi?”

È una domanda logica, inevitabile, nel tuo ruolo di leader. Ma sei sicuro che sia quella giusta?

Ti concentri sulle strategie, sugli step da seguire, sui numeri da raggiungere. Fissare obiettivi. Risolvere problemi. Creare sistemi. Misurare i risultati.

  • Qual è il nostro target di vendita?
  • Qual è la scadenza del progetto?
  • Come possiamo superare i nostri concorrenti?

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Sono domande importanti (certo!) ma se il tuo sguardo si ferma solo qui, se vedi solo numeri, piani e scadenze, stai dimenticando il motore che rende tutto possibile: le persone.

Puoi avere il piano perfetto, la strategia impeccabile, l’obiettivo chiaro,
ma senza le persone giuste, quei risultati potrebbero restare solo sulla carta.

Il successo non nasce (solo) dai numeri, ma dalle persone

Se ti focalizzi solo sulle metriche, finirai per mettere pressione al team senza costruire collaborazione. Se parli solo di performance, rischi di dimenticare la motivazione.

Inseguendo solo gli obiettivi, potresti perdere di vista chi li rende possibili.

Ti sei mai fermato a chiederti:

  • Le persone intorno a me sentono di avere un ruolo chiave?
  • Si fidano di me? Io mi fido di loro?
  • Si sentono valorizzate o solo usate per raggiungere un traguardo?

Perché la risposta al “come” è sempre “chi”.

Un leader che investe sulle persone costruisce successo a lungo termine. Se vuoi sviluppare una leadership capace di ispirare e ottenere risultati concreti, prenota una sessione di coaching.

 


 

Un leader che investe nelle persone costruisce il vero successo

Le persone ottengono risultati straordinari quando lavorano nelle giuste condizioni.

  • Un ambiente che valorizza il talento.
  • Una leadership che ispira fiducia.
  • Una cultura che promuove la crescita.

E allora, perché concentrarsi solo sui problemi, quando la soluzione sono le persone?

Se non puoi fidarti di qualcuno, aiutalo a crescere.
Se non vuole crescere, accompagnalo alla porta.

Le persone giuste sono ali che ti permettono di volare, quelle sbagliate un peso che ti tengono bloccato a terra.

Ti sei mai chiesto chi nella tua squadra sta spingendo e chi, invece, sta frenando?

Leader di successo: fatti le domande che contano davvero

Invece di chiederti “Come possiamo raggiungere questo obiettivo?” prova con:

  • Chi aspiriamo a diventare come team?
  • Chi ha il potenziale per fare la differenza?
  • Ha bisogno di più supporto o formazione?
  • Chi ha bisogno di sentirsi più apprezzato?
  • Come posso supportare le persone giuste per farle eccellere?

La vera trasformazione non arriva (solo) da strategie più efficaci, ma dalle persone in cui scegli di investire.

Dovresti dedicare il 20-30% del tuo tempo a sviluppare il tuo team. Coaching e mentoring. Feedback e riconoscimenti. Crescita professionale. Sviluppo delle competenze.

Pensi davvero di costruire un’organizzazione efficace con le persone sbagliate nei ruoli chiave?


Un leader che investe sulle persone costruisce successo a lungo termine. Vuoi migliorare il tuo impatto? Trovi spunti interessanti nei miei libri Autorevolezza e Prima volta Leader.

Il coraggio di fidarsi (o di lasciare andare)

Le persone di talento non sono perfette.
Sono eccellenti in una o due cose, nella media in altre.

Come leader di successo, il tuo compito non è pretendere la perfezione.
È aiutare ogni persona a brillare nel proprio talento.

Ma per farlo, devi investire tempo. Osservare. Comprendere. Ascoltare. Chiederti:

  • Chi è pronto per una nuova sfida?
  • Come posso metterlo nelle condizioni di eccellere?
  • Chi non è più allineato a questo team e sta solo rallentando il cammino?

Le persone giuste ti portano lontano. Quelle sbagliate bloccano.

 


 

Il valore di una domanda potente

Nei tuoi incontri one-to-one, prova a cambiare prospettiva. Sposta il focus dal controllo alla collaborazione:

  • “Cosa ti serve per avere successo in questo progetto?”
  • “Come possiamo raggiungere questo obiettivo insieme?”

Non limitarti a dire “Ottimo lavoro”. Sii specifico. Fai sentire il valore di ogni persona.

Perché alla fine, i numeri sono solo il risultato del lavoro di persone motivate.

La leadership che fa la differenza

La prossima volta che pensi “Come raggiungeremo i nostri obiettivi?” non cercare le risposte solo nei processi, piuttosto chiediti: “Chi può aiutarci a raggiungerli?” … e trova le risposte nelle persone!

Perché il successo non nasce da strategie migliori, ma da persone più “forti”. Competenti. Eccellenti.

Un buon piano strategico è importante, ma senza un team motivato resta solo sulla carta. Se vuoi migliorare la tua capacità di leadership e raggiungere i tuoi obiettivi in modo più efficace, scopri i miei servizi di coaching.

Piccoli gesti, grandi leader: 9 azioni gentili che fanno una grande differenza

leader efficace

Foto di RAEng_Publications da Pixabay

Essere un leader efficace non significa solo prendere decisioni difficili, definire strategie o ispirare con discorsi potenti. Non è solo avere visione o raggiungere obiettivi ambiziosi.

La vera leadership si nasconde (anche) nei dettagli più piccoli, nei gesti più semplici, in quelle attenzioni quotidiane che, spesso, passano inosservate.

Hai mai pensato che la tua leadership si misura non solo in cosa-fai, ma anche in come-lo-fai?

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Siamo abituati a pensare che per fare la differenza servano azioni straordinarie.

E se bastasse poco? Un attimo di attenzione, una parola detta nel momento giusto, uno sguardo che comunica rispetto.

Le strategie funzionano solo se le persone che le mettono in pratica sono coinvolte e motivate. Vuoi imparare a valorizzare il tuo team per ottenere il massimo? Scopri il mio coaching sulla leadership efficace.

La verità è che i gesti gentili non sono debolezza, sono potere.

La gentilezza richiede presenza. Richiede intenzione.

Essere gentili significa scegliere consapevolmente di costruire piuttosto che distruggere. Ispirare invece che controllare. Ascoltare invece che imporre.

E se ti dicessi che la tua capacità di influenzare positivamente il tuo team si gioca proprio in questi dettagli?

Ecco 9 piccoli gesti gentili che possono trasformarti in un leader efficace. Migliore.

Non richiedono tempo. Non hanno costo. Eppure, hanno un impatto profondo.

1. Dire “Grazie” (e intenderlo davvero)

Quanto spesso dai per scontato il contributo del tuo team?

Un “grazie” sincero riconosce l’impegno, rafforza la motivazione e crea un legame di fiducia.

Non si tratta solo di educazione, ma di leadership consapevole.

2. Salutare con un sincero “Buongiorno”

Sembra banale, vero? Eppure, quanti leader entrano in ufficio senza guardare nessuno?

Un semplice “buongiorno” comunica attenzione e rispetto.
Fa sentire le persone viste, riconosciute. E questo cambia tutto.

Perché dovrebbero seguirti, se non si sentono nemmeno notate da te?

 


 

3. Dire “Per favore”

Puoi essere autorevole senza essere autoritario (leggi il post per vedere la differenza).

La cortesia non toglie forza alle tue richieste, la amplifica.
Chiedere invece di ordinare trasforma il modo in cui il tuo team ti percepisce.

Un leader che sa dire “per favore” è un leader che ispira rispetto, non paura.

4. Ammettere gli errori (senza paura di perdere autorevolezza)

Dire “ho sbagliato” non ti rende più debole. Ti rende più credibile.

Quando mostri umiltà, dai agli altri il permesso di fare lo stesso.
Crei un ambiente in cui l’errore non è una colpa, ma un’opportunità di crescita.

E i team che non hanno paura di sbagliare… sono quelli che innovano davvero!

5. Sorridere (perché il tuo stato d’animo è contagioso)

Sei consapevole dell’energia che porti nel team?

Un sorriso può alleggerire tensioni, creare connessioni, aprire possibilità.
Non significa ignorare le difficoltà, ma affrontarle con una presenza più aperta.

Il modo in cui entri in una stanza cambia il modo in cui le persone si sentono.


La comunicazione è il cuore dell’autorevolezza. Vuoi migliorare il tuo impatto?

Trovi spunti interessanti nei miei libri: la NUOVA edizione aggiornata 2025 di “Autorevolezza” ti aiuta a rafforzare impatto, carisma e comunicazione.

“Prima volta Leader” è il libro pratico perfetto se muovi i primi passi nella gestione di un team.

Due libri complementari per sviluppare la tua assertività, leadership e relazioni efficaci sul lavoro.

6. Ascoltare (davvero)

Quante volte, mentre qualcuno ti parla, la tua mente è già altrove?
Ascoltare non è solo sentire parole. Non ti preoccupare, succede spesso a tutti noi.

È fermarsi, guardare negli occhi, assorbire ciò che l’altro sta dicendo senza interrompere.
Quando qualcuno si sente ascoltato, si sente rispettato.

E le persone rispettate danno sempre il meglio di sé.

7. Chiamare le persone per nome

Un nome è molto più di una parola. È identità. Riconoscimento.

Chiamare qualcuno per nome in una conversazione crea vicinanza.

Fa sentire che è importante.
E sentirsi importanti è il primo passo per essere coinvolti.

8. Dimostrare apprezzamento (concretamente)

Non basta dire “Bravo”.
Un feedback positivo è più potente quando è specifico:

  • “Hai gestito la riunione di oggi con grande chiarezza, e questo ha aiutato il team a prendere una decisione migliore.”

Mostra che hai notato il contributo del tuo collaboratore.
E lo incoraggerai a ripeterlo.

APPROFONDISCI: “Come dare feedback potenzianti con facilità e sicurezza ai tuoi collaboratori”.

 


 

9. Chiedere opinioni (e ascoltarle davvero)

Vuoi sapere come migliorare il tuo team? Chiediglielo.

  • “Tu come lo faresti?”
  • “Cosa ne pensi?”
  • “Cosa possiamo fare meglio?”

Quando una persona sente che la sua opinione conta, smette di essere un semplice esecutore e inizia a sentirsi parte di qualcosa.

Piccoli gesti, grande leadership

Tendiamo a misurare la leadership in base ai risultati.
Ma i risultati nascono dalle persone. E le persone danno il meglio di sé quando si sentono viste. Ascoltate. Rispettate.

Non devi compiere gesti straordinari per essere un leader efficace.
Basta iniziare dai dettagli. Dai piccoli gesti.

Perché la leadership non è solo una questione di strategia.
È una questione (anche) di rapporti. Relazione.

E tu?
Quale di questi gesti puoi iniziare a fare oggi stesso?

Se vuoi rendere la tua leadership più autentica ed efficace, scrivimi.
Perché a volte, basta un piccolo cambiamento per fare una grande differenza.

Cambiare lavoro? Cosa fare per prendere la decisione giusta – parte 3

come cambiare lavoro

LEGGI ANCHE > la parte 2

Qual è il momento giusto per cambiare lavoro?

Questa domanda tocca corde profonde, perché il lavoro non è solo sostentamento, spesso una parte fondamentale della tua identità.

Eppure, capita di sentire che qualcosa non va, le giornate al lavoro si allungano senza significato. Ti senti insoddisfatto. Indifferente. La passione si è affievolita.

A conferma di ciò, ho letto che un recentissimo sondaggio di ResumeTemplates.com, afferma che il 56% dei dipendenti a tempo pieno desidera un nuovo lavoro per il 2025. Il 27% ha già iniziato a cercare.

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Detto questo, tuttavia …

preferiamo la comodità attuale piuttosto che l’ansia dell’ignoto

A volte resti fermo per paura dello sconosciuto, per abitudine, per la sicurezza di ciò che già conosci.

Credi che “resistere” sia sempre la scelta giusta, ma ti dimentichi di chiederti: sto davvero vivendo la mia vita?

Il timore che provi davanti a un grande cambiamento è naturale, persino utile. Ti costringe a fermarti, a riflettere. La paura è una “guida” preziosa: ascoltala, ma non lasciarti bloccare.

Se il tuo lavoro è diventato una fonte costante di stress, se senti di non crescere più,
se la tua energia si esaurisce senza essere alimentata da nuove sfide,
forse è il momento di ascoltarti davvero.

Ma come cambiare lavoro? Come prendere la decisione giusta?
È solo un momento di stanchezza o è tempo di cambiare?

Se ogni giorno ti svegli con la sensazione di non voler andare al lavoro, forse è il momento di fare chiarezza. Prenota una sessione e analizziamo insieme la tua situazione per capire quali passi fare.

Ascolta i segnali

Chiediti: come ti senti davvero al lavoro?

  • Sei spesso insoddisfatto, stanco o frustrato? Sottovalutato? Poco apprezzato?
  • Il lavoro influisce negativamente sul tuo benessere mentale o fisico?
  • Se rimani nel tuo attuale lavoro, come ti sentirai tra 6 mesi? E se cambiassi?

A volte ti convinci che la situazione migliorerà da sola, ma se i segnali di disagio sono persistenti, ignorarli non è la soluzione.

 


 

Valuta le opportunità di crescita

Chiediti: sto ancora crescendo in questo ruolo?

Un lavoro dovrebbe offrirti più di uno stipendio: dovrebbe darti opportunità di crescita, di apprendimento, di sviluppo.

  • Hai ancora qualcosa da imparare nel tuo ruolo?
  • Vedi prospettive di avanzamento o sei bloccato?
  • Il tuo lavoro allinea ancora le tue competenze ai tuoi obiettivi a lungo termine?

Se senti di essere arrivato a un punto morto, potresti essere pronto per una nuova sfida.

Ma prima di fare il grande salto, rifletti su cosa desideri davvero,
per evitare di ritrovarti in una nuova situazione (ahimè) altrettanto insoddisfacente.

La paura di cambiare come guida

Fai una lista delle 3 cose che temi di perdere se lasci il tuo attuale lavoro.

Le paure spesso ti dicono cosa è importante per te. Ma anche cosa ti tiene intrappolato.

  • Puoi ottenere ciò che desideri senza cambiare lavoro?
  • Quanto è probabile che tu ottenga ciò che desideri se cambi?

La paura può essere una bussola preziosa, ma non deve essere un ostacolo insormontabile.

 


 

Rifletti sui tuoi valori e obiettivi

Nel tempo, si cambia. Ciò che volevi 10 anni fa potrebbe non rispecchiare più chi sei oggi.

  • Il tuo lavoro è ancora in linea con i tuoi valori?
  • Ti senti allineato alla missione e alla cultura aziendale?
  • Questo lavoro rispecchia ancora chi sei?

Se la risposta è no, forse è il momento di cercare un contesto più in sintonia con te.

Considera un cambiamento interno

A volte, il cambiamento che cerchi non richiede di lasciare l’azienda.

Potresti trovare maggiore soddisfazione rinegoziando il tuo ruolo o proponendo nuove iniziative:

  • Cosa vorresti cambiare nel tuo attuale lavoro?
  • Hai espresso le tue esigenze al tuo capo/titolare/CEO?
  • Ci sono progetti o opportunità interne che potrebbero rendere il tuo ruolo più stimolante?

Se il problema non è il lavoro in sé, ma il modo in cui lo vivi, modificarlo dall’interno potrebbe essere una soluzione efficace.

Esiste una terza opzione?

Spesso vediamo le decisioni come binarie: restare o andartene. Ma esistono anche altre opzioni.

Ci sono percorsi che ti permettono di esplorare nuove opportunità.

Potresti lavorare part-time per dedicarti al tuo hobby che ti soddisfa di più. Oppure diventare un consulente free lance e aprire la tua attività mini-imprenditoriale.

Il cambiamento non deve essere drastico per essere significativo.


“Un buon curriculum ti apre la porta, ma è il colloquio a farti ottenere il lavoro. Vuoi essere davvero pronto per la tua prossima opportunità? Contattami e scopri come rendere ogni colloquio un successo.”

Pianifica il tuo prossimo passo

Se decidi di cambiare, fallo con strategia:

  • Qual è il tuo prossimo obiettivo professionale?
  • Che tipo di lavoro ti entusiasma?
  • Hai le competenze necessarie? Devi acquisirne di nuove?

Un cambiamento consapevole è un cambiamento affidabile. Parla con un mentore, un coach o qualcuno di fidato che possa offrirti una prospettiva esterna.

Se sei indeciso se firmare una nuova proposta di lavoro, approfondisci con il mio post “Accettare un’offerta di lavoro?

Lasciare il lavoro non è mai una decisione facile

Ma rimanere per paura non è una decisione, è una rinuncia.

Ascoltati, rifletti e agisci con intenzione. E, alla fine, il momento giusto è quello in cui decidi di metterti al primo posto.

Un lavoro che ti stressa continuamente può avere conseguenze anche fuori dall’ufficio. Se vuoi trovare una via d’uscita senza scelte impulsive, scopri i miei servizi e vediamo insieme la strategia migliore per te!

Cambiare lavoro? 9 segnali che è il momento giusto – parte 2

cambiare il lavoro

LEGGI ANCHE > la parte 1.

6. Il futuro della tua azienda è incerto

Se la tua azienda sta attraversando difficoltà finanziarie o mostra segnali di declino, potrebbe essere il momento di cambiare il lavoro.

Anche se alti-e-bassi possono essere normali, prestazioni costantemente sotto le aspettative, licenziamenti frequenti, blocco degli stipendi o chiusura di sedi sono segnali preoccupanti.

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Un altro indizio è un alto tasso di turnover.

Se noti un continuo via-vai di dipendenti, potrebbe significare problemi interni: ambiente tossico, condizioni di lavoro insostenibili o mancanza di prospettive di crescita.

Inoltre, un turnover elevato spesso anticipa una crisi imminente: i dipendenti abbandonano l’azienda prima che la situazione peggiori ulteriormente. È un campanello d’allarme da non ignorare.

7. I tuoi valori non sono allineati

Molte aziende, almeno sulla carta, promuovono innovazione e benessere dei dipendenti. Tuttavia, in pratica, le decisioni vengono prese esclusivamente in base ai costi, senza considerare la qualità del lavoro o il carico sulle persone.

Se i tuoi valori personali non sono (o non sono più) allineati con quelli aziendali, potrebbe essere il momento di cambiare. Ad esempio, potresti trovarti a implementare politiche che ritieni dannose per i clienti solo perché generano più profitti. Se la direzione dell’azienda non rispecchia più la tua visione, restare potrebbe significare frustrazione e conflitto.

Andare contro i propri valori ha conseguenze profonde, non solo sulla tua carriera, ma anche sulla tua autostima e sul senso di orgoglio professionale. Se ogni giorno devi giustificare azioni contrarie ai tuoi principi, è un segnale chiaro che è ora di cambiare.

 


 

Cambiare il lavoro, una relazione o un progetto non è una sconfitta, ma un atto di rispetto verso te stesso.

Nota bene: un disallineamento con i leader aziendali non riguarda solo l’etica, ma anche il modo di lavorare, le priorità assegnate ai progetti, la gestione del personale e la strategia generale.

8. Hai bisogno di equilibrio tra lavoro e vita

Se il tuo carico di lavoro è costantemente insostenibile, se rispondi alle e-mail nel weekend, cancelli impegni personali per scadenze impossibili o ti senti in colpa quando ti prendi un giorno libero, è un chiaro segnale che qualcosa non va. Fermati e valuta quanto questa situazione sia sostenibile a lungo termine.

Un sovraccarico di lavoro ha conseguenze serie: stress cronico, affaticamento mentale, disturbi del sonno, tensione muscolare. La produttività cala, la motivazione si spegne e si rischia il burnout.

Spesso il problema non è solo il carico di lavoro, ma la cultura aziendale che lo alimenta.

Se il tuo capo si aspetta che tu sia sempre disponibile, se non esistono limiti tra orario lavorativo e tempo libero, difficilmente la situazione migliorerà.

Hai provato a rinegoziare le tue responsabilità o stabilire aspettative più realistiche, ma nulla è cambiato? Se il tuo lavoro assorbe tutte le tue energie senza darti nulla in cambio, forse è il momento di guardarsi intorno, cambiare il lavoro.

9. Ti senti sopraffatto

Il lavoro deve essere sempre appagante e divertente? Ovviamente no.

È normale avere giornate no, sentirsi stanchi a fine settimana o contare i giorni fino alle ferie. Ma c’è una grande differenza tra il desiderio di staccare e il sentire un peso costante legato al lavoro.


“Un lavoro che ti stressa continuamente può avere conseguenze anche fuori dall’ufficio. Se vuoi trovare una via d’uscita senza scelte impulsive, contattami e vediamo insieme la strategia migliore per te.”

Se ogni mattina ti svegli con un nodo allo stomaco, se l’ansia per il lunedì rovina il tuo weekend o fai fatica a dormire pensando alla giornata successiva, qualcosa non va.

Quando il malessere lavorativo inizia a influenzare la tua salute fisica e mentale, non è più solo una questione di insoddisfazione, ma di benessere.

 


 

Lo stress è parte della vita professionale, ma se ogni ostacolo ti sembra insormontabile e i progetti solo un peso, potresti essere vicino al burnout.

Un ambiente di lavoro sano ti permette di crescere, esprimere il tuo potenziale. Mantenere un equilibrio sano tra vita privata e professionale. Se così non fosse, è il momento di valutare alternative.

La tua salute viene prima di tutto.

Cambiare il lavoro non è mai una decisione facile, tuttavia …

se ti ritrovi in uno o più di questi segnali, è il momento di riflettere sul tuo futuro professionale.

Non aspettare di sentirti esaurito o senza alternative.

Se ogni giorno ti svegli con la sensazione di non voler andare al lavoro, forse è il momento di fare chiarezza e pianificare il tuo prossimo passo. Prenota una sessione e analizziamo insieme la tua situazione per capire quali passi fare.

LEGGI ANCHE > la 3 e ultima parte

Cambiare lavoro? 9 segnali che è il momento giusto – parte 1

cambiare lavoro

Foto di Andrea Piacquadio

Decidere di cambiare lavoro non è mai semplice.

Ti chiedi se sia la scelta giusta, se in un’altra azienda sarà davvero meglio e se valga la pena affrontare l’incertezza di un nuovo inizio.

Ma restare in un ambiente che non ti soddisfa, in un ruolo che non ti valorizza o in un’azienda che non rispecchia più i tuoi valori può essere ancora più rischioso.

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È difficile sapere quando cambiare lavoro e quando restare

Come capire se è arrivato il momento di cambiare lavoro?

Se senti che il tuo lavoro non ti offre più stimoli o opportunità di crescita, forse è il momento di valutare nuove strade. Vuoi capire qual è la scelta giusta per te? Contattami e troviamo insieme la direzione migliore.

Ecco 9 segnali chiave che indicano che potresti essere pronto per una nuova opportunità:

1. Hai problemi (seri) con il tuo capo

Hai un capo con cui ti scontri ad ogni riunione? È una persona irrispettosa, poco disponibile, ipercritica? Non riconosce mai il tuo impegno?

Ogni volta che proponi un’idea, ti liquida con “non è una priorità”. Inoltre, tende a micro-gestirti, controllando ogni dettaglio senza mai fornirti indicazioni chiare.

Questa mancanza di fiducia e di riconoscimento ti demotiva e ti fa sentire come se il tuo contributo non avesse valore.

Se il rapporto è teso e non vedi margini di miglioramento, cercare altrove potrebbe essere la scelta migliore.

La situazione diventa ancora più complessa se c’è incompatibilità caratteriale. Ad esempio, se lavori meglio in autonomia, ma il tuo capo è un maniaco del controllo, potresti sentirti soffocato. Oppure, se hai bisogno di feedback costruttivi e il tuo capo è distante e poco comunicativo, potresti sentirti isolato.

A lungo andare, lavorare in un ambiente così logora motivazione e benessere. Comincia a guardarti attorno!

 


 

2. Ti senti sottovalutato

Poche cose sono più frustranti di sentirsi sottovalutati.

Non pretendi elogi costanti, ma almeno un minimo di riconoscimento! Ogni giorno ti impegni al massimo, ma sembra che nessuno se ne accorga. Completi progetti complessi, risolvi problemi all’ultimo minuto, assumi responsabilità extra… eppure, il tuo impegno passa inosservato.

Se il tuo stipendio è fermo da anni, nonostante le tue competenze siano cresciute, potresti chiederti sempre più spesso se valga la pena restare in un posto che non ti riconosce.

Se il tuo contributo continua a essere ignorato e la tua crescita bloccata, potrebbe essere il segnale che è arrivato il momento di guardare altrove.

3. Si è spenta la passione

La passione nel lavoro crea un senso di scopo e realizzazione. Quando sei appassionato, ogni giorno è una nuova sfida, impari e cresci.

Ma ora, tutto è cambiato. Le giornate sono ripetitive, i progetti non ti stimolano più. La passione si è trasformata in noia e frustrazione.

Ti ritrovi a contare le ore, a trascinare le settimane senza scopo. Sai di avere competenze che potrebbero essere sfruttate meglio, ma resti bloccato in un ruolo che non ti rappresenta più.

Se inizi a chiederti se stai sprecando il tuo potenziale, potresti aver bisogno di un cambiamento.

 


 

4. L’ambiente di lavoro è tossico

Un ambiente di lavoro tossico può avere gravi conseguenze sulla tua serenità e salute mentale.

Spesso è caratterizzato da una gestione autoritaria, una comunicazione interna inesistente e dipendenti sotto pressione per obiettivi irrealistici.

Le riunioni diventano occasioni di umiliazione, il turnover è elevato, e i manager sono distanti e sordi alle preoccupazioni del team. In questi ambienti, molte persone si licenziano, mentre altre si sentono costantemente sull’orlo dello stress mentale.

Se vivi una situazione del genere, valuta strategie temporanee per sopravvivere, ma inizia a cercare una via d’uscita.

La tua salute viene prima di tutto.

Se vuoi trovare un modo per uscire da questa situazione nel modo giusto, scrivimi e ne parliamo!


“Un buon curriculum ti apre la porta, ma è il colloquio a farti ottenere il lavoro. Vuoi essere davvero pronto per la tua prossima opportunità? Contattami e scopri come rendere ogni colloquio un successo.”

5. Non ci sono opportunità di crescita

Ogni percorso professionale ha il suo ciclo naturale…

all’inizio impari tanto, poi arriva una fase di consolidamento, e infine smetti di crescere. In quest’ultima fase è facile ritrovarsi, con il tempo, a “galleggiare” senza stimoli.

Se senti di aver raggiunto il massimo e non ci sono più opportunità di crescita, potresti aver bisogno di voltare pagina.

La crescita non riguarda solo promozioni o aumenti di stipendio, ma anche la possibilità di imparare nuove competenze, partecipare a progetti sfidanti o assumere ruoli di leadership.

Se la tua azienda non ti offre nulla di tutto ciò, potresti ritrovarti bloccato senza stimoli. Restare in una situazione stagnante può trasformare la comodità in frustrazione.

Se non vedi prospettive di miglioramento, inizia a pianificare la tua strategia per cercare nuove opportunità che valorizzino le tue capacità.

Cambiare lavoro è una decisione importante

Ma restare bloccati nella paura non aiuta.

Vuoi chiarirti le idee e costruire un piano concreto per il cambiamento? Confrontiamoci: contattami e troviamo la soluzione migliore per te.

CONTINUA A LEGGERE > la parte 2.

Come gestire le lamentele di un tuo collaboratore sui colleghi

gestire le lamentele
Foto di Jack Sparrow

Le lamentele tra colleghi sono inevitabili in qualsiasi ambiente di lavoro.

Quando un membro del tuo team si rivolge a te per lamentarsi, la tua reazione come leader può fare la differenza tra alimentare tensioni oppure smorzare favorendo un ambiente positivo.

Non si tratta solo di gestire le lamentele, ma anche di rafforzare la fiducia, promuovere il rispetto e incoraggiare una cultura del dialogo.

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Le persone si lamentano per diverse ragioni:

  • tornaconto egoistico personale o professionale.
  • pettegolezzi maligni.
  • incolpare gli altri e proteggersi.
  • sfogarsi, ricercano solo un ascolto senza portare soluzioni.
  • preoccupazioni genuine o desiderio di migliorare la situazione.
  • elevare il proprio status screditando qualcuno.

I leader più ingenui e creduloni possono diventare vittime di manipolatori che si lamentano per ottenere vantaggi personali.

Detto questo, alcuni lamentosi vogliono fare un buon lavoro, promuovono miglioramenti e portano soluzioni.

Non sempre noterai la differenza.
Fino a prova contraria, dai fiducia alle loro intenzioni.

Come gestire le lamentele in modo efficace:

1. Capire il “tipo” di lamentela

Comprendere la lamentela è fondamentale per gestirla nel modo più efficace e costruttivo.

Potresti alimentare tensioni invece di risolverle, prendere decisioni sbagliate o addirittura perdere tempo su questioni che non richiedono un intervento.

Ad esempio, se il collaboratore si lamenta solo per sfogarsi, il tuo compito sarà principalmente ascoltare e mostrare empatia, senza necessariamente cercare soluzioni.

Se invece la lamentela nasce da un problema concreto che impatta il lavoro del team, dovrai valutare se intervenire direttamente o aiutare la persona a trovare una soluzione.

Determina il tipo di lamentela ponendo domande chiarificatrici:

  • “Cosa vorresti ricavare da questa conversazione?”
  • “Cosa renderebbe questa conversazione utile per te?”
  • “Puoi spiegarmi esattamente cosa è successo?”

Queste domande aiutano a distinguere tra opinioni personali e fatti concreti.

 


 

2. Mostra il quadro generale

Spesso le persone si lamentano di un collega perché non vedono il quadro generale.

Ad esempio, un collaboratore potrebbe venire da te lamentandosi:

  • “Francesca mi chiede sempre di rivedere i suoi report prima di inviarli, ma non è il mio lavoro correggere gli altri. Non può semplicemente fare il suo lavoro?”

Invece di prendere posizione, aiutalo a vedere il contesto:

  • “Capisco che possa sembrarti un compito extra, ma il nostro obiettivo è presentare report accurati. Francesca sta ancora affinando le sue competenze in questo ambito, e il tuo supporto aiuta l’intero team a mantenere un alto standard di qualità. Inoltre, rivedere il suo lavoro ora potrebbe prevenire errori che ci costerebbero molto più tempo e problemi in seguito.”

In questo modo, il collaboratore potrebbe comprendere lo scopo-ultimo, vedere il suo contributo come importante e ridurre la frustrazione.

3. Ascolta senza giudicare e schierarsi

La tua reazione naturale potrebbe essere di “piombare e sistemare” rapidamente la questione.
Tuttavia, quando qualcuno si lamenta, il primo passo è mostrargli che sei disponibile ad ascoltare.

Lascia che il collaboratore esponga il problema senza interromperlo. Questo lo aiuterà a sentirsi accolto e meno frustrato. Non prendere posizione o rispondere rapidamente. Evita di esprimere giudizi; il tuo compito iniziale è comprendere.

Non ascoltare passivamente. Ascoltare le lamentele senza un obiettivo è una perdita di tempo.

Come scritto prima, se qualcuno vuole solo sfogarsi, ma tu cerchi di risolvere la questione, il dialogo diventa sterile.

La persona si sfoga, ma tu rimani frustrato. Deluso.

 


 

4. Concediti tempo per riflettere

Non lasciarti trasportare dalle emozioni.

Sappi che c’è sempre più di un lato della storia, un risvolto, della storia. Non dare per scontato di capire. Le persone “adattano” le storie per apparire superiori.

Ci vuole molta disciplina per gestire le lamentele. Comprendere meglio e dare alle persone lo spazio per risolvere i problemi. Se vuoi approfondire come gestire le dinamiche di team in modo efficace, puoi prenotare una sessione di coaching.

5. Mantieni il focus sulle soluzioni

Spingi il collaboratore a concentrarsi su cosa può fare per migliorare la situazione:

  • “Qual è l’obiettivo che vorresti raggiungere?”
  • “Come sarebbe la situazione ideale secondo te?”
  • “Cosa potresti fare per migliorare la dinamica?”
  • “Hai già parlato con l’altra persona per chiarire?”

Non assumerti la responsabilità delle relazioni tra gli altri: è importante che il collaboratore sia parte attiva nella soluzione.

Ti sentirai frustrato e deluso se ti impegni più dei tuoi collaboratori nel gestire le loro relazioni.


“Le parole che usi possono spegnere il conflitto o alimentarlo. Vuoi migliorare la tua comunicazione in situazioni delicate? Scopri le strategie del coaching.”

7. Intervieni quando necessario

Se un problema è serio, ricorrente o contrario ai valori aziendali, intervieni con misure appropriate. Se è una questione di malintesi, media per favorire un dialogo costruttivo.

Chi si lamenta spesso vuole evitare il confronto diretto. Se necessario, suggerisci una conversazione a tre per chiarire le cose.

Non violare mai la riservatezza della conversazione. La fiducia è essenziale:

  • “Questa conversazione è riservata, a meno che non sia necessario coinvolgere altre persone per risolvere il problema.”

Lamentele, reclami e tensione non svaniranno magicamente

Anche con tutte le tecniche e strategie, i lamentosi non spariranno perché la soluzione (pur efficace ed equa che sia) non piacerà a tutti. Qualcuno sarà scontento. Deluso.

Prevenire è sempre meglio che curare. Come leader, lavora per creare un ambiente in cui il dialogo aperto e il rispetto reciproco siano valori centrali.

Rispondere alle lamentele sui colleghi è una prova di leadership.

Affrontare queste situazioni con empatia, obiettività e un focus sulle soluzioni ti aiuterà a trasformare i conflitti in opportunità per rafforzare il tuo team.

Sul gestire le lamentele puoi approfondire con il mio libro “Prima volta Leader” oppure contattami per un percorso di coaching personalizzato.

Ansia del leader: 5 strategie per affrontare le tue sfide con più calma

ansia del leader
Foto di cottonbro studio

Ti è mai capitato di rigirarti nel letto la notte, ripensando a riunioni, decisioni e progetti?
Ti chiedi se avresti potuto fare di più, o semplicemente meglio.

Le responsabilità di un leader portano spesso a convivere con un senso di pressione costante: il timore di deludere le aspettative, il peso di decisioni complesse e quella vocina interiore che incalza: “Sarò all’altezza?”.

Questa tensione, che molti provano ma pochi confessano, è l’ansia da leadership.

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È una sensazione che non solo ti invade la mente, ma che si manifesta anche nel corpo: la senti nello stomaco, nelle spalle e al collo.

Quando non gestita, l’ansia distrugge la creatività, prosciuga la determinazione e amplifica le difficoltà.
Ma resisterle non serve: combatterla la intensifica.

La chiave per affrontarla? Non negarla, ma risponderle con consapevolezza e azione strategica.

Ecco 5 strategie che ti aiuteranno a trasformare l’ansia del leader in una forza positiva:

1. Consapevolizza che l’ansia è normale

L’ansia non è un segnale di debolezza: è una reazione naturale di fronte alle responsabilità e alle incertezze. Anche i leader più esperti la provano.

Accettarla come parte del tuo percorso è il primo passo per ridimensionarla.
Non ignorarla o fingere che tutto sia perfetto: queste strategie, a lungo termine, peggiorano la situazione.

Rispondi all’ansia del leader con azioni concrete: individua le cause principali del disagio e concentrati su ciò che è sotto il tuo controllo.

E quello che non puoi cambiare? Lascialo andare. Sulle azioni che sono sotto il tuo controllo ne ho parlato nel mio libro “Prima volta Leader


“La calma è il superpotere di ogni grande leader. Rafforza la tua capacità di reagire con lucidità grazie al coaching.

2. Cambia il tuo rapporto con l’ansia

Invece di resisterle, impara a collaborare con la tua ansia. Trattala come un messaggero e chiediti:

  • “Cosa mi sta segnalando questa sensazione?”
  • “È legata a una decisione importante o a una paura più profonda?”

L’ansia spesso amplifica scenari negativi.

Usa la logica per sfidare questi pensieri e dai spazio alle tue emozioni, senza reprimerle. Sentile, vivile, poi lasciale andare.

Parlarne con una persona fidata o con un coach può aiutarti a ridimensionare i problemi e trovare nuove prospettive.

Ricorda: non devi avere tutte le risposte subito.
Pause e riflessioni sono strumenti potenti.

3. Dai un nome alle tue ansie

Quando identifichi la tua ansia (che sia paura del fallimento, insicurezza o pressione da performance) diventa qualcosa di tangibile su cui puoi lavorare.

Facciamo un esempio:
Immagina di dover fare una presentazione importante davanti al Management al completo. Da giorni ti senti sopraffatto e continui a chiederti:

  • “E se sbaglio?
  • “E se non sono all’altezza?”

Invece di lasciarti travolgere da pensieri ansiogeni, fai un passo indietro e chiediti:

  • “Cosa sto davvero provando?”

 


 

Potresti riconoscere che la tua ansia deriva dall’insicurezza sulle tue capacità di comunicazione. A questo punto, l’emozione non è più indefinita: è una paura specifica che puoi affrontare.

Puoi decidere di esercitarti nella presentazione, chiedere feedback a un collega o prepararti a rispondere alle domande più critiche.

Dare un nome alle tue ansie ti aiuta a separarle da te.

Non sei più un “leader ansioso”, ma una persona che sta affrontando una situazione complessa.
Questa consapevolezza ti permetterà di agire con più lucidità.

Questo cambio di prospettiva non elimina magicamente l’ansia che senti, ma la rende affrontabile.

Un ostacolo diventa l’occasione per crescere e rafforzare la tua leadership.

4. Ansia del leader? Passa all’azione

Puoi ignorare i problemi, ma non puoi sfuggirgli.
Quando i problemi crescono, diventano grandi, sei costretto ad affrontarli.

Alcuni problemi si risolvono da soli.
Quelli che non si risolvono da soli, peggiorano con il tempo.
Ma non-fare-niente di solito peggiora le cose.

Non-fare-niente alimenta l’ansia. La paura si nutre di indecisione e ruminazione.
L’azione è spesso meglio dell’inazione.

L’ansia dovrebbe motivare l’azione, non la ruminazione.

 


 

Ecco alcune strategie per agire in modo efficace:

  • Prioritizza: affronta prima le questioni più urgenti e rimanda ciò che può aspettare.
  • Focalizzati sul presente: evita di rimuginare sul passato o di anticipare catastrofi future.
  • Cerca supporto: Confrontarti con un amico, un collega fidato o un coach può offrirti nuove prospettive.

L’azione non deve essere perfetta, ma un passo migliorativo. Anche i piccoli successi ti aiuteranno a costruire fiducia e a spezzare il ciclo della preoccupazione.

Se senti il bisogno di un supporto dedicato, esplora il mio servizio di coaching per la leadership. Ti aiuto a trasformare le sfide in opportunità di crescita.

5. Trasforma l’ansia in una forza positiva

L’ansia, se gestita con consapevolezza, può diventare un motore per la tua crescita.

  • Usala come motivazione: lascia che ti spinga a prepararti meglio e a trovare soluzioni più creative.
  • Impara: l’ansia può rivelare aree in cui puoi (o devi) crescere, migliorare o delegare.
  • Costruisci resilienza: ogni sfida superata rafforza la tua capacità di affrontare quelle future.

Ricorda, non è necessario essere perfetti per essere efficaci. A volte, “fatto” è meglio di “perfetto”.
Ogni tentativo ti avvicina di più ai tuoi obiettivi.

La risposta all’ansia del leader: la leadership consapevole

Affrontare l’ansia non significa eliminarla, ma integrarla nel tuo viaggio di crescita professionale.

Con consapevolezza, strategie e supporto professionale, puoi trasformare questa sfida in un’opportunità per diventare un leader migliore e una persona più completa.

Vuoi potenziare assertività e carisma? Trovi spunti interessanti nei miei libri:
“Autorevolezza” , ora nella NUOVA edizione aggiornata2025, è perfetto se vuoi rafforzare la tua presenza autorevole.
“Prima volta Leader” è pensato se hai assunto da poco un ruolo di leader.

Parole che fanno la differenza: rendi memorabili i tuoi one-to-one

parole che fanno la differenza

Gli incontri individuali rappresentano momenti preziosi per rafforzare le relazioni con i singoli membri del tuo team, motivarli e supportarli nel loro sviluppo personale e professionale.

In questi “spazi”, sono le parole che fanno la differenza tra una conversazione superficiale e una d’impatto duraturo.

Ogni conversazione è un’opportunità per ispirare e costruire connessioni. Migliora la tua comunicazione con il coaching, per trasformare i tuoi one-to-one in momenti memorabili.

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Parole che fanno la differenza, che cambiano prospettiva

Quante volte una semplice frase ha cambiato il modo in cui guardavi una situazione?

Ad esempio, invece di chiedere al tuo dipendente/collaboratore “Cosa hai fatto di sbagliato?” potresti dire “Cosa farai la prossima volta?”.

Questo sposta l’attenzione dalla colpa all’opportunità, favorendo una mentalità di crescita.

Le parole sono chiavi di connessione

Le parole hanno un potere straordinario:

  • Possono motivare
  • Sono chiavi che aprono la comprensione
  • Accendono la creatività

Possono sollevare o schiacciare, guarire o ferire.
Le parole possono essere barriere che dividono o macigni che appesantiscono (ancor di più) le limitazioni.

Ma quando scegli frasi potenti, puoi offrire energia e ispirazione.

Non sottovalutare mai il potere della scelta delle parole: a volte, una frase giusta detta al momento giusto può generare cambiamenti significativi.


“Le tue parole lasciano davvero il segno? Se vuoi migliorare l’impatto delle tue conversazioni, posso aiutarti a perfezionare il tuo approccio.”

L’intenzione dietro le parole

Come leader, è fondamentale stabilire un’intenzione chiara prima di ogni incontro individuale.

  • Qual è il tuo obiettivo? Stai cercando di istruire, costruire, correggere o incoraggiare?
  • Scegli con cura le parole che riflettano questa intenzione.

Per esempio, se vuoi supportare e incoraggiare il tuo collaboratore in difficoltà con una scadenza, invece di iniziare con un critico:

  • “Perché non hai rispettato la scadenza?”

Puoi aprire con una frase che comunica empatia e supporto:

  • Ho notato che ci sono state alcune difficoltà nel progetto. Cosa pensi stia rallentando il progresso?”
  • Come posso supportarti per superare queste difficoltà?”

Adatta il tono e la conversazione al tuo obiettivo, focalizzati su soluzioni future:

  • “Quale passo farai (subito) per ultimare il progetto?”

Le tue parole e il tuo approccio riflettono chiaramente l’intenzione di supporto e guida, evitando che il collaboratore si senta criticato o demotivato.

Frasi chiave per one-to-one memorabili

Dimostra ascolto attivo e interesse

  • “Come ti senti?”
  • “Dimmi di più, voglio capire meglio.”
  • “Su una scala da 1 a 10, a quale livello di sfida ti trovi?”
  • “Puoi approfondire questo punto? Voglio assicurarmi di aver compreso.”

Mostra riconoscimento e apprezzamento

  • “Ti sei guadagnato questa opportunità.”
  • “Ti voglio al mio fianco durante questa sfida.”
  • “Ho notato il tuo impegno su (specifica attività). È stato un contributo davvero prezioso. Continua così!”
  • “Grazie per il tuo lavoro. Ha avuto un impatto reale su (specifica area o risultato).”

 


 

Stimola la crescita e l’autonomia

  • “Cosa stai imparando?”
  • “Come puoi passare al livello successivo?”
  • “Cosa pensi che potrebbe funzionare meglio e perché?”
  • “Come posso supportarti nel raggiungere questo obiettivo?”
  • “Qual è la principale sfida che stai affrontando in questo momento?”
  • “Come pensi possiamo affrontarla insieme? Qual è il nostro prossimo passo?”

Ricevi feedback dal team

  • “Cosa posso fare meglio per supportarti?”
  • “Ci sono aree in cui pensi che il team possa migliorare?”
  • “C’è qualcosa che vorresti vedere fatto diversamente?”

Concludi con impatto positivo

Concludere un incontro con un tono positivo e orientato al futuro aiuta a mantenere alta la motivazione e a chiarire i prossimi passi:

  • “Cosa possiamo fare per mantenere lo slancio fino al nostro prossimo incontro?”
  • “Sono fiducioso che farai un ottimo lavoro su questo. Non vedo l’ora di vedere i risultati.”
  • “Grazie per aver condiviso oggi. Sono qui per supportarti in ogni modo possibile.”

 


 

Conclusione

Le parole contano, soprattutto per un leader.
Scopri come padroneggiare l’arte della comunicazione efficace.

Usa parole che fanno la differenza. Che ispirano, motivano e guidano. Trasforma i tuoi incontri one-on-one in momenti memorabili, di crescita per te e il tuo team.

Le parole sono potenti perché plasmano i comportamenti.

Detto questo … ricorda che le parole non bastano.
Da sole non ti rendono un leader eccellente.

Le parole hanno bisogno di sostanza, di azione, per diventare vive. Assicurati che la tua leadership supporti il tuo discorso. Fai quello che dici!

Ricorda: non si tratta solo di ciò che dici, ma di come lo dici e dell’intenzione che ci metti.

8 potenti strategie per dare energia al tuo team stanco

dare energia al team

Foto di Ady April

Stress prolungato, aspettative elevate, poca motivazione o semplice esaurimento fisico… poco cambia: un team stanco non può esprimere il suo pieno potenziale.

Il tuo compito di leader è (anche) infondere energia vitale nella tua organizzazione, aiutando le persone a ritrovare motivazione e passione.

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Non trasformarti in un “pozzo nero” che pensa solo a sé stesso.

Un team energico nasce da un leader che sa ascoltare, sostenere e comunicare in modo efficace. La stanchezza sul lavoro è un problema comune, ma la tua capacità di affrontarla può fare la differenza.

Ecco 8 modi per dare energia al team stanco:

1. Elimina le attività che prosciugano l’energia

Non succhiare la vita alle persone.

Taglia riunioni inutili, compiti non essenziali e micro-gestione. Chiediti: quali attività potrei eliminare oggi per alleggerire il carico del team?

Affronta ostacoli e semplifica processi.
Risolvi problemi ricorrenti.

Domandati:

  • Cosa trattiene il team?
  • Cosa crea resistenza o ostacoli?

2. Spiega cosa-conta

Le persone odiano fare lavori che sembrano inutili.
Dimostra il senso e l’impatto del loro lavoro.

Il senso accende l’energia e alimenta la passione. Aiuta i tuoi collaboratori a collegare le loro attività quotidiane alla missione più grande.

  • In che modo le attività quotidiane si allineano con i valori condivisi?

 


 

3. Riconosci lo stato d’animo dei tuoi collaboratori

L’empatia genera connessione.
Chiedi ai tuoi collaboratori come si sentono e ascoltali sinceramente:

  • “Come ti senti ultimamente?”
  • “Hai bisogno di supporto?”

Riconosci i loro sforzi e esprimi gratitudine per ciò che stanno facendo, anche in momenti difficili.

Non giudicare: la stanchezza non è un fallimento da biasimare, ma un segnale da ascoltare.

4. Guida con l’esempio

La tua energia influenza il tuo team.
Se tu sei equilibrato, anche i tuoi collaboratori seguiranno il tuo esempio.

Mostra che prendersi cura di sé è una priorità anche .. per te!
Esprimi positività e diffondi ottimismo: l’entusiasmo è contagioso.


Un leader autorevole sa che comunicare in modo chiaro e ispirare gli altri sono abilità fondamentali. Scopri come svilupparle con il coaching SCOPRI IL SERVIZIO

5. Chiedi: “Cosa ne pensi?”

Quando coinvolgi il team chiedendo opinioni e contributi, dai energia e senso di appartenenza.

  • “Sto cercando suggerimenti su questa situazione. Cosa ne pensi?”

Concentrati sui progressi piuttosto che sui problemi. Mostra i miglioramenti raggiunti, anziché focalizzarti su ciò che manca.

Domande utili:

  • Cosa stiamo imparando da questa situazione?
  • Cosa faremo diversamente la prossima volta?

Ricorda: energizzare le persone è il cuore della tua leadership di successo.

6. Crea un ambiente positivo

Un ambiente stimolante riduce la stanchezza e aumenta l’energia.

Offri spazi per il recupero (area relax, momenti senza pressioni).

Promuovi pause brevi e attività leggere: pranzi di gruppo, team building, o anche semplici passeggiate.
Incoraggia la flessibilità, ad esempio con lavoro da remoto o pause più lunghe.

7. Offri supporto e opportunità di crescita

La stanchezza spesso deriva da carichi di lavoro eccessivi o da una mancanza di strumenti adeguati. Se vuoi dare energia al team:

  • Redistribuisci il carico di lavoro in modo più equo.
  • Offri formazione e strumenti: nuove competenze riducono lo stress e aumentano la motivazione.
  • Proponi progetti stimolanti e sfidanti per rompere la monotonia.

Chiedi feedback regolari:

  • “Quanto è impegnativo questo progetto per te, da 1 a 10?”
  • “Cosa possiamo fare per supportarti meglio?”

 


 

8. Mostra gratitudine e riconoscimento

Sentirsi apprezzati dà energia.

Riconosci successi e sforzi in modo autentico e specifico.
Celebra le piccole vittorie: ogni passo avanti merita attenzione.

Domanda pratica:

  • “Qual è una cosa che vuoi realizzare entro venerdì?”

Conclusione

Un team energico e produttivo nasce dalla guida di un leader che ascolta, sostiene e comunica in modo efficace.

Quando aiuti il tuo team a superare la stanchezza, non solo migliori la produttività, ma costruisci anche un ambiente di lavoro positivo e duraturo.

VUOI ENERGIZZARE IL TUO TEAM CON LE PAROLE GIUSTE? > INIZIA ORA CON IL COACHING

Soliti buoni propositi di nuovo anno? Invece di focalizzarti su cosa-fare, chiediti chi-essere

buoni propositi per il nuovo anno

Foto di Pixabay

Il nuovo anno è arrivato!
È il momento di bilanci, tra delusioni che ti hanno insegnato (forse) qualcosa e successi che (mi auguro) ti hanno fatto brillare.

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In questo inizio di anno la domanda più importante è: cosa desideri (davvero) per questo 2025 ?
Quali sono i tuoi buoni propositi per il nuovo anno?

Di solito, iniziamo l’anno con una lunga lista di cose da fare:

  • “Mi iscrivo in palestra a gennaio!”
  • “Quest’anno mi metto a dieta ferrea!”
  • “Visiterò Tokyo o Londra, no anzi la California!”
  • “Imparerò qualcosa di nuovo: uncinetto, ballo latino, tiro con l’arco…”
  • Ecc.

Stop!
Fermati un attimo.

E se invece di focalizzarti su cosa-vuoi-fare, ti chiedessi chi-vuoi-essere?

Un cambio di prospettiva: dal fare all’essere

Immagina di stilare una lista di chi-essere invece di cosa-fare.

Questo “esercizio” di introspezione può trasformare il modo in cui vivi il nuovo anno.

Ti connette ai tuoi valori più profondi. Ti offre una bussola per prendere decisioni in linea con ciò che conta davvero per te.

Rifletti: chi vuoi diventare?

Cambia la domanda di partenza:

  • “Chi desidero diventare quest’anno?” potrebbe essere più stimolante di “Cosa voglio fare quest’anno?”
  • “Cosa è davvero importante per me?” senza dubbio è più profonda di “Come posso impressionare gli altri?”

Questo cambia tutto.

Ti libera dalla corsa frenetica, dalla produttività a tutti i costi. Ti aiuta a vivere con maggiore autenticità.

Essere sempre impegnati non equivale a sentirsi realizzati.

 


 

Il potere dei valori

I valori sono il fondamento di chi-sei e di chi-vuoi-diventare.

Dedica del tempo a riflettere su ciò che rende la tua vita significativa. Gentilezza, coraggio, autenticità, resilienza? Quali sono i tuoi valori guida?

Quando parti dai tuoi valori, il fare diventa una naturale estensione del tuo essere.

Ogni azione allineata ai tuoi valori non solo ti avvicina ai tuoi obiettivi, ma arricchisce di senso la tua vita. Domandati:

  • Sto agendo in linea con chi-voglio-essere?
  • Cosa è importante per me davvero?
  • Le scelte che faccio riflettono i miei valori?

 


 

Stabilisci obiettivi che ti spingano avanti

Obiettivi che rispecchino la persona che aspiri a diventare.
Anche piccoli cambiamenti possono fare una grande differenza.

Vuoi essere più empatico?
Scegli di dedicare più tempo alla tua famiglia o al tuo team, anche quando sei oberato di lavoro.

Oppure essere più integro e coerente?
In una riunione difficile, opta per la chiarezza e l’onestà, anche se la strada più facile sarebbe quella di evitare il confronto.

Iscriviti a un corso o dedica tempo alla lettura che ampliano le tue competenze, perché vuoi essere una persona in costante crescita?

Ogni scelta è un’opportunità per avvicinarti alla persona che desideri diventare, non solo per soddisfare desideri immediati o pressioni esterne.


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Buoni propositi per il nuovo anno: per quello che mi riguarda …

Una delle mie aspirazioni più grandi è la coerenza: ovvero l’allineamento tra ciò che penso, dico e faccio.

Il mio proposito è di non essere rigido, ma rimanere fedele ai miei valori anche nelle decisioni difficili.

Ad esempio, dire no a un progetto interessante ma non allineato ai miei obiettivi a lungo termine. Significa scegliere con intenzione dove concentrare la mia energia per avere il massimo impatto nelle aree che contano davvero per me.

Ogni giorno è un’opportunità per incarnare i tuoi valori.
La trasformazione non è un traguardo, ma un processo continuo.

Una domanda che può cambiare tutto

Questa volta, invece di scrivere la solita lista di buoni propositi per il nuovo anno, chiediti: chi voglio diventare nel 2025?

  • Vuoi essere più resiliente? Impara a vedere le difficoltà come opportunità per crescere, invece di ostacoli insormontabili.
  • Vuoi essere più presente? Riduci il tempo sui social e dedica più attenzione ai momenti che contano.
  • Vuoi essere più generoso? Offri il tuo tempo o le tue competenze per aiutare gli altri, anche con piccoli gesti.

Focalizzati sulle cose che nutrono la tua energia.

Stila una lista di ciò che ti entusiasma, ti rilassa e “riempie”. Non sarà solo una lista di obiettivi raggiunti, ma un riflesso autentico di chi-sei. Quando inizi con l’essere, il fare si allinea in modo naturale.

E tu? Chi vuoi essere quest’anno?

Rifletti. Scegli i tuoi valori, i buoni propositi e lascia che ti guidano nel nuovo anno.

P.S.
Ti auguro un fantastico 2025!